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Sono due le parole chiave, tra tante pronunciate oggi in Senato durante il vertice Italia-Africa, che offrono una visione completa e analitica sul punto di vista delle due parti: futuro e guida. La prima l’ha pronunciata il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, aprendo il vertice, quando ha voluto sottolineare la traccia che l’appuntamento di oggi e più in generale il Piano Mattei intendono seguire.

Ovvero non si può ragionare di futuro senza Africa, ha spiegato il premier, come a voler ribadire un concetto che scontato non è, perché se lo fosse stato i dossier più delicati sarebbero stati affrontati e discussi già da anni. E invece l’intreccio ideale tra una piattaforma programmatica che disegna un percorso innovativo di partenariato e i 30 milioni di chilometri quadrati del continente africano (che sono, al contempo, eccellenze e crisi) rappresenta il glossario che serve in questa fase per poter parlare una lingua comune e ragionare di migranti, sicurezza alimentare, energia, cooperazione non caritatevole e investimenti.

La seconda l’ha pronunciata Azali Assoumani, presidente dell’Unione Africana, il quale ha parlato di “guida illuminata” che ha ideato il vertice e il Piano Mattei, riferendosi all’intuizione italiana e anche all’esigenza di una cooperazione benefica basata sulla condivisione di interessi comuni. Uguaglianze nella prosperità, responsabilità di promozione anche da parte africana, rifiuto di una mentalità da mendicanti, passaggio ribadito anche da Moussa Faki, ciadiano, attuale presidente della Commissione dell’Unione africana, secondo cui “le nostre speranze sono immense e speriamo che questa partnership porti grandi innovazioni”.

Cinque le direttrici tematiche su cui il Piano Mattei sarà strutturato nel quadrante subsahariano e nordafricano, in seguito allargato “seguendo una logica incrementale”, da mettere a terra con una dotazione iniziale da 5,5 miliardi tra crediti, operazioni a dono e garanzie.

Cosa c’è nel Piano Mattei

Tra i tanti progetti pilota previsti dal Piano Mattei spicca quello energetico in Marocco, dove verrà realizzato un grande centro di eccellenza per la formazione professionale sul tema delle energie rinnovabili; quello scolastico per la Tunisia e quello sanitario per la Costa d’Avorio, dove verrà migliorata l’accessibilità ai servizi primari; quello dell’acqua in Congo, con la costruzione di pozzi e reti di distribuzione, soprattutto a fini agricoli; quello “strutturale” legato alle cause delle migrazioni, con l’obiettivo di offrire un contributo “a liberare le energie africane anche per garantire alle giovani generazioni un diritto che finora è stato negato: non dover così recidere le proprie radici in cerca di una vita migliore”.

L’Italia inoltre, che ha tutte le carte in regola per diventare l’hub naturale di approvvigionamento energetico per l’intera Europa, esprime un no secco al cibo sintetico: non solo food security, ha oservato Meloni, ma food safety. Ovvero non solo garantire cibo per tutti ma cibo di qualità per tutti, chiamando in causa la ricerca “che non deve servire per produrre cibo in laboratorio e andare verso un mondo in cui chi è ricco mangia cibo naturale e chi è povero mangia cibo sintetico con effetti sulla salute”.

“L’augurio che faccio a ognuno di noi è che da questo vertice possa davvero nascere qualcosa di nuovo, qualcosa che nessuno si aspetta, perfino qualcosa che in molti non avrebbero creduto possibile. Perché smentire i pronostici, come sempre, è scrivere la propria pagine nella storia”, ha concluso Meloni.

Non c'è futuro senza Africa. Le parole chiave del vertice a Roma

L’intreccio ideale tra una piattaforma programmatica che disegna un percorso innovativo di partenariato e i 30 milioni di chilometri quadrati del continente africano rappresenta il glossario che serve in questa fase per poter parlare una lingua comune e ragionare di migranti, sicurezza alimentare, energia, cooperazione non caritatevole e investimenti

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