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Domani il presidente del Consiglio Giorgia Meloni dovrebbe avere una telefonata con il primo ministro indiano, Narendra Modi, e secondo i rumors che accompagnano questo contatto diplomatico, da Roma arriverà un input a Nuova Delhi. Meloni racconterà a Modi qualcosa sul suo incontro con Volodymyr Zelensky e cercherà di coinvolgere maggiormente l’Indiano sulla guerra russa.

Mediatore perfetto

L’India in effetti potrebbe avere le perfette caratteristiche di un mediatore globale. Attore internazionale che non è esposto su nessuno dei due lati del conflitto, sempre nominalmente distante da entrambi i fronti, anche se — mentre continua ad avere intense relazioni con Mosca — Modi aveva già sfruttato il contesto del vertice della Shanghai Cooperation Organization lo scorso settembre per mandare un segnale chiaro a Vladimir Putin: “Questo non è il momento di fare la guerra. E te ne avevo già parlato al telefono”, disse pubblicamente.

Per sette volte l’India si è astenuta dal voto nelle risoluzioni delle Nazioni Unite che chiedevano alla Russia di cessare le ostilità e ritirarsi dai territori occupati. La scelta di questa neutralità è legata a ragioni pragmatiche: quasi la metà dell’arsenale militare indiano è al momento di fabbricazione russa (ed ex sovietica), e non sarebbe saggio tagliare i ponti con chi ha in mano i pezzi di ricambio dei mezzi. Inoltre la Russia è un fornitore di energia, e il subcontinente è un colosso demografico energivoro. Dall’inizio della guerra gli acquisti di petrolio russo da parte dell’India si sono impennati e nello stesso periodo gli scambi reciproci sono aumentati del 130 per cento: dunque nessuno può accusare l’India di aver isolato la Russia come fatto dall’Occidente. È un “diritto morale” approfittare degli sconti, secondo gli indiani; “morale” riguardo al senso di accountability che gli amministratori devono avere nei confronti delle collettività. L’India è in effetti un Paese che abbina slanci iper-tecnologici a condizioni di sottosviluppo, e distribuire la crescita su tutto il miliardo e mezzo di abitanti è la grandissima sfida per il futuro.

Lo scambio tra partner

Ma per Nuova Delhi, la scelta di rimanere neutrale significa guardare al conflitto ucraino in prospettiva. Modi ha valutato che questo potesse essere il modo per creare (e crearsi) uno “spazio” da poter sfruttare come camera di decompressione e costruirvi un’iniziativa di dialogo e di pace al momento giusto? Meloni ha percepito l’esistenza di questo pensiero, e per questo sin dai tempi del viaggio nella capitale indiana parla dell’opportunità di coinvolgere maggiormente Nuova Delhi in tale senso?. 

“Modi conosce la posizione italiana di pieno sostegno all’Ucraina. Condividiamo l’auspicio che l’India, in qualità di presidente del G20, possa avere un ruolo per facilitare un percorso verso la cessazione delle ostilità e una pace giusta”, aveva detto la presidente del Consiglio italiana dopo il bilaterale con il primo ministro indiano. “Sin dall’inizio del conflitto ucraino, l’India ha detto che la questione si può risolvere solo con dialogo e diplomazia: l’India è prontissima a contribuire a qualsiasi progetto per la pace”, dichiarava Modi dimostrando che dalla partnership strategica usciva un linguaggio molto simile nella narrazione.

L’India non è allineata (e non è la Cina!)

Nuova Delhi ha diverse carte a proprio vantaggio: la prima è la presidenza di turno del G20, utile fluidificante per i meccanismi diplomatici. Poi ha uno standing internazionale individuale da costruire per poterlo abbinare con le ambizioni globali (di potenza economica e dunque geostrategica). Inoltre ha alle spalle una storia di Paese non allineato che le garantisce una forma di terzietà quasi indiscutibile — anche agli occhi di Mosca. Infine c’è la necessità di fare un passo in avanti anche per evitare che sia la Cina, rivale strategico indiano, a tenere in mano il pallino del gioco negoziale e incassarne eventuali dividendi.

