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Poche ore dopo che il commentatore di Fox News Mark Levin si era rivolto a lui chiedendogli di “mettere i chiodi che chiudono la bara del regime iraniano”, Elon Musk ha annunciato di aver attivato la copertura di Starlink su tutto il territorio iraniano. La ratio dietro questa decisione sarebbe, appunto, quella di permettere l’accesso della popolazione persiana ai canali di comunicazione internet-based (social media, ma non solo) per favorire il diffondersi del malcontento nei confronti del regime degli ayatollah, considerato come il responsabile dell’escalation militare con Israele, e dunque die bombardamenti compiuti dalle forze di Tel Aviv contro siti civili e militari in Iran. Una delle prime azioni intraprese dal regime di Teheran in seguito al deflagrare della crisi è stata infatti quella di bloccare l’accesso internet alla popolazione, memore di quanto avvenuto qualche anno fa in occasione delle proteste di massa scoppiate in seguito all’uccisione della studentessa Masha Amini; ripristinando l’accesso alla rete, il patrono di Starlink vorrebbe favorire un replicarsi dello stesso scenario, possibilmente in proporzioni ancora maggiori.

Ma la situazione non è così semplice. Per garantire il funzionamento del sistema Starlink non è sufficiente reindirizzare i satelliti in orbita, ma sono necessari anche apparati di ricezione terrestri che devono essere presenti nel territorio interessato. Quando, in seguito all’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio del 2022, Musk ha garantito a Kyiv l’utilizzo di Starlink per le sue comunicazioni, questi apparecchi terrestri sono stati inviati velocemente e in gran numero in territorio ucraino. Ripetere la stessa cosa in Iran sembra essere, per ovvi motivi, una faccenda molto più complessa.

Ma a prescindere dall’effettiva efficacia che avrà questa decisione, Musk porta a casa una vittoria importante sul piano comunicativo. Non solo nei confronti dell’opinione pubblica occidentale, per la quale cerca di apparire come una sorta di “paladino” delle libertà, ma soprattutto nei confronti del suo oramai apparentemente ex-alleato, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Le dichiarazioni rilasciate dal coinquilino della Casa Bianca immediatamente dopo l’inizio del confronto militare tra lo Stato ebraico e la teocrazia sciita lasciano intendere che Trump non solo non si fosse opposto all’attacco israeliano, ma che anzi fosse favorevole ad esso in quanto coerente con la sua linea d’azione, mirata nel breve termine a costringere Teheran ad accettare un compromesso nei negoziati in corso (anche se l’incontro previsto per oggi a Muscat, in Oman, non si è tenuto a causa dell’evolversi della situazione), covando allo stesso tempo il (poco) segreto desiderio di vedere un giorno collassare il regime teocratico al potere nello Stato turanico.

Mettendo “al servizio della causa” i suoi satelliti, Musk vuole mandare un messaggio al leader statunitense, da cui si è allontanato nelle scorse settimane in seguito all’esplodere di un forte litigio, suggerendogli che al netto delle vicende personali passate rimane sempre disponibile a collaborare per il bene del Paese, o quantomeno della loro partnership? Con tutta probabilità, vedremo nei prossimi giorni quanto Trump apprezzerà quanto fatto dal suo ex-sodale.

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