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Papa Francesco ha voluto che il suo primo incontro con i vescovi italiani avvenisse non nell’Aula del Sinodo, bensì nella basilica vaticana, sotto il baldacchino del Bernini. E’ lì che Jorge Bergoglio ha parlato ai “cari fratelli nell’episcopato”: la chiesa italiana (duecentoventi vescovi) guidata dal cardinale Angelo Bagnasco, confermato alla guida della Cei fino alla scadenza del secondo mandato, nel 2017.

Un discorso non programmatico

Si ipotizzava che nel suo intervento Francesco potesse delineare i contorni di quella riforma della conferenza episcopale italiana di cui si parla da tempo. Le ipotesi sul tavolo sono molte: dall’elezione del presidente e del segretario (ponendo così fine alla peculiarità dei vertici italiani nominati direttamente dal Pontefice) a un rinnovamento dei meccanismi di funzionamento. Nelle ultime settimane, poi, si era anche parlato di un presidente della Cei depotenziato: benché  nominato dal Pontefice, sarebbe stato definito solo “presidente delegato”. Un modo per rimarcare la primazia del vescovo di Roma sulla chiesa italiana. Ma oggi il Papa ha preferito insistere ancora una volta sul “servizio cui è chiamato il pastore. Il nostro compito principale – ha ricordato Bergoglio – è di edificare la comunità nella carità fraterna”.

La minaccia del carrierismo e la lusinga del denaro

Un compito “non affatto scontato: anche l’amore più grande, quando non è continuamente alimentato, si affievolisce e si spegne”, ha aggiunto il gesuita argentino. Ecco perché bisogna vigilare sempre: “La mancata vigilanza rende tiepido il pastore; lo fa distratto, dimentico e persino insofferente; lo seduce con la prospettiva della carriera, la lusinga del denaro e i compromessi con lo spirito del mondo; lo impigrisce, trasformandolo in un funzionario, un chierico di stato preoccupato più di sé, dell’organizzazione e delle strutture, che del vero bene del popolo di Dio”. “Essere pastori”, ha continuato il Papa, “vuol dire disporsi a camminare in mezzo e dietro al gregge, capaci di ascoltare il silenzioso racconto di chi soffre e di sostenere il passo di chi teme di non farcela”.

Rovesciamento della politica bertoniana?

Qualche parola in più sulla chiesa italiana Francesco l’aveva pronunciata prima, quando (rompendo il cerimoniale previsto) aveva preso la parola per salutare e ringraziare il cardinale Bagnasco. Parlando a braccio, Bergoglio ha detto che “il dialogo con le istituzioni culturali, sociali e politiche è un compito vostro. E non è facile”. A prima vista può sembrare un rovesciamento della politica portata avanti da Tarcisio Bertone sotto il pontificato ratzingeriano, in cui si era assistito al progressivo aumento di peso della segreteria di stato a scapito della Conferenza episcopale italiana, soprattutto dopo la sostituzione di Camillo Ruini nel 2007 con Angelo Bagnasco. Una tensione, quella tra la segreteria di Stato e la Cei, che aveva creato frizioni e piccoli incidenti diplomatici spesso dovuti all’attivismo di Bertone.

Una chiesa collegiale e meno verticale

Che Bergoglio ritenga fondamentale il ruolo delle conferenze episcopali non è una novità: da arcivescovo di Buenos Aires ha sempre difeso l’autonomia degli episcopati locali, insistendo sulla necessità di rendere più collegiale e meno verticale la Chiesa. Una posizione che non a caso gli è valsa l’apprezzamento e il plauso dell’ala più progressista del Sacro collegio, come dimostrano le dichiarazioni rilasciate nei mesi scorsi dal cardinale tedesco Walter Kasper contro il “romanocentrismo”.

Papa Francesco ribalta Bertone e ridà potere politico alla Cei di Bagnasco

Papa Francesco ha voluto che il suo primo incontro con i vescovi italiani avvenisse non nell’Aula del Sinodo, bensì nella basilica vaticana, sotto il baldacchino del Bernini. E’ lì che Jorge Bergoglio ha parlato ai “cari fratelli nell’episcopato”: la chiesa italiana (duecentoventi vescovi) guidata dal cardinale Angelo Bagnasco, confermato alla guida della Cei fino alla scadenza del secondo mandato, nel…

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