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Parlando di riscaldamento globale, i primi pensieri vanno senza ombra di dubbio ai due poli terrestri. Tuttavia esiste un’altra regione in cui i cambiamenti climatici stanno creando preoccupanti disequilibri capaci di influire sulla vita del continente asiatico e in parte dell’intero globo. Si tratta dell’Altopiano del Tibet, un territorio la cui complessità non si limita alle vicende politiche con la Cina risalenti agli anni ‘50, ma che si estende a questioni di carattere geografico, morfologico e scientifico.

L’Altopiano del Tibet riveste un ruolo di primo piano nel sistema meteorologico dell’Asia, influendo sulle piogge monsoniche e agendo sui venti che provengono da ovest. Inoltre rifornisce di acqua un esteso sistema fluviale dal quale dipende la vita di circa 3 miliardi di persone. Tra i più importanti fiumi che ricevono acqua dai 46.000 ghiacciai dell’Altopiano, ci sono il Mekong, il Salween e lo Yangtze. Anche la biodiversità rappresenta un elemento rilevante della zona. Tra le praterie di alta quota, le foreste e i terreni agricoli, il Tibet costituisce un habitat naturale per alcune rare specie animali (l’antilope tibetana, il leopardo delle nevi…) e numerose piante commerciate e usate per fini medici (il caterpillar fungus, la rodhiola…).

Molti ricercatori e scienziati hanno iniziato a verificare sostanziali cambiamenti nelle temperature, con evidenti ripercussioni sulle coltivazioni selvatiche e l’agricoltura. Negli ultimi cinquanta anni la temperatura è salita di 0,88°C all’anno, provocando una riduzione del 17% dei ghiacciai. Wu Qingbai dell’Istituto di ricerca ambientale e ingegneristica per le zone fredde e aride di Lanzhou, osserva che il permafrost del Tibet ha subito una progressiva disintegrazione negli ultimi due decenni.

Secondo Ma Liangjun, a capo della stazione di monitoraggio e conservazione del suolo e dell’acqua della provincia di Quinghai, il deterioramento che si verifica nell’altopiano tibetano deriva da cause naturali, pur riconoscendo che lo sviluppo umano ha reso più fragile il territorio. Il National Snow and Ice Data Center (NSIDC) sta conducendo una ricerca per ribaltare la convinzione che siano i cambiamenti climatici a determinare variazioni nell’utilizzo del terreno. Ad ogni modo, sono attualmente in corso processi di desertificazione, “la cui origine è senza dubbio legata al riscaldamento globale”, come afferma Wang Yongchen, fondatore dell’Associazione Green Earth Volunteers.

Dunque il Tibet attrae l’attenzione internazionale anche dal punto di vista ambientale. Il Panel Intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), nel suo rapporto del 2007, ha avvertito che i ghiacciai dell’Himalaya potrebbero scomparire entro il 2035, determinando serie conseguenze per il continente, ma anche per il resto del mondo. Nel 2009 si è sviluppato il programma internazionale Third Pole Environment, grazie alla collaborazione tra l’Istituto di Ricerca dell’Altopiano Tibetano di Pechino, l’Ohio State University e il Senckenberg World of Biodiversity di Francoforte.

Riconoscendo l’importante ruolo dell’altopiano tibetano, la Cina si è mossa per preservare l’equilibrio ambientale. Tuttavia i mezzi e le politiche utilizzate hanno scatenato una serie di critiche. Uno dei punti più controversi del piano prevede il trasferimento dei pastori nomadi di Sanjiangyuan, territorio riconosciuto riserva naturale nazionale nel 2000. Sun Faping, uno degli economisti del progetto, dichiara che è indispensabile la riduzione della pressione che allevamenti e persone residenti praticano in modo più o meno diretto all’ecosistema. Nonostante il piano preveda forme di assistenza da parte del governo, numerosi pastori nomadi vivono ora in condizioni di povertà e di totale estraneità rispetto allo stile di vita cui erano abituati. Human Rights Watch ha calcolato che sono circa 600.000 i pastori tibetani che sono stati trasferiti.

Per molti la scelta del governo cinese è strettamente legata alla volontà di tenere sotto controllo il territorio tibetano. Infatti, alcuni scienziati considerano addirittura dannosa per l’ecosistema la volontà di modificare il popolamento della zona. Avere però una visione chiara della situazione non è semplice. Le informazioni a riguardo non sono precise e in molti casi mancano dati scientifici per affermare con certezza quali sono le cause dei cambiamenti ambientali in atto nell’altopiano del Tibet.

La situazione ambientale del Tibet è comunque tenuta in considerazione e l’interesse per questa tematica cresce progressivamente. Ne è un chiaro esempio il fatto che essa abbia trovato spazio nella recente conferenza dell’Associazione Internazionale per gli studi tibetani (IATS), svoltasi ad Ulaanbatar tra il 21 e il 26 luglio 2013.

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