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Che la Cina sostenga lo sforzo bellico russo in modo indiretto, non c’è alcun dubbio. All’indomani dello scoppio del conflitto in Ucraina, e della brusca interruzione di scambi commerciali tra Federazione Russa e Occidente dovuto principalmente al gioco di sanzioni e controsanzioni, l’acquisto di ingenti quantità di materiale energetico da parte della Repubblica Popolare Cinese ha permesso a Mosca di finanziare il proprio sforzo bellico; inoltre, le industrie cinesi si sono mosse rapidamente per rimpiazzare le imprese occidentali nella fornitura di prodotti intermedi o finiti necessari all’apparato produttivo russo.

Tuttavia, ultimamente si è cominciato a parlare di un sostegno di tipo “diretto” che Pechino starebbe fornendo a Mosca. Un sostegno tutt’altro che apprezzato dalle potenze occidentali. Interrogato riguardo alla possibilità di un rifornimento di armi cinesi alla Russia, Emmanuel Bonne, consigliere diplomatico del presidente francese Emmanuel Macron, ha affermato che “ci sono indicazioni che indicano che i Cinesi stanno facendo cose che preferiremmo non facessero”. Il politico francese ha poi proseguito confermando che si riferisse all’invio di materiale militare, e che, malgrado apparentemente le quantità non fossero particolarmente elevate, essere sarebbero dovute cessare completamente.

L’equipaggiamento militare menzionato da Bonne, confermano fonti istituzionali a lui vicine, comprendeva tecnologie a duplice uso e materiale non letale, come elmetti e giubbotti antiproiettile. Prodotti non toccati dalle sanzioni, ed acquistati anche dall’Ucraina, anche se in quantità decisamente differenti. I dati al riguardo sono molto chiari: quest’anno la Russia ha importato droni dalla Cina per più di un milione di dollari, 30 volte di più dell’Ucraina. Le esportazioni cinesi di ceramica, un componente utilizzato nelle armature, sono aumentate del 69% verso la Russia, superando i 225 milioni di dollari, mentre sono diminuite del 61% verso l’Ucraina, scendendo a soli 5 milioni di dollari, secondo i dati doganali cinesi e ucraini.

Anche se si tratta di materiale non letale, la sua importazione risulta comunque fondamentale per il corretto funzionamento della macchina da guerra russa, venendo impiegate all’interno delle operazioni offensive e garantendo una maggior probabilità di successo delle stesse. Inoltre, questo tipo di equipaggiamento ha il vantaggio di riuscire a superare il vaglio delle sanzioni, grazie alla sua natura non prettamente militare.

“Ciò che è molto chiaro è che la Cina, al netto delle sue affermazioni di essere un attore neutrale, sta di fatto sostenendo le posizioni e gli sforzi della Russia in questa guerra”, ha dichiarato Helena Legarda, analista specializzata in politica estera e di difesa cinese presso il think thank tedesco Mercator Institute for China Studies, “e c’è questa situazione in cui ci troviamo al momento: tutti questi componenti o attrezzature dual-use e il modo in cui li si gestisce. Non mi aspetto che l’Ue sia in grado di approvare sanzioni su questo”.

Un’inchiesta di Politico fa luce sulle dinamiche di compravendita di questo tipo di materiali: numerose compagnie russe spesso create appositamente (con una situazione finanziaria molto poco chiara e una data di nascita poco antecedente alle operazioni di acquisto) effettuano ordini diretti presso le aziende in territorio cinese, talvolta ricorrendo ad intermediari per cercare di nascondere la destinazione finale dei beni. Interpellate dal personale di Politico riguardo all’impiego dell’equipaggiamento, queste imprese hanno dichiarato che i prodotti in questione vengono commercializzati per scopi puramente civili – come il paintball. Eppure, i resti di questi prodotti made in China sono stati ritrovati più volte sui campi di battaglia ucraini.

Tuttavia, l’Occidente può fare ben poco per convincere Pechino a fermare i flussi di prodotti a duplice uso verso la Russia. Solo gli Stati Uniti avrebbero il potere reale di imporre un divieto assoluto sulle transazioni denominate in dollari – che sono comunque in flessione negli ultimi mesi, in concomitanza con un maggior utilizzo dello Yuan da parte di Mosca.

Inoltre, nel blocco euroatlantico manca la volontà politica di applicare sanzioni troppo forti contro Pechino, afferma Maxim Mironov, esperto di sanzioni e professore assistente di finanza presso la IE Business School di Madrid: “I politici occidentali hanno la volontà di imporre sanzioni alla Cina? Fondamentalmente, la risposta è no”. Specialmente in Europa, dove Pechino appare un amante ormai appartenente al passato, ma sempre più difficile da dimenticare.

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