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Il 17 agosto è la prima data cerchiata in rosso dalla politica spagnola. Verrà eletto il presidente del Congresso dei Deputati, carica che ha un preciso peso specifico nel sistema politico spagnolo dal momento che i suoi membri hanno il potere di accogliere o meno leggi e proposte dei gruppi. In sostanza, accelerare o rallentare l’azione parlamentare. Più in generale quella nomina rappresenta l’anticamera al passo successivo, e ben più rilevante, ovvero la formazione del governo. Ecco una ricognizione sullo stato degli attori in causa.

Qui Vox

Iván Espinosa de los Monteros prima di diventare uno dei principali leader di Vox aveva raccolto molti consensi grazie alla sua professione. Il passo indietro dalla formazione nazionalista sottrae potenziale al movimento di Abascal. Un mini terremoto politico, dunque, figlio dell’impasse dopo le elezioni politiche che non hanno consegnato al centrodestra la maggioranza assoluta. Le dimissioni di Monteros precedono l’abbandono di Juan Luis Steegman, numero sei della lista madrilena e che era subentrato a Espinosa. La scossa non è di poco conto, dal momento che viene meno il portavoce parlamentare e al contempo uno dei volti più noti.

Una situazione che dal partito viene definita come una finzione pompata dai media: Ignacio Garriga nega la crisi e accusa i media di diffondere “fiction del terrore”. Per questa ragione il segretario generale getta acqua sul fuoco e definisce il tutto “una campagna di vessazioni e demolizioni”.

Qui Aragona

Se il governo nazionale versa in uno status di impasse, altrove si sperimenta. Dopo una serie di passaggi burocratici, di vertici tra alleati e di triangolazioni madrilene, il leader popolare Azcón con 36 voti a favore e 31 contrari ha prestato giuramento come presidente del primo governo Pp-Vox in Aragona con il sostegno del Partito regionalista aragonese. Si tratta di una primizia assoluta, ovvero l’inclusione di Vox nell’esecutivo e offre la possibilità allo schema ‘destra-centro’ di fare le prove generali di un’alleanza più allargata in chiave nazionale. “Sarà un onore far parte di questo governo”, ha commentato Alejandro Nolasco, il portavoce di Vox in Aragona.

Qui Psoe

La decisione della Corte costituzionale di respingere un ricorso del leader indipendentista catalano Carles Puigdemont contro il suo mandato d’arresto, in un momento in cui i suoi sette deputati sono fondamentali per la formazione di un governo nazionale, sta creando grandi imbarazzi nella coalizione. A ciò si aggiunge una contingenza precisa: in assenza di un impegno a indire un referendum sull’autodeterminazione in Catalogna, i cosiddetti partiti indipendentisti non dovrebbero facilitare l’investitura di Pedro Sánchez, presidente ad interim del governo e candidato alla rielezione del Psoe. La mossa di Anc di fatto apre un altro fronte a sinistra, proprio mentre Sánchez pensava di potersi incuneare nelle difficoltà di Pp e Vox.

I socialisti, scossi dalla spada di Damocle di Puigemont, per la guida del Parlamento provano a coagularsi attorno ad un nome gradito anche a Sumar, Partito nazionalista basco, Esquerra, EH Bildu e il BNG. Nei fatti un mini esercizio per allargare il consenso, una mossa che però potrebbe non essere sufficiente a stemperare il caso giudiziario in corso. Intanto il partito ha annunciato che si appellerà alla Corte Suprema contro la decisione del Consiglio Elettorale Centrale di non rivedere gli oltre trentamila voti nulli registrati a Madrid nelle elezioni del 23 luglio scorso.

Vox

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