Skip to main content

L’incontro di ieri a Mosca tra il leader siriano Ahmed al-Sharaa e il presidente russo Vladimir Putin ha riportato all’attenzione dei media l’interrogativo su come si evolveranno nei prossimi mesi e nei prossimi anni le relazioni tra il Cremlino e il Paese arabo, dopo l’ascesa al potere di al-Sharaa seguita alla tempestiva campagna militare che ha portato alla caduta del regime della dinastia al-Asad, di cui Bashar al-Asad era soltanto l’ultimo esponente, storicamente sostenuto dall’Unione Sovietica prima e dalla Russia poi. Ad attirare particolare attenzione è stato il destino della presenza militare russa in Siria, che adesos sembra essere destinata a perdurare, nonostante gli enormi dubbi emersi nel recente passato.

Fino a pochi mesi fa la Russia e Hayat Tahrir al-Sham (Hts), la milizia guidata al al-Sharaa, erano rivali sul campo. Dal 2015 il Cremlino aveva deciso di sostenere in modo più diretto il regime di Assad, attraverso un intervento militare nel Paese ufficialmente destinato a combattere l’avanzata dello Stato Islamico, ma de facto finalizzato a sconfiggere i gruppi ribelli avversari del regime protetto dal Cremlino. Lo stesso ministro degli esteri russo Sergei Lavrov nel 2019 aveva dichiarato, riferendosi ad Hts, che il “nido dei terroristi dovesse essere sradicato”.

In un primo momento, l’intervento russo ha spostato gli equilibri a favore dell’autocrazia siriana; tuttavia, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina che il Cremlino ha potuto destinare al sostegno del suo partner mediterraneo sono calate sempre di più, mentre quelle dei gruppi ribelli come Hayat Tahrir al-Sham, che godevano e godono tutt’ora del sostegno di Istanbul, sono aumentate sempre di più, fino a raggiungere quella massa critica che gli ha permesso di lanciare l’offensiva che in poche settimane ha fatto crollare il regime di Assad, con quest’ultimo costretto a fuggire immediatamente a Mosca per avere salva la vita.

La fine del regime di Assad ha messo a rischio interessi fondamentali per Mosca. Nella Siria guidata dal regime suo alleato il Cremlino aveva stabilito una serie di installazioni militari, dall’aeroporto di Khmeimin alla base navale di Tartus, che gli permettevano di proiettare il proprio potere militare non solo nella regione siriana, dove questo potere veniva utilizzato per annichilire le capacità dei gruppi di opposizione siriani, ma in generale nelle acque calde al di fuori dei Dardanelli, anche in caso di chiusura di questi ultimi (come avvenuto dopo l’esplosione del conflitto in Ucraina, in accordo con le convenzioni di Montreux stipulate nel 1936); inoltre, da queste basi militari passavano gran parte dei rifornimenti destinati alle operazioni del Gruppo Wagner, che qui facevano tappa prima di raggiungere lo snodo logistico di al-Jufra, nella Libia controllata dal generale Khalifa Haftar, e da qui il resto del continente africano.

Non stupisce dunque che fin da subito il destino delle basi russe in Siria fosse segnato. Non a caso, già nel dicembre del 2024 la flotta russa aveva iniziato ad evacuare (parzialmente) la base militare di Tartus. Eppure, nonostante le prime avvisaglie e i segnali mandati in questo senso dalle nuove forze al potere in Siria, col passare del tempo non si è concretizzata nessun effettivo smantellamento delle basi russe in Siria. A fugare definitivamente ogni dubbio sono arrivate le parole pronunciate ieri da al-Sharaa a Mosca, con il leader siriano che ha dichiarato che il suo governo “rispetterà gli accordi stretti in passato con Mosca”.

Quali fattori hanno pesato su questo esito? Da un lato, ci sono evidenti ragioni di carattere pragmatico: nonostante il cambio di regime, il sistema-Siria continua ad essere estremamente legato alla Russia sotto l’espetto energetico e sotto quello agricolo (in particolare in relazione al grano), con Mosca che ha mantenuto costanti i rifornimenti verso Damasco anche in concomitanza con l’avvicendamento di potere tra il regime baathista e quello attuale; inoltre, il governo di al-Sharaa fronteggia al momento una fortissima carenza di armamenti, dopo che Israele ha distrutto gran parte dei sistemi di difesa siriani nelle ultime settimane del 2024, e vede nella Russia il fornitore ideale dei suddetti sistemi, non potendo in questo senso sulla Turchia in virtù della sua contrapposizione con Israele. La presenza di attori ostili all’interno del Paese (come ad esempio i Drusi), e la cronica instabilità della regione mediorientale rendono la questione del “riarmo” ancora più urgente per il nuovo esecutivo.

Ma oltre alle questioni più marcatamente pragmatiche, a favorire l’avvicinamento tra la Russia di Putin e la Siria di al-Sharaa sono anche calcoli di carattere strategico. Come nota Hanna Notte su Foreign Affairs, Damasco vede nella Russia un partner utile per rafforzare la propria legittimità internazionale e bilanciare la propria vulnerabilità regionale. In un contesto in cui la nuova leadership siriana rischia l’isolamento diplomatico, mantenere relazioni con un membro permanente del Consiglio di Sicurezza Onu offre una copertura politica preziosa e la possibilità di interlocuzioni indirette con altri attori. Allo stesso tempo, Mosca rappresenta un contrappeso strategico nei confronti di potenze regionali come Turchia e Israele, fungendo da deterrente politico e militare in un ambiente altamente competitivo e instabile.

