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“Viviamo una fase storica accelerata, complessa, ricca di opportunità ma anche, forse soprattutto, densa di pericoli. Sospesi tra guerra e pace”. Con queste parole Giorgia Meloni ha aperto il suo intervento all’80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un incipit che dà la misura di un discorso non solo protocollare, ma concepito come dichiarazione strategica: la scelta di presentare l’Italia come un raro ponte tra Europa e Stati Uniti, in linea con le priorità di Washington ma senza rinunciare a un inquadramento europeo.

Meloni sta cercando di ritagliarsi un ruolo che pochi altri leader europei possono rivendicare: essere un interlocutore affidabile per l’amministrazione Trump e al tempo stesso mantenere credibilità dentro l’Unione Europea. Nei passaggi su Ucraina, Gaza, riforma dell’Onu, migrazioni e transizione verde, la premier ha costruito l’immagine di un’Italia connessa sulle due sponde dell’Atlantico. È una postura che riflette tanto le ambizioni geopolitiche di Roma quanto la strategia personale di Meloni, basata sull’equilibrio fra sovranità nazionale, pragmatismo e solidarietà occidentale.

Sul piano dei contenuti, la premier ha condannato l’aggressione russa all’Ucraina, sottolineando la violazione della Carta delle Nazioni Unite e riaffermando la piena adesione dell’Italia alla linea di Usa e Nato. Ha adottato toni calibrati sulla crisi di Gaza: riconoscimento del diritto di Israele a difendersi, critica alle conseguenze sproporzionate sulla popolazione civile palestinese e sostegno alla prospettiva dei due Stati. Ha rilanciato la necessità di aggiornare le convenzioni internazionali in materia di asilo e migrazioni, con un’enfasi particolare sul contrasto ai trafficanti e sulla difesa della sovranità statale. Infine, ha avvertito contro il rischio di un ambientalismo “insostenibile” che potrebbe condurre l’Europa a una deindustrializzazione prematura, un messaggio in sintonia con la retorica americana ma declinato attraverso le preoccupazioni europee per competitività e tenuta sociale.

La linea di Meloni non è semplice da sostenere. Molti leader europei evitano di avvicinarsi troppo alle posizioni di Donald Trump, temendo di perdere credibilità a Bruxelles. La premier italiana, invece, propone una formula che unisce fermezza nel campo occidentale e difesa dell’autonomia europea: un linguaggio comprensibile a Washington come a Bruxelles. Il palco delle Nazioni Unite le ha offerto visibilità globale per rafforzare l’immagine dell’Italia come cerniera strategica, soprattutto in Africa, sulla sicurezza alimentare e nella finanza per lo sviluppo.

In definitiva, il discorso conferma una linea politica chiara e poco comune nell’attuale panorama europeo: l’Italia come ponte transatlantico, allineata con gli Stati Uniti ma radicata nella legittimità dell’Unione Europea. Una traiettoria delicata, che però offre a Meloni un margine di influenza che pochi altri leader europei oggi possiedono. “Credo sia arrivato il tempo di dimostrare quel coraggio”, ha detto la premier chiudendo il suo intervento, citando San Francesco. Una frase che somma il tono della sfida e della responsabilità al senso politico del discorso di New York.

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