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A pochi giorni dal cinquantesimo anniversario della guerra del Kippur, quarta guerra arabo-israeliana combattuta tra il 6 e il 25 ottobre 1973, il Mossad ha annunciato la pubblicazione di un libro con cablogrammi, analisi, fotografie e altri documenti sulla fase che ha preceduto il conflitto. Il volume, intitolato “Un giorno, quando sarà possibile rivelare” conferma che l’agenzia aveva ricevuto informazioni precise e tempestive sull’imminenza di quella guerra dall’agente Angelo, cioè l’egiziano Ashraf Marwan, genero del presidente Gamal Abdel Nasser e poi stretto collaboratore del suo successore, Anwar al-Sadat, morto in circostanze mai chiarite nel 2007 a Londra dopo una caduta dal balcone.

Una delle principali rivelazioni è comunque che, prima di scatenare la guerra, Sadat aveva preso in considerazione anche la possibilità di lanciare solo un attacco di portata limitata. Il suo intento, viene spiegato, era di mettere così in moto un negoziato con cui sperava di riassumere il controllo sull’intero Sinai perduto nella guerra del 1967. Il libro conferma il ruolo attivo dell’allora capo del Mossad, Zvi Zamir, che nell’ottobre 1973 cercò di convincere il governo di Golda Meir della gravità del momento dovendo affrontare pareri diversi dei suoi ministri e dell’intelligence militare, secondo cui le probabilità di un attacco erano “basse”.

“Non dobbiamo dimenticare lo stato di euforia diffusosi in Israele dopo la guerra dei sei giorni e come tutto cambiò il 6 ottobre 1973 quando il Paese si svegliò di fronte ad una realtà totalmente nuova”, ha detto presentando il libro David Barnea, capo del Mossad con riferimento all’attacco simultaneo a sorpresa degli eserciti dell’Egitto e della Siria. Rivolgendosi alla politica, ha consigliato ai leader di guardarsi da ogni forma di arroganza, di mantenere anzi un atteggiamento di “modestia e di senso critico” e di non farsi sfuggire occasioni future di pace. “Non bisogna dimenticare mai quanto sia importante l’unità del Paese per la nostra sopravvivenza”, ha aggiunto.

La sera tra il 4 e il 5 ottobre, Dovi, l’ufficiale che gestiva Marwan, notificò al quartier generale del Mossad che l’Angelo aveva chiesto un incontro immediato “per fornire informazioni di grande importanza… legate ai ‘prodotti chimici’ in suo possesso”. Era la frase in codice, “prodotti chimici”, per avvertire Israele di una potenziale guerra imminente. Nel giro di poche ore, Zamir volò a Londra per incontrare Marwan. Il libro fornisce la trascrizione completa dell’incontro tra i due, come riassunto da Dovi, compresa la conclusione: “C’è il 99% di probabilità che la guerra inizi domani, sabato… e inizierà contemporaneamente sia dagli egiziani che dai siriani”. Zamir telefonò ad Alfred Mini, suo consigliere fidato al Mossad, con un messaggio in codice, che viene decodificato e portato a Meir. La guerra iniziò alle 14 del giorno dopo.

Il libro del Mossad conferma quanto raccontato in un altro libro, “Nome in codice Ulisse” pubblicato dall’ammiraglio Fulvio Martini, che dal 1984 al 1991 è stato direttore del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (Sismi). Negli anni Settanta, racconta Martini, l’Ufficio situazione del Servizio informazioni difesa (Sid) “mise a segno un paio di colpi grossi, che gli assicurarono giustamente una reputazione speciale in ambito Nato”. Tra questi, “un’esatta previsione della guerra del Kippur” e “l’indicazione precisa del mondo in cui si sarebbe svolta”. L’ammiraglio ricorda i suoi viaggi in Israele già nel 1971, quando “avvertii negli ambienti militare un senso di sicurezza che secondo me non aveva molto fondamento”. In particolare nel Servizio informazioni militare, cioè l’Aman.

Martini spiega di aver illustrato il piano egiziano e il ragionamento strategico-politico: “Sadat sapeva perfettamente che un conflitto sarebbe stato immediatamente fermato dalle due superpotenze, gli Stati Uniti in difesa di Israele e l’Unione Sovietica in difesa dei due paesi arabi. Sadat sapeva anche che non avrebbe avuto la possibilità di conquistare Israele e neanche di penetrare in profondità in territorio israeliano, però sapeva che, se al momento dell’intervento delle superpotenze fosse stato in condizione di avere un solo soldato egiziano in armi al di là del Canale, l’orgoglio arabo sarebbe stato in parte ripagato della sconfitta del 1967 e lui sarebbe stato in grado di trattare la restituzione di quello che aveva perso. Il suo obiettivo quindi non era quello di fare una guerra di conquista, ma quello di attraversare il Canale, mettere piede nel Sinai e lì resistere sino a quando le due superpotenze non avessero fermato i combattimenti”.

Nel 1972 Martini si imbarcò di nuovo, al comando del Vittorio Veneto. Era a bordo quando nel 1973 scoppiò la guerra del Kippur. L’anno dopo, tornato a capo dell’Ufficio situazione del Sid, fu invitato, da solo, in Israele per ripetere previsioni e analisi presentate nel 1971. Israele era “sotto shock”. Un anno dopo la commissione Agranat pubblicò un rapporto sugli errori: condanna per i militari, assoluzione per i politici. “Tutto il mondo è Paese”, commenta Ulisse nel suo libro.

La guerra del Kippur, il Mossad e l’ammiraglio Martini

A ridosso del cinquantesimo anniversario del conflitto, l’agenzia israeliana ha pubblicato un volume con cablo, analisi, fotografie e altri documenti che confermano l’intuizione (non ascoltata dalla politica). Già nel 1971 il Sid aveva messo in guardia Tel Aviv, come raccontato da Ulisse

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