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Così com’è l’Italicum è incostituzionale e una riforma del Senato “alla tedesca” potrebbe gettare l’Italia nel caos. Lo dice a Formiche.net Giuseppe Valditara, professore ordinario di diritto romano all’Università degli Studi di Torino e già capogruppo di An nella commissione Affari costituzionali del Senato, che ragiona su come il modello Bundesrat proposto da Renzi possa rivelarsi un autogol.

Quali i vantaggi nel riformare il titolo V?
In primis c’è da affrontare il problema della duplicazione delle competenze fra Stato e Regioni, il comma 3 dell’art. 117, ovvero la legislazione concorrente tra i due livelli. E’ necessario che si dica chiaramente quali sono le competenze dello Stato e quali quelle delle Regioni.

Cosa lasciare allo Stato centrale?
Senz’altro l’energia, le grandi reti di trasporto e di navigazione, l’ordinamento della comunicazione, ma non l’istruzione professionale che chiarirei una volta per tutte essere di competenza delle Regioni, cosi come le casse rurali o le aziende di credito a carattere regionale. Un elemento di chiarezza è necessario, e urgente, senza però sviluppare al contempo un processo di riaccentramento in altri settori oggi riservati alla competenza delle regioni. Vivendo in Lombardia dico chiaramente che sulla sanità preferisco essere governato da Milano piuttosto che da Roma.

Ci sono profili di incostituzionalità sull’Italicum?
L’Italicum è incostituzionale perché il premio di maggioranza parte da una percentuale di voti troppo basso, non è immaginabile che chi prende all’incirca un terzo dei voti complessivi, ottenga poi il 55% dei seggi: regalare il 40% dei seggi sarebbe una forzatura. Viceversa se si pensasse ad un premio molto più modesto, attorno all’11% per chi supera il 40% dei consensi, si rispetterebbe l’ammonimento della Corte.

E le liste bloccate?
Non credo che la Corte possa facilmente accettare liste bloccate di sei candidati. In ogni caso una riforma realmente democratica sarebbe la introduzione del maggioritario uninominale a doppio turno, come in Francia, a cui potrebbe seguire nella prossima legislatura una riforma in senso presidenzialista della forma di governo. Dopo tante parole contro le liste bloccate non ha senso impedire agli elettori di scegliere integralmente i propri rappresentanti. Nella lista bloccata i partiti piazzano sovente al primo posto un nome di richiamo per blandire l’elettorato e dopo il candidato “da salvare”, o il nome comunque gradito a qualche ras locale o nazionale, così che l’elettore è costretto a prendersi il grano assieme al loglio. democrazia vuol dire poter scegliere chi ci rappresenta e farlo con chiarezza.

Lo sbarramento così come proposto è funzionale?
Credo sia troppo alto l’8%, un conto è evitare la frammentazione,un altro impedire la nascita di alternative politiche al sistema dei partiti oggi egemoni. Direi che il 5% sarebbe sensato, prevedendo peraltro anche la possibilità di una rappresentanza di forze che a livello regionale superino percentuali di voto elevate, per esempio superiori al 10%. Questa legge elettorale è stata fatta appositamente per ricondurre tutto il panorama politico al duopolio Forza Italia-Pd.

Lei è critico anche sulla proposta di Senato alla tedesca.
Il segretario del Pd, quando continua a proporre demagogicamente un Senato a costo zero, costituito sul modello del Bundesrat, non ha valutato un altro grande inconveniente: il caos derivante dalla applicazione al nostro sistema di un modello alla tedesca.

Per quale ragione?
Secondo la proposta caldeggiata da Renzi nel nuovo Senato dovrebbero sedere i rappresentanti inviati dalle Regioni italiane. In realtà nel modello tedesco la Camera rappresentativa delle regioni ha solo un potere di veto o di richiesta di riesame nei confronti delle proposte avanzate dal Bundestag. Non a caso spesso vota un solo delegato in rappresentanza di tutti gli altri della medesima regione. Fra l’altro Camera e Senato avrebbero due maggioranze quasi sempre diverse. Il Italia ci sarebbe il rischio di una paralisi. È facile immaginare che buona parte delle leggi approvate alla Camera verrebbero fatte oggetto di una estenuante trattativa politica al senato, quando non venissero semplicemente bocciate. Se invece si pensa di affidare al Senato delle regioni competenze esclusive, queste non possono essere esercitate da assessori regionali che o stanno a Roma a legiferare o stanno in regione a governare. Il superamento del bicameralismo è senz’altro da auspicare, ma il senato deve essere composto da eletti. Le esigenze di risparmio si possono raggiungere portando a 100 il numero dei senatori e diminuendo anche il numero dei deputati, riducendolo a 400. Del resto giá nel 2006 il Parlamento aveva votato la riduzione dei deputati, poi bocciata dal referendum insieme con la devolution.

La riforma del titolo V potrà far risparmiare molte risorse evitando i ricorsi?
Senza dubbio, oltre a velocizzare i procedimenti. Non dimentichiamo che negli ultimi anni sono triplicati anche i ricorsi alla Corte Costituzionale perché c’è oggettivamente confusione su chi sia competente a decidere.

twitter@FDepalo

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