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POLEMICA E NUMERI
Come ricorda Marco Palombi oggi sul Fatto Quotidiano, Bankitalia è di proprietà delle principali banche italiane, dell’Inps e di Generali. Ma mentre il valore del capitale è rimasto quello della fondazione negli anni Trenta (300 milioni di lire, oggi 156 mila euro, suddivisi in 300 mila quote da 52 centesimi), oggi il governo Letta dice che quella cifra deve essere rivalutata a 7,5 miliardi. Il motivo? Ufficialmente per far sì che le banche incrementino il loro livello di capitalizzazione in vista delle nuove norme europee, ma secondo Palombi “gli istituti incasseranno, l’erario subirà un danno”.

NUMERI
Il tetto originario ammontava allo 0,5 per cento delle riserve e al 10 per cento del capitale, per cui facendo un calcolo sul 2012 dei 2 miliardi e mezzo di utili Bankitalia ha distribuito ai suoi soci 70: che con la rivalutazione delle quote, però, lieviterebbero a 450. Il Fatto ha calcolato che il vantaggio complessivo per gli istituti è di 4,2 miliardi di euro.

BLITZ
Un triplo vantaggio per le banche e una pessima notizia per le casse pubbliche, lo definisce Francesco De Dominicis su Libero, dal momento che per le finanze dello Stato ecco la perdita di gettito da 750 milioni di euro. E si riduce la porzione di utili per lo Stato, che negli ultimi anni ha incassato da via Nazionale rispettivamente 1 miliardo (2009), 511 milioni (2010), 677 milioni (2011) e 1,5 miliardi (2012). “La riforma è sostanzialmente retroattiva – osserva – e perciò vale anche per lo scorso anno. Secondo gli esperti di Montecitorio nel bilancio dello Stato per il 2014 risulta ridotto di 750 milioni rispetto alle previsioni per il 2013”.

ALTRO REGALO?
De Dominicis rileva che è in arrivo “il terzo regalo”. Ovvero la riforma di Bankitalia che impone un tetto alla partecipazione al capitale del 3%. Un “limite che oggi sarebbe violato da quasi da tutti gli «azionisti», in particolare Intesa Sanpaolo e Unicredit che insieme hanno più del 50% delle quote”. Ma nel giro di tre anni sarà necessario scendere al 3% e, “al momento della cessione, gli istituti avranno denaro fresco in cassa”.

NESSUN REGALO ALLE BANCHE
Lo sostiene una nota ufficiale del Ministero delle Finanze, secondo cui nel corso del dibattito parlamentare “la polemica politica ha spesso preso il sopravvento sulla realtà dei fatti”. Sulle nuove regole relative alla partecipazione al capitale della Banca d’Italia, “nessun regalo è stato fatto alle banche, perché la rivalutazione del capitale e una più equilibrata ripartizione delle quote di partecipazione alla Banca d’Italia non comportano alcun onere per lo Stato”. E aggiunge che la “riforma di un assetto risalente al 1936 era peraltro divenuta ormai urgente in vista dell’entrata in vigore del nuovo sistema unico di supervisione bancaria in ambito europeo”.

NESSUN BENEFICIO
Convinto che non sarà un regalo l’editorialista Guido Salerno Aletta secondo cui se da un lato “c’è chi ritiene che alle banche sia stato fatto un regalone, perché possono evitare di chiedere al mercato un effettivo aumento di capitale e contare sulla distribuzione di dividendi con un tetto del 6%”, dall’altro c’è da riconoscere che una “omogeneizzazione a livello europeo si imponeva e che, in ogni caso, la plusvalenza è soggetta a tassazione”. Il riferimento è ad una somma aggiuntiva “che lo Stato incasserà insieme all’una tantum dell’aumento dell’Ires sul 2013, incrementata di 8 punti percentuali (pari al 30% della aliquota ordinaria), a copertura del mancato versamento della seconda rata dell’Imu sulla prima casa”.

LA POSIZIONE DELL’ABI
L’associazione presieduta da Antonio Patuelli e diretta da Giovanni Sabatini che riunisce e rappresenta le banche italiane, analizzando la riforma della Banca d’Italia, certifica che si tratta di una mossa azzeccata, dal momento che “ne preserva la sua indipendenza”, come emerso in occasione dell’audizione tenuta in Parlamento del direttore generale. Accanto al plauso Sabatini mette l’accento sulle perplessità del mondo bancario sugli oneri fiscali che gravano sulle banche italiane più che nel resto d’Europa. Le parole dell’Abi erano infatti giunte qualche ora prima dell’approvazione del nuovo statuto dell’Istituto centrale nel corso di un’assemblea straordinaria della Banca d’Italia.

E' davvero un regalone a Unicredit e Intesa l'operazione Bankitalia?

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