Mosca dunque continuerà ad essere militarmente presente in Siria, riducendo l’urgenza di sviluppare rapidamente basi alternative nel bacino mediterraneo o nelle sue immediate vicinanze (il riferimento è ai progetti del Cremlino in Sudan e in Libia). Tuttavia, come notato anche da alcuni analisti del Nato Defence College, la Russia cercherà di evitare di stressare troppo la sua presenza militare in Siria, favorendo un approccio più “calibrato” e minimalista, non tanto volto a foraggiare un confronto militare nel bacino mediterraneo con la Nato, quanto a mantenere il controllo di uno snodo logistico tanto importante per le sue operazioni in Africa quanto per la conduzione delle operazioni da parte della sua “Flotta Fantasma”.

Le forze aeronavali russe non se ne andranno dalla Siria. E ora ne siamo certi

La caduta del regime di Assad non ha interrotto i legami tra Siria e Russia. Al contrario, il nuovo governo guidato da al-Sharaa ha scelto di mantenere gli accordi con Mosca, che continua così a presidiare Tartus e Hmeimim, garantendosi un punto d’appoggio strategico nel Mediterraneo

Bruxelles presenta la roadmap per la difesa fino al 2030, ma gli Stati frenano. I dettagli

La Commissione europea prova a dare forma concreta all’idea di una difesa comune con la roadmap del piano Readiness 2030. Scadenze e obiettivi, fondi comuni e nuovi strumenti delineano una strategia di lungo periodo, ma le questioni politiche legate alla titolarità della Difesa potrebbero portare il Consiglio a ridimensionare il ruolo della Commissione

L'Intelligenza artificiale non sostituirà la cura, ma ci aiuterà a riscoprirla

L’intelligenza artificiale non sostituirà il medico, ma cambierà la medicina. Dalla nascita del centro nazionale dell’Iss ai programmi di formazione di Google e Adtalem, il futuro della sanità è scritto nel linguaggio delle macchine, ma parlato dagli esseri umani

Casa Bianca e Anthropic ai ferri corti. Colpa dell'approccio sull'IA

Lo zar dell’intelligenza artificiale David Sacks ha criticato un post del co-fondatore Jack Clark, in cui ribadiva di fare attenzione ai pericoli derivanti dallo sviluppo sfrenato. Non è la prima volta che l’azienda si mette di traverso all’amministrazione Trump, specialmente sulla regolamentazione, con il rischio isolamento all’orizzonte

Oltre gli extraprofitti, il ruolo strategico delle assicurazioni secondo Pedrizzi

Non è più possibile che si continui a rappresentare le assicurazioni come imprese ricche e profittevoli, chiamate in quanto tali dallo Stato a contribuire alla collettività soltanto mediante un carico fiscale sempre crescente e sempre più esteso. È tempo di adottare una logica in cui le assicurazioni non siano considerate una cassaforte da cui far provvista, bensì uno strumento potente, capace di risolvere problemi socio-economici endemici e onerosi nell’interesse del Paese. L’opinione di Riccardo Pedrizzi

Elicotteri, carri armati e droni. Le novità dell'Esercito Usa in mostra all'Ausa 2025

All’Ausa 2025 di Washington l’Esercito americano ha mostrato il volto di una forza in piena trasformazione. La riforma punta a snellire strutture e processi, abbracciando l’innovazione come motore strategico. Droni, sistemi autonomi e nuove interfacce digitali diventano simboli di un cambiamento che non riguarda solo la tecnologia, ma la cultura operativa e il modo stesso di concepire la difesa

Cibo e ricostruzione per Gaza, così l'Italia lavora per la stabilità del Medio Oriente

Una postura, quella di Roma, che già con il progetto Food for Gaza era stata messa in chiaro. Non a caso l’Italia ha provveduto a nominare l’attuale rappresentante speciale presso la Fao, Bruno Archi, come inviato speciale per la ricostruzione a Gaza. Un ulteriore segnale di come l’Italia intende essere protagonista, in questa prima fase sul piano umanitario e a seguire nel dossier ricostruzione

Terre rare, l'Europa batte un colpo contro la Cina. E gioca di sponda con gli Usa

La stretta cinese sulle esportazioni di minerali critici rischia di azzoppare l’industria della Difesa e la tecnologia che c’è a monte. Ma stavolta l’Ue ha deciso di combattere, aprendo un canale con il Dragone e lavorando al contempo a una tela con gli Stati Uniti

L’Indonesia punta sui J-10 cinesi. Le ragioni della scelta

Con l’annuncio dell’acquisto di 42 caccia multiruolo J-10 di fabbricazione cinese, l’Indonesia compie una mossa che va oltre la semplice modernizzazione militare. Per la prima volta nella sua storia, Giacarta si rivolge a Pechino per un programma di armamenti di questa portata, aprendo a nuovi equilibri regionali nel Sud-Est asiatico

Cosa lega Artico e Indo-Pacifico. Parla Formentini

Il lavoro del Comitato Artico, come quello Indo-Pacifico, è caratterizzato da una composizione bipartisan, in linea con la rilevanza strategica del tema. “Tutto questo significa che il Parlamento si occupa di temi cruciali per il Paese, riacquisendo una centralità anche nella pianificazione strategica”, spiega Formentini

×

Iscriviti alla newsletter