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La miglior difesa è l’attacco. Si può riassumere con questa espressione popolare la nuova strategia cyber del Pentagono, frutto anche dell’esperienza della guerra in Ucraina. Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ne ha diffuso mercoledì un riassunto declassificato dopo aver approvato e pubblicato a maggio l’aggiornamento della dottrina dopo cinque anni. Infatti, si legge nel documento, il Pentagono si è impegnato a utilizzare le operazioni informatiche offensive per “frustrare” e “disturbare” le potenze straniere e le organizzazioni criminali che minacciano gli interessi degli Stati Uniti, pur riconoscendo i rischi di escalation nel cosiddetto quinto dominio. Gli Stati Uniti “non possono semplicemente difendersi davanti al problema” degli attacchi informatici, in particolare quelli cinesi, ha osservato Mieke Eoyang, un alto funzionario del dipartimento.

La minaccia numero uno è, è noto, la Cina, con le sue mire su Taiwan e sul Mar Cinese. Gli attacchi informatici cinesi forniscono indicazioni per i “preparativi per la guerra” di Pechino, recita il documento del Pentagono. In caso di conflitto, i cyber-attori cinesi “cercheranno probabilmente di interrompere le reti fondamentale che consentono la proiezione di potenza delle forze congiunte (statunitensi, ndr) in combattimento”. Ma la sola forza offensiva potrebbe non bastare. Nel documento si parla di “altri strumenti” da utilizzare come deterrente. Non vengono citati. Ma spesso i funzionari statunitensi, come ricordano anche i media locali, citano in particolare sanzioni e arresti.

C’è poi la Russia, e il documento riflette le lezioni apprese in questo anno e mezzo di guerra, come osserva l’avvocato Stefano Mele, partner e responsabile del dipartimento cybersecurity law dello studio legale Gianni & Origoni. “Stiamo assistendo oggi, dopo un anno e mezzo dall’inizio dell’aggressione russa dell’Ucraina, a un cambiamento della strategia di Mosca nell’utilizzo del cyber-spazio”, dice a Formiche.net. “Finora, infatti, le forze armate russe hanno sfruttato il quinto dominio della conflittualità soprattutto per attività di supporto operativo alle operazioni militari convenzionali. Ciò, al fine di creare effetti (temporanei) sulle infrastrutture critiche colpite, oppure per amplificare gli effetti – anche psicologici – degli attacchi armati (un esempio sono gli attacchi informatici ai sistemi di pronto soccorso prima di un bombardamento). Oggi, invece, l’attenzione pare essere sempre più focalizzata sulle attività di cyber spionaggio e di raccolta di informazioni a supporto delle operazioni militari. Di conseguenza, sono cambiati anche i sistemi informatici colpiti: la Russia, infatti, appare da un po’ di tempo più concentrata sui sistemi utilizzati per la situational awareness e per la gestione del conflitto sul campo di battaglia, al fine di avvantaggiarsi di queste informazioni per ottenere un vantaggio tattico immediato”, aggiunge.

Dal documento emerge, inoltre, una forte attenzione ala cooperazione militare. “La strategia americana si basa da anni su due pilastri: defending forward e persistent engagement”, ricorda Mele. “Quest’ultimo, in particolare, ci insegna che nel quinto dominio della conflittualità, date le sue caratteristiche intrinseche, è inevitabile essere già preparati per ogni possibile attività operativa e soprattutto essere sempre in un costante stato di allerta leggermente sotto il livello del conflitto. Per questo, è importante il richiamo statunitense alla cooperazione internazionale in un campo in cui le reti ci rendono tutti interconnessi e, dunque, a rischio effetto spillover anche se il conflitto o l’operazione non ci riguarda direttamente”, conclude l’avvocato.

La nuova strategia cyber del Pentagono commentata dall’avv. Mele

“È importante il richiamo statunitense alla cooperazione internazionale in un campo in cui le reti ci rendono tutti interconnessi e, dunque, a rischio effetto spillover anche se il conflitto o l’operazione non ci riguarda direttamente”, dice l’avvocato Mele (Gianni & Origoni)

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