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Una di quelle giornate che fan venir voglia ai commentatori finanziari di prendersi un sabbatico.

MERCATI EMERGENTI

Con il meeting ECB e il GDP US del terzo trimestre, la carne al fuoco ieri era parecchia. La seduta è cominciata con un tono cauto in Asia, con i principali indici frazionalmente negativi. A pesare, il recente dibattito sul tapering e la possibilità di compensarlo con tassi a zero più a lungo. Come noto gli emergenti preferiscono il quantitative easing, che spinge nella loro direzione ingenti masse monetarie, alla politica monetaria tradizionale. In ogni caso, nemmeno il Nikkei era particolarmente ispirato.

MERCATO EUROPEO

Il clima durante la mattinata europea di ieri è stato più che altro di attesa, con gli indici impegnati in consolidamenti laterali in attesa del “verbo”. Una produzione industriale tedesca per settembre deludente non ha avuto alcun impatto sugli umori. Vale comunque la pena di osservare che il recente contrasto tra le survey e i dati macro continua anche in Europa.

LA SCELTA SHOCK DELLA BCE

Alle 13.45, lo shock: la Banca Centrale Europea ha annunciato un taglio del refi rate di 25 Basis points a 0.25%. I mercati hanno reagito con forte sorpresa: nonostante i deboli dati di CPI usciti la scorsa settimana in Eurozone, erano in pochi ad attendersi un azione immediata (appena 3 dei 70 analisti intervistati da Bloomberg si attendeva un taglio).
La mossa ha elettrizzato i mercati, con equity e fixed income coinvolti in un rally corale, mentre l’€ ha perso immediatamente supporto, portandosi si minimi da metà settembre.

LE PAROLE DI MARIO DRAGHI

La conferenza stampa di Draghi ha a sua volta presentato diversi spunti interessanti:

– La motivazione del taglio è evidentemente il livello di inflazione basso. Draghi ha chiarito che l’attuale contesto fa intravedere un periodo prolungato di inflazione bassa, seguito da un graduale recupero verso il target del 2%. Su queste basi il Comitato era largamente convinto della necessità di agire, con una maggioranza di membri a favore di un’azione immediata. Il livello del cambio non ha avuto alcun ruolo nella decisione (probabilmente perché era già in discesa da qualche giorno).

– Ciononostante, i rischi sullo scenario inflattivo sono “bilanciati”, e le aspettative di medio termine “fermamente ancorate”. Draghi ha negato che vi siano rischi di deflazione, intesa come un calo generalizzato dei prezzi, e rifiutato un paragone con il Giappone, sostenendo che l’Europa è tra le regioni coi fondamentali migliori, avendo in generale deficit bassi e il current account surplus più alto del mondo, fondamenti su cui si può costruire un economia forte.

– La forward guidance è stata confermata su questi livelli più bassi e anzi Draghi ha dichiarato che lo 0.25% non è da considerare un livello minimo. Ma non è trapelata imminenza di ulteriori misure straordinarie, come una nuova LTRO o tassi di deposito negativi.

– La riduzione della frammentazione del credito nell’area è rallentata negli ultimi 2/3 mesi, sebbene non si sia arrestata. Il taglio dei tassi dovrebbe migliorare le cose.

QUALCHE IMPRESSIONE PERSONALE

L’Impressione personale è che la mossa sia pienamente giustificata dalle circostanze. La vera sorpresa è la fretta, da parte di un istituzione come l’ECB, collegiale e normalmente lenta nei processi decisionali (almeno fino all’avvento di Draghi!).
In generale, mi sembra che, nonostante la retorica mirata a trasmettere tranquillità,  le recenti azioni delle principali Banche Centrali  lascino trasparire preoccupazione per la fragilità del sistema e la scarsa reattività delle dinamiche dei prezzi di beni e servizi alle generose politiche monetarie attuate. Nello specifico, la definizione che i rischi sullo scenario inflattivo sono bilanciati contrasta un po’ con l’urgenza di agire dimostrata nei fatti. Chiaramente, con dei livelli di inflazione cosi bassi, i margini per ulteriore downside sono estremamente ridotti e Draghi ha dovuto tenerne conto nella conferenza. Ma come osservavo giorni fa il ghiaccio si è fatto molto sottile.

LA REAZIONE DEL MERCATO

Il primo effetto della conference è stato di aumentare in generale il risk appetite. Gli indici hanno raggiunto i massimi di seduta nel primo pomeriggio, con diverse borse che hanno mostrato incrementi di quasi 2 punti. Parimenti, i bond hanno recuperato ulteriore terreno, giungendo a segnare in alcuni casi i minimi relativi di rendimento (vedi btp al 4%). L’€ ha bucato temporaneamente l’1.33 vs $. Dopodichè il sentiment positivo è progressivamente evaporato generando vistosi ritracciamenti, che in alcuni casi hanno preso le sembianze di vere e proprie rotte: E’ il caso del Mibtel, la cui debolezza relativa (è passato da +2% a -2% nello spazio  di un paio d’ore) ha lasciato visibilmente perplessi gli operatori e ha causato la consueta caccia al catalist.

Tra quelli pervenuti, nessuno dei quali convincente, annoveriamo:
1) la maretta politica su legge di stabilita’, sfiduce ai ministri e consuete convulsioni nel PDL
2) la rate sensitivity delle banche italiane, che soffrono i tagli dei tassi
3) single story come Telecom e Banca Popolare di Milano e relativo effetto contagio.

In altre parole nessuno ha ben chiaro il motivo.

Perché Draghi vuole fa' l'americano con i tassi

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