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Con il Master Ship Repair Agreement firmato ad agosto dalla U.S. Navy e dall’indiana Mazgaon Dock Shipbuilders, Ltd, “entrambe le parti si sono impegnate a promuovere l’affermazione dell’India come centro per la manutenzione e la riparazione dei mezzi della Marina militare statunitense in missione avanzata e di altri aerei e navi”, si legge nel comunicato congiunto dopo l’incontro, in ambito G20, tra i presidenti Joe Biden e Narendra Modi. Ancora, sempre dallo stesso punto-18 del comunicato: “I leader hanno inoltre accolto con favore l’impegno dell’industria statunitense a investire maggiormente nelle capacità e nelle strutture indiane di manutenzione, riparazione e revisione degli aeromobili”.

Ci sono vari passaggi nel testo che indicano quanto valore stia acquisendo la relazione tra Washington e Nuova Delhi, ma probabilmente questo che integra le attività militari (soprattutto navali) americane nel sistema portuale indiano è quello fondamentale. Perché in conclusione rimarca la cooperazione e gli investimenti in programma, che serviranno ad aiutare l’India nello sganciarsi dalla dipendenza delle forniture russe – elemento che mette per ora il Subcontinente in una posizione di impossibile rottura con Mosca. Perché, soprattutto, lo scalo tecnico-operativo permesso nei porti indiani permette alle navi americani di acquisire maggiore efficienza e capacità di azione nell’Indo Pacifico, anche nell’ottica della strategia del sistema Quad (di cui India e Usa sono parte con Giappone e Australia).

Rafforzamento nell’Indo Pacifico

Nei giorni scorsi, in una nota stampa inviata ai giornalisti, il generale Charles Flynn, comandante dell’esercito americano nel Pacifico, ha sottolineato il crescente entusiasmo degli alleati regionali nel partecipare alle esercitazioni multinazionali nell’Indo-Pacifico. Questo aumento della partecipazione riflette il successo della strategia degli Stati Uniti nella regione, ha spiegato, sottolineando che questa volontà di collaborare all’addestramento multinazionale indica il loro apprezzamento per i benefici delle esercitazioni congiunte, che “consentono di imparare gli uni dagli altri”. Chiaramente è un comunicato che segue la narrazione governativa americana, ma è in effetti significativo che aumentino le nazioni che partecipano alle attività di sicurezza americana. Che l’India ora confermi la sua disponibilità nei confronti del Pentagono è un altro elemento da inserire in questo quadro. A maggior ragione se della questione decisa ad agosto se ne ha notizia in ambito G20.

In generale, certe decisioni sono da leggere come una risposta al comportamento assertivo della Cina nell’intera regione, in particolare tra le acque contese del Mar Cinese o dello Stretto di Taiwan, ma anche più in ampio se si considerano le mire sulla Cambogia o le attività in Pakistan. Flynn ha citato il recente completamento dell’esercitazione “Talisman Sabre”, la più grande manovra di sempre, che ha coinvolto 30.000 truppe di 13 nazioni, compresi i partner insulari del Pacifico. Ha anche menzionato l’importante iterazione dell’esercitazione “Super Garuda Shield” in Indonesia, che ha riunito sette nazioni partecipanti e 12 nazioni osservatrici.

Queste esercitazioni fanno parte dell’Operazione Pathways, che comprende oltre 40 esercitazioni congiunte nell’Indo-Pacifico, a sostegno della strategia di deterrenza integrata degli Stati Uniti. Ely Ratner, assistente segretario alla Difesa per gli affari di sicurezza dell’Indo-Pacifico, ha condiviso l’ottimismo sul rafforzamento delle relazioni militari con i Paesi chiave della regione, sul potenziamento della deterrenza e sulla promozione di una “visione libera e aperta dell’Indo-Pacifico”. Ratner ha dichiarato che le relazioni militari-militari degli Stati Uniti tra le Filippine, l’Australia, la Nuova Zelanda, l’Indonesia, il Vietnam e gli altri paesi dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (l’Asean, che si è riunita nei giorni scorsi) “sono più forti di quanto non fossero mai state”. “Il risultato è che ci siamo impegnati in una serie di attività con loro che hanno […] portato a una posizione di forza mobile, resiliente e letale più distribuita nella regione”, ha detto Ratner.

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