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Costruire un sistema di esportazioni che bypassi il vecchio concetto secondo cui la fame è un problema africano che non si può risolvere, ma lavorare per prendere atto che cibo e conflitti sono geopoliticamente interconnessi. Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha puntato molto sulla progettualità nel suo intervento al vertice Onu sui Sistemi alimentari a Addis Abeba, in Etiopia. Perché il nesso concettuale tra fame, povertà, conflitti, violenza, terrorismo e migrazione forzata è una evidenza ormai oggettiva, che si mescola con le conseguenze politiche ad ampio raggio.

Esportazioni dall’Africa

“I piccoli e medi agricoltori e le loro famiglie sono la spina dorsale dei sistemi agricoli e ambientali. Sono i principali custodi del territorio e devono essere garantiti i mezzi per vivere dignitosamente e con un giusto riconoscimento del loro lavoro. Per questo l’Italia, con la sua rete di istituzioni, imprese e consorzi di tutela, è pronta a fare la sua parte per promuovere l’esportazione delle Indicazioni geografiche africane verso i mercati europei e globali, costruendo reti di promozione e distribuzione”. Questo uno dei passaggi del presidente che ha citato Cicerone, uno dei più importanti filosofi dell’antica Roma secondo cui “di tutte le arti da cui si trae profitto, nessuna è migliore dell’agricoltura, nessuna più redditizia, nessuna più dolce, nessuna più degna di un uomo, e di un uomo libero”. “Migliaia di anni dopo, questo insegnamento è ancora valido e ci indica la via da seguire. Il cibo è un diritto, un’espressione culturale, il pilastro dell’identità e della sovranità di una Nazione. Ma è anche il primo passo per essere veramente liberi, indipendenti e padroni del nostro destino”.

Italia ed Etiopia

L’appuntamento di Addis Abeba è stato organizzato tra Italia ed Etiopia non solo perché i due Paesi sono legati “da un rapporto speciale e da una cooperazione pragmatica”, ma anche perché il governo italiano intende coinvolgere il continente africano come protagonista nelle scelte e nelle azioni della comunità internazionale. A partire dalla sicurezza alimentare, “una sfida di priorità assoluta, nonostante si sia drasticamente ridotta negli ultimi settant’anni, l’insicurezza alimentare globale interessa ancora circa il 10% della popolazione del pianeta”.

Meloni parte dal fatto che in Africa una persona su cinque soffre la fame e non ha accesso a cibo sicuro, nutriente e sufficiente per condurre una vita sana, circostanza su cui si è abbattuta prima la crisi pandemica, poi la guerra di aggressione della Russia all’Ucraina, con quest’ultima che ha “sconvolto i flussi e i processi economici e commerciali, destabilizzato i mercati energetici e alimentato ondate di inflazione, investendo le Nazioni più fragili, soprattutto nel Sud Globale e in Africa”. L’insicurezza alimentare è quindi, a tutti gli effetti, una questione politica. Ma non solo. È anche e soprattutto una questione economica.

Quale insicurezza alimentare

Secondo Meloni sarebbe un errore limitarsi a guardare ai sistemi alimentari con il volto della povertà, della sofferenza, della fame. “I sistemi alimentari sono un motore di crescita e di sviluppo, tanto per le Nazioni più fragili quanto per quelle economicamente più solide. Al centro della nostra azione deve esserci quindi lo sviluppo delle comunità nelle quali scegliamo di concentrare i nostri interventi, perché non basta aiutare quelle comunità a produrre il cibo necessario per sfamare la popolazione ma è necessario anche che quel cibo possa essere commercializzato e avere accesso ai mercati, con filiere produttive e distributive solide e resistenti. Solo così riusciremo a mettere quelle comunità nelle condizioni di prosperare con le risorse che possiedono, generando occupazione e una crescita stabile e duratura”.

In questo senso si muove l’indirizzo programmatico dell’Italia tramite il Piano Mattei, partendo dal settore agro-alimentare, ambito nel quale l’Italia può vantare un know-how unico, che coniuga tradizione e innovazione. “Noi abbiamo messo questo patrimonio a disposizione dei nostri partner africani, e abbiamo costruito insieme a loro dei partenariati pubblico-privati che attraggono investimenti e garantiscono risultati concreti. Come stiamo sperimentando con successo in Algeria, dove stiamo lavorando per recuperare oltre 36 mila ettari di deserto per produrre fino a 40-45 mila tonnellate di cereali e legumi in più all’anno, creando 6 mila posti di lavoro e generando benefici per oltre 600 mila persone”.

Progetti e alleanze

Progetti, iniziative, partenariati che l’Italia ha messo in piedi in Senegal, Ghana e Congo, con l’ambizione di coinvolgere presto anche Costa d’Avorio e Kenya. Uno schema che sta funzionando anche in Tunisia, spiega Meloni, dove Roma sta rafforzando le capacità e le competenze per l’utilizzo dell’acqua, “risorsa attorno alla quale si giocherà sempre di più una sfida anche geopolitica e di sovranità”. Il tutto con un punto di caduta specifico: la “sovranità alimentare”. Per Meloni sovranità alimentare non vuol dire assecondare il processo di standardizzazione nella produzione di cibo, bensì investire nella valorizzazione delle produzioni locali e di qualità. “I piccoli e medi agricoltori e le loro famiglie sono l’ossatura fondamentale dei sistemi agricoli e ambientali”.

Cosa lega cibo e geopolitica. Meloni al vertice Onu

L’Italia ha messo in piedi progetti, iniziative, partenariati in Senegal, Ghana e Congo, con l’ambizione di coinvolgere presto anche Costa d’Avorio e Kenya. Uno schema che sta funzionando anche in Tunisia, spiega Meloni, dove Roma sta rafforzando le capacità e le competenze per l’utilizzo dell’acqua, “risorsa attorno alla quale si giocherà sempre di più una sfida anche geopolitica e di sovranità”

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