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In Turchia, Paese che lo ha accolto da giovane agente e da ambasciatore, il commiato di Sir Richard Moore da capo del Secret Intelligence Service. Ankara come saluto, ma anche come simbolo di crocevia della politica internazionale, teatro dove si intrecciano equilibri tra Nato, Mediterraneo, Medio Oriente e Asia Centrale. E, di riflesso, rosa dei venti da cui guardare alle direzioni e alle evoluzioni di un’intelligence britannica che negli ultimi cinque anni ha dovuto ridefinire se stessa.

Moore ha sintetizzato questa traiettoria in una formula: “be more open to stay secret”. Un paradosso solo apparente, quello di aprirsi per rafforzare la segretezza. Tradotto, significa costruire legittimazione sociale e alleanze tecnologiche per proteggere ciò che resta intangibile, gli agenti, le fonti, il mestiere antico dello spionaggio umano, la human intelligence. È la lezione che lascia al suo successore, Blaise Metreweli, finora “Q”, artefice della modernizzazione tecnologica del servizio e ora chiamata a incarnare la nuova “C”.

L’Ucraina e il ritorno della guerra in Europa

L’esperienza di Moore come capo dell’MI6 si è saldata indissolubilmente con l’invasione russa dell’Ucraina. Sin dall’inizio, l’intelligence britannica ha rotto le regole del gioco tradizionale, declassificando informazioni per esporre le menzogne del Cremlino e rafforzare la coesione dell’alleanza occidentale. Una scelta che ha cambiato la percezione della guerra e mostrato la capacità di Londra di giocare d’anticipo.

Moore ha ribadito un giudizio netto: Putin ha “morso più di quanto possa masticare”. Nonostante gli avanzamenti sul campo, la Russia paga un costo insostenibile in vite e in reputazione. La guerra, lungi dal consolidare la potenza russa, ne accelera il declino demografico, economico e militare. La partita non si gioca solo tra Russia e Ucraina. La resilienza di Mosca dipende dai flussi di supporto iraniani, nordcoreani e soprattutto cinesi. Pechino, con i suoi beni dual use e il sostegno diplomatico, resta per Londra il vero fattore sistemico.

Cina, Iran e la ridefinizione delle priorità

Nell’analisi di Moore, la Cina rappresenta il dilemma del XXI secolo. Opportunità e minaccia, partner globale indispensabile ma anche potenza revisionista capace di minare regole e sicurezza economica. L’Iran resta invece una minaccia regionale costante, con l’ombra nucleare e l’uso dei proxy destabilizzanti. Sullo sfondo, il terrorismo si evolve dalle reti centralizzate attraverso un mosaico sparso di attori dispersi, radicalizzati online e pedine solitarie.

Tradizione e modernizzazione

Accanto al fronte geopolitico, Moore ha rivendicato i passi compiuti in casa. Più donne in posizioni di vertice, maggiore rappresentanza etnica. Inclusione non come agenda di immagine, ma come strumento operativo per arricchire la capacità di lettura del mondo.

La modernizzazione ha riguardato soprattutto il rapporto con la tecnologia. Partnership con università, start-up e fondi di investimento hanno permesso al servizio di esplorare campi come il quantistico, l’intelligenza artificiale, la biologia sintetica. Un’intelligence che non si chiude, ma si connette, per restare rilevante in un ecosistema in cui i nemici sfruttano la stessa innovazione. In questo quadro si colloca il lancio di Silent Courier, il nuovo portale nel dark web che consente a chiunque di contattare l’MI6 in sicurezza. Un gesto in apparenza tecnico dalla forte valenza politico-strategica. Un invito diretto a russi delusi, ma anche a chiunque disponga di informazioni rilevanti su terrorismo e intelligence ostile. È la versione digitale di un “portone sempre aperto” che ha segnato la storia del Sis sin dalla Guerra fredda.

L’eredità

Moore lascia un servizio che ha attraversato la tempesta di un mondo tornato alla guerra, adattandosi senza perdere il suo nucleo: l’intelligence umana, la capacità di coltivare agenti e fonti. “Spiare è un’arte antica, ha detto, ma il mondo non ha mai cambiato così in fretta. E noi dobbiamo cambiare con lui”. La sfida passa ora a Blaise Metreweli, chiamata a coniugare tradizione e innovazione in un’epoca di competizione sistemica e rivoluzione tecnologica.

Il futuro. Blaise Metreweli, prima donna alla guida dell’MI6

Dopo i cinque anni di mandato di Sir Moore, dal 1° ottobre Blaise Metreweli sarà la nuova direttrice dell’MI6, prima donna a guidare il servizio dalla sua fondazione nel 1909. Antropologa di Cambridge, 47 anni, con incarichi operativi in Europa e Medio Oriente e un passaggio in MI5, oggi è a capo della divisione tecnologia e innovazione, il “Q” reso celebre dalla saga di James Bond. Con questa nomina, anche l’MI6 raggiunge gli altri pilastri dell’intelligence britannica che hanno già visto donne al vertice: Stella Rimington ed Eliza Manningham-Buller all’MI5 e Anne Keast-Butler al GCHQ dal 2023. Per Londra, Metreweli incarna la trasformazione dell’intelligence chiamata a muoversi tra spionaggio tout court, minacce ibride e competizione tecnologica globale.

MI6, l’ultima lezione di “C”, Sir Richard Moore. Aprirsi per restare segreti

Nel suo ultimo discorso a Istanbul, Richard Moore consegna l’eredità di un MI6 trasformato. Più aperto e tecnologico ma ancorato all’essenza dello spionaggio umano. E affida alla nuova “C”, Blaise Metreweli, il compito di guidare il servizio nell’era della competizione tra potenze e della rivoluzione tecnologica

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