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Sei presidenti africani, tra cui quello dell’Unione Africana (UA), il leader comoriano Azali Assoumani, sono in missione in Ucraina e Russia questi giorni per facilitare un dialogo costruttivo tra i due Paesi. Il tentativo di appeasement con Vladimir Putin, l’aggressore, ricorda in parte quello storico (fallito) di Neville Chamberlain, ma è anche fortemente interessato.

Infatti i presidenti di Comore, Repubblica del Congo, Senegal, Sudafrica, Uganda e Zambia vogliono incontrare l’omologo russo a Mosca per discutere innanzitutto dell’accordo sui cereali del Mar Nero. Putin ha minacciato di ritirarsi dall’intesa del grano il prossimo mese. Un’ulteriore complicazione per quei Paesi, i più colpiti dalle dinamiche di insicurezza (alimentare, energetica, economica) conseguenti al conflitto russo in Ucraina.

Più in generale, molti membri dell’UA si sono astenuti dalle risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che condannano l’aggressione russa perché temevano contraccolpi economici e diplomatici. I decisori europei sono preoccupati, perché pensano che questa astensione possa riflettere un implicito orientamento filo-russo tra molti di questi Stati. Ma la situazione è molto più complicata. Le economie africane sono state gravemente colpite dall’inflazione globale, che ha provocato notevoli shock dei prezzi, in particolare per i prodotti alimentari e i fertilizzanti. I Paesi stanno guardando con pragmatismo ai propri interessi.

Tra quello in missione, c’è il Sudafrica, che è l’attenzionato speciale, anche da parte degli Stati Uniti. Pretoria è anche sotto pressione per quanto riguarda il mandato di arresto di Putin da parte della Corte penale internazionale. Il leader russo dovrebbe recarsi a Johannesburg per il vertice dei Brics in agosto e il Sudafrica sarebbe obbligato ad arrestarlo, ma l’amministrazione di Cyril Ramaphosa sta valutando alternative, tra cui la possibilità di trasferire l’incontro in Cina. L’accelerazione dell’iniziativa di pace potrebbe essere parte della risposta a queste percezioni più ampie.

Secondo Alex Veit, Africa policy fellow dell’Ecfr, la nuova iniziativa di mediazione non ha grandi possibilità di ottenere progressi verso i negoziati di pace nel breve o medio termine. “Tuttavia, offre l’opportunità di far dialogare in modo costruttivo i punti di vista ucraino, europeo e africano e di contribuire a preparare il terreno per una struttura di sostegno globale più ampia per eventuali negoziati di pace”.

Tra l’altro, per Veit “una delegazione che contiene l’attuale presidente dell’Unione Africana e i capi di altri sei importanti del continente rappresenta un riconoscimento cruciale del punto di vista dell’Ucraina, spesso assente nelle dichiarazioni di Sudafrica, Uganda e altri Stati partecipanti”.

Anche per tale ragione, gli “europei possono anche offrire consigli e assistenza all’Ucraina nel suo attuale sforzo di costruire relazioni più forti in Africa, dove sta aprendo nuove ambasciate. L’Unione Europea dovrebbe intensificare gli scambi diplomatici con l’Unione Africana sui potenziali percorsi di pace e per mitigare le ricadute economiche della guerra sulle economie africane”.

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