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Lo strappo operato in queste ore da Silvio Berlusconi nei confronti di quell’effimero esperimento politico che rischia di essere il Governo delle larghe intese presieduto da Enrico Letta prima di essere uno strappo nei confronti della situazione politica attuale sembra esserlo nei confronti del suo passato e dell’illusoria speranza, forse anche portato del proprio dato anagrafico, di resuscitarlo tramite la rinascita di Forza Italia.

Un abisso separa il Berlusconi di queste ore dal trionfatore delle elezioni del 1994. L’imprenditore di successo, portatore di un’immagine vincente, ottimista e positiva che ha saputo in pochi mesi accendere la passione politica di quella componente del Paese che mai aveva fatto politica coinvolgendo decine di migliaia di persone tramite la geniale e deflagrante intuizione dei Club Forza Italia, ha lasciato il posto ad un leader invecchiato e rancoroso, logorato da vicende personali e dall’innegabile persecuzione della magistratura che, chiuso nel suo bunker, traccia strategie finalizzate più a vendette individuali che alla realizzazione di un’idea di Italia moderna e liberale.

Ancora più profondo è l’abisso che separa la Forza Italia del 1994 che ebbe come ispiratori Giuliano Urbani e Antonio Martino dalla attuale riedizione, figlia di una vuota tattica di rembranding, ostaggio di personaggi come Denis Verdini, Sandro Bondi, Daniele Capezzone e Daniela Santanchè, ispiratori di una deriva estremista ed immoderata che allontana definitivamente ogni identificazione tra la nuova Forza Italia e la galassia dei moderati in Italia.

Forse la nuova Forza Italia potrá vincere le prossime elezioni (anzi probabile che i sondaggi in mano del Signore di Arcore siano alla base della decisione di forzare la situazione per cercare di arrivare al voto quanto prima) ma certamente la vittoria dei falchi tra i consiglieri del Cavaliere pone fine ad ogni speranza di costruire un centro destra moderato, europeista e liberale partendo dalla piattaforma logistica, mediatica e territoriale della nuova Forza Italia.

In questi mesi in molti, compreso il sottoscritto, hanno ragionato sulle tante occasioni perse per modernizzare il centro destra Italiano, storicizzando la figura di Silvio Berlusconi. Purtroppo la più grande delle occasioni è quella che Berlusconi stesso ha perso in queste ore cedendo alle pressioni dell’ala più estrema dei suoi consiglieri trascinando il Paese in una crisi politica che non potrá non avere conseguenze drammatiche su ogni prospettiva di uscita dalla crisi economica e da quella ancora più grave che ha colpito il tessuto sociale e lo stesso concetto di Italianità.

La scelta di Berlusconi, prima di tradire il Paese, tradisce l’immagine del leader che nel 1994 prometteva di modernizzare l’Italia nutrendo le speranze della parte produttiva del Paese, oggi vittima collaterale dei fallimenti della Seconda Repubblica e la cui speranza di vedere una ripresa economica e sociale è funzione di una modernizzazione delle istituzioni e del sistema produttivo la cui realizzazione è sempre più remota in un panorama politico condizionato da una violenta e polarizzata campagna elettorale senza fine.

In politica ha ragione chi vince le elezioni e Berlusconi probabilmente ritiene che la mossa di sabato 28 settembre lo porterà a raggiungere questo risultato. Ma certamente ogni futuro richiamo in campagna elettorale ai moderati Italiani non potrá non stridere con l’avere posto la pietra tombale sulla modernizzazione del panorama politico italiano partendo dalla nuova Forza Italia.

A meno che l’ala moderata del PDL nelle prossime ore senta un fremito di orgoglio e di voglia di autonomia e che qualche autorevole personalitá esterna alla politica decida di spendersi in prima persona. Ma quella sarà un’altra storia…

Berlusconi tradisce il Berlusconi del 1994

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