Inoltre, se Pechino ha ricevuto un avallo sospettoso da parte di Washington, è molto probabile che un’iniziativa indiana potrebbe lasciare soddisfatti gli americani — che cercano nel subcontinente un fulcro per il bilanciamento strategico nell’Indo Pacifico. Gli Usa ricordano il ruolo di mediatore indiano nella Guerra di Corea nel 1953: fu efficace anche perché inatteso, e gli americani riuscirono a uscire (con successo) da un conflitto rognoso. E Modi ha davanti a sé l’occasione di diversi scambi di vedute personali con Joe Biden: tra pochi giorni il G7 di Hiroshima, poi l’incontro del Quad in Australia e infine (a settembre) il G20 indiano. Volendo i tempi ci sono; tra l’altro anche i top segretari Janet Yellen (Tesoro), Antony Blinken (segretario di Stato) e Gina Raimondo (Commercio) hanno in programma visite indiane (da notare che sono gli stessi che non riescono a organizzare incontri simili in Cina).

Essere un punto di riferimento

Chiaro per poter giocare un ruolo a Kiev serve inevitabilmente la sponda del più solido alleato (gli Usa hanno già fornito dozzine di miliardi di dollari di aiuti militari e non che hanno tenuto in vita l’Ucraina). E però, ci sono anche le parole del ministro degli Esteri indiano, Subrahmanyam Jaishankar, che ha detto: “L’Europa deve uscire dalla mentalità secondo cui i problemi europei sono i problemi del mondo, mentre i problemi del mondo non sono problemi europei”. Un messaggio diretto a Bruxelles (ma con riflesso a Washington) su cui pero l’India può trovare ulteriori spazi.

A Nuova Delhi ci sono posizioni politiche di opposizione che considerano sbagliato limitare il conflitto russo a una questione solo europea, pensandone ai contraccolpi globali. Mediare sulla crisi farebbe di Modi un riferimento del cosiddetto Global South, quello più colpito dagli effetti a cascata dell’invasione russa. Lo stesso ruolo lo sta cercando il leader cinese Xi Jinping, dunque un input in più.

Un lavoro complesso

Non sarà facile tuttavia coinvolgere Modi — che per altro quando parla della situazione in Ucraina usa il termine “crisi”, come il Partito/Stato cinese, rifiutandosi di parlare di guerra a testimonianza di una terzietà anche eccessiva agli occhi occidentali, che non riconosce i ruoli in campo. Finora la riunione a Bengaluru dei ministri delle Finanze del G20, a febbraio, e quella dei ministri degli Esteri del gruppo a Nuova Delhi, all’inizio di marzo, si sono concluse con pochi risultati. Nei comunicati sono stati omessi passaggi critici sulla Russia, avallando la posizione di Mosca e di Pechino — che anche nell’incontro tra leader al Cremlino, a fine marzo, hanno condanno i tentativi di inserimento di “questioni irrilevanti” nelle discussioni multilaterali (sottinteso la guerra in Ucraina al G20). 

Allo stesso tempo, è stato il ministro degli Jaishankar, di fronte ai risultati di queste sue riunioni del G20, a dare un segnale sui tempi, definendo “prematuro”, ma non impossibile, un ruolo da mediatore dell’India tra Russia e Ucraina. D’altronde a Nuova Delhi come altrove si è consapevoli che Kiev è ormai prontissima per la controffensiva e non vi rinuncerà. Parlare di negoziato adesso è quasi inutile. All’Ucraina va concessa l’opportunità di spingere fin dove possibile per riconquistare più territorio possibile. Se sembra cinico, perché questo comporterà altre morti e distruzioni, nella lettura pragmatica della situazione è l’unico modo per poi arrivare a un tavolo.

E ciò significa che i tempi per discussioni più corpose potrebbero arrivare a fine estate, ossia proprio quando il G20 si riunirà in India. E lì Modi potrebbe giocarsi le carte, anche spinto da una fitta serie di importanti Paesi che non apprezzano il ruolo occidentale come mediatore unico, in quanto troppo sbilanciato (tra questi futuri grandi come Indonesia, Sudafrica, Algeria, Bangladesh, Vietnam, Arabia Saudita, Brasile). Sarà in quel momento che Modi — contestato per la contrazione alla democrazia imposta al suo Paese — potrà dimostrare di essere “il leader politico più amato del mondo”, come ha detto Meloni. Intanto, tra pochi giorni, avrà l’occasione di mandare un primo segnale come ospite del G7, quando probabilmente vedrà Zelensky.

Ucraina, perché Meloni pensa a Modi come mediatore

La presidente del Consiglio vorrebbe coinvolgere l’India nella mediazione sulla guerra in Ucraina. Domani chiamerà il primo ministro Modi, ieri ha avvisato il presidente Zelensky: Nuova Delhi ha tutte le carte in regole per essere una potenza mediatrice, ha mantenuto una neutralità reale e al G20 che ospiterà a settembre potrebbero esserci sviluppi

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