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Alberto Núñez Feijóo a rischio “deposizione”. Pedro Sánchez con la spada di Damocle dell’alleanza con un latitante. Non è semplice il puzzle spagnolo post elezioni, caratterizzato da uno stallo che si sta incrementando, quanto a densità, col passare dei giorni. Se da un lato il premier uscente incassa l’appoggio del Bng ma senza un assegno in bianco, dall’altro lato Vox punta al governo valenciano senza ombreggiare il Pp, e con un indirizzo di azione anche per il governo nazionale.

Centrodestra

Teoricamente spetta al Pp provare a formare un governo, in virtù della vittoria elettorale: Alberto Núñez Feijóo ha compreso che si gioca il tutto per tutto in questa mano e che, in caso di sconfitta, non avrà una seconda opportunità. Intanto continua nel tentativo di articolare la sua tela politica per arrivare ad un governo che metta fine a quattro anni di sanchismo. Il partito fa sapere che lavora per un’investitura di Feijóo, condividendo un’alleanza strutturale con Vox. La tradizione vuole che il Re Felipe VI consegni il mandato al candidato più votato.

Nel mezzo non si fermano le diatribe e i progetti per le alleanze. Vicente Barrera, vicepresidente e ministro della cultura della Generalitat Valenciana, è il nome scelto da Vox per un governo di coalizione con il Pp, in un’area altamente significativa per le sorti future dell’alleanza di centrodestra. Al momento i vertici dei due partiti hanno scelto un profilo basso, anche per non scoprire le carte in vista degli appuntamenti ufficiali. Tra le righe, emerge l’esigenza di non dare all’esterno l’immagine di poca unità, anche per segnare una discontinuità con le schermaglie che in passato hanno avuto Psoe, Compromís e Unidas Podemos.

Lo zoccolo duro del fronte popolare è sempre più convinto che sia Isabel Ayuso il volto giusto per unire centro e destra: se da un lato farebbe fatica ad attirare le simpatie degli elettori di Vox, dall’altro avrebbe la possibilità di sottrarre i voti centristi al Psoe.

Centrosinistra

Sul fronte sinistro spicca il lavorìo, non più troppo sotterraneo, di Jaume Asens che da Barcellona ha lanciato un ponte in direzione Waterloo, la città belga dove Puigdemont ha vissuto da quando è fuggito dalla giustizia. Non solo Asens, in quanto avvocato specializzato in temi legati ai movimenti sociali alternativi, è stato tra le voci più ascoltate dall’ex presidente in occasione della sua fuga del 2017, ma è di fatto vicinissimo all’universo secessionista, passaggio che lo porta naturalmente a lavorare perché Junts dialoghi col Psoe sulla base di due macro temi come l’indipendentismo e l’amnistia.

Il Blocco Galiziano Bng offre appoggio a Sánchez come ammesso dal deputato Néstor Rego, “disposto a parlare, ma non daremo a nessuno un assegno in bianco”. Pertanto, faciliteranno l’investitura in cambio del “posto nel dibattito la Galizia e gli interessi dei galiziani”, segnando ulteriormente il terreno scivoloso dell’ultra indipendentisimo. “Se dipende da noi, la destra e l’estrema destra non governeranno”, ha insistito Rego.

A questo punto in Spagna si ragiona su una folle ipotesi, che potrebbe innescare anche una sollevazione popolare: l’investitura di Sánchez come nome che possa provare a formare un governo, in virtù di una vittoria incompleta del Pp sulla scorta di deputati che fino a ieri erano convinti di aver ormai perso la possibilità di andare al governo, ma che oggi guardano al modello Ulivo-Arcobaleno di Prodi del 1996 con un unico comune denominatore. Ovvero tutti insieme contro il centrodestra.

Concorrenti e latitanti, tutte le spine spagnole per Feijóo e Sánchez

Il popolare si deve guardare ormai le spalle, sia internamente che esternamente, per la futura leadership. Il socialista sa che può rischiare tantissimo imbarcando Carles Puigdemont, anche a livello giudiziario, ma immagina una sorta di Ulivo-Arcobaleno in stile italiano. Ecco perché la partita iberica è ancora apertissima

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