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Air France? Qualsiasi cifra offrirà per Alitalia (anche un euro) andrà bene, l’alternativa è il fallimento. Così Marco Ponti, docente di Economia applicata al Politecnico di Milano, responsabile di un gruppo di ricerca internazionale sulla regolazione economica dei trasporti e collaboratore della Commissione Europea, ragiona con Formiche.net sul destino della compagnia di bandiera. Nella consapevolezza che l’ipotesi araba non è del tutto esclusa ma comporterebbe una forte discontinuità con il passato.

Il futuro di Alitalia: meglio il destino francese, arabo o russo?
La bilancia pende nettamente a favore di Air France perché la compagnia francese collabora già da molti anni con Alitalia, oltre ad esserne socio di maggioranza relativa e sono nello stesso sky team. Abu Dhabi invece non è comunitaria, quindi potrebbe entrare solo come quota di minoranza.

Un’alleanza con gli arabi avrebbe convenienza industriale?
Direi solo in caso di un piano industriale radicalmente nuovo, che si distanzi dal modello rovinoso che ha seguito Alitalia sino ad ora: coprire con una quota molto piccola tutti i tre mercati rilevanti ovvero quello italiano, l’europeo e quello intercontinentale. La sponda araba andrebbe bene solo in presenza di un piano industriale che dica “va bene, sono troppo piccola e non ce la faccio quindi punto all’unico settore in cui posso essere redditizia come l’intercontinentale”: e alleandosi con un rilevante socio che opera in quel segmento. Non è del tutto insensato operare con una compagnia del Golfo, ma richiede una discontinuità rispetto al passato.

Air France ha le spalle finanziarie abbastanza larghe per comprare Alitalia?
Lei investirebbe cento euro dei suoi risparmi in Alitalia? E allora perché chiedere ai francesi di assumersi questo rischio? Qualsiasi cifra offriranno andrà bene, anche un euro. L’alternativa è il fallimento ed è sul tavolo. I conti sono noti a tutti e rappresentano una voragine. Non solo il cherosene che non c’è, ma il debito a fine anno che toccherà un miliardo, oltre a tutti i fornitori non pagati.

Teme che Alitalia possa diventare una realtà sempre più locale e periferica con Air France?
Diventerebbe un pezzo di Air France che ha una logica europea ed internazionale, ma l’hanno già fatto gli inglesi con Iberia e non si vede perché non potremmo farlo anche noi con una compagnia molto robusta. Non dimentichiamo che Air France-KLM è dieci volte Alitalia. Se dovessero acquistarci diventeremmo una loro realtà regionale.

Il governo pensa anche a un temporaneo intervento di una società pubblica in Alitalia: condivide la mossa?
Quale l’origine dei mali di Alitalia? Una gestione politica, ovvero l’eccesso di un intervento politico nell’organizzazione di un’impresa che doveva stare sul mercato. Vogliamo rinazionalizzarne un pezzo adesso? Mi lascerebbe molto perplesso. Ma poi i capitani coraggiosi fino a che punto lo sono stati? Berlusconi gli ha chiesto, per il bene della Patria, di intervenire: ma crediamo che loro lo abbiano fatto realmente per il bene dell’Italia? Le imprese devono fare le imprese.

Quindi?
Si dice abbiano avuto altre utilità, alla base di un accordo politico con il governo Berlusconi. Per cui se intendono salvare la compagnia e non perdere i loro soldi devono presentare un piano industriale credibile. Anche lì abbiamo assistito al capitalismo all’italiana, che va bene fin quando paga qualcun altro.

L’idea di una possibile integrazione treno-aereo, come prospettata da Mauro Moretti, ha senso?
Sarebbe il male peggiore in assoluto, il delirio. Alitalia verrebbe rinazionalizzata con una realtà completamente pubblica e pesantemente sussidiata. Quindi tutti i buchi di Alitalia entrerebbero in un calderone pubblico su cui, tra l’altro, vi sarebbero perplessità dell’Antitrust. Se si andasse in quella direzione vorrebbe dire che il Paese è finito in quanto dotato di una cultura che non è affatto cambiata rispetto agli ultimi vent’anni: ovvero siamo fuori dal gioco del mercato. Una consapevolezza che è chiara: non c’è un passato di successo nel salvataggio da parte dello Stato di Alitalia, solo disastri.

Che logica avrebbe riprovare in quella direzione?
Perseverare sarebbe diabolico.

Un’altra occasione di evoluzione mancata da parte del capitalismo italiano?
In Italia lo Stato non ha una grande tradizione di scelte fatte in maniera oculata. Dovrebbe far bene il regolatore e anche lo stimolatore su certe scelte tecnologiche, ma non intervenendo nella produzione o nelle dinamiche del mercato bensì esprimendo delle domande sociali. È la mia visione: e fin quando non ci sarà una cultura d’impresa e non si imparerà a competere, non si riuscirà a crescere.

Da dove partire allora?
Cassare i settori protetti di quella protezione che non gli ha consentito lo sviluppo. Ma anche la strategia ha la sua rilevanza. Non solo un iperliberista cieco, ma non dimentichiamo che Alitalia non produce aerei ma scadenti servizi. Ragion per cui è difficilissimo sostenere che Alitalia sia un asset strategico per il Paese.

twitter@FDepalo

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