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È noto che chi parla molto poco fa; e spesso straparla. Uno dei principali temi in cui si sviluppa questa sgradevole situazione riguarda la tormentata ed annosa disordinata immigrazione che preoccupa chiunque sia dotato di buon senso. Si afferma imperativamente di chiudere le frontiere, come di accogliere senza filtri e senza alcun approccio sistemico. Giorni scorsi il ministro dell’Agricoltura ha gonfiato un pallone grande come una mongolfiera nel sostenere che sarebbero in corso complotti per “sostituzioni etniche” attraverso gli ingressi di immigrati.

Il ministro Lollobrigida farebbe bene ad occuparsi della prossima raccolta dei pomodori ormai vicina, e di tante altre attività che sono penalizzate dalla scarsità di manodopera indigena e straniera invece di perdere tempo in pittoresche congetture. Ma le gaffe le commettono anche coloro che puntualmente alzano i polveroni distorcendo il fenomeno già di per se complicato degli sbarchi favorendoli in ogni modo, coprendosi nel fatto che sarebbero profughi che vengono da guerre, carestie, persecuzioni. Ma non è sempre così; la parte consistente invece è costituita da persone che semplicemente vorrebbero solo raggiungere i loro parenti sparsi in Europa per vivere meglio e giovani attirati dal benessere europeo, come è accaduto alle nostre generazioni giovanili passate che ambivano trasferirsi in l’America del Nord e del sud, in Australia, alcuni Paesi europei più ricchi. I profughi, i perseguitati, gli affamati, molto difficilmente disporrebbero di 8-10 mila dollari da investire per scavalcare le difficoltà formali e di trasporto per pagare di contrabbando avventurieri e mafiosi scafisti.

Penso che al più presto debbano emergere realtà di buona fede e buona volontà che rimettano in fila i punti fondamentali per una strategia di lunga durata. Si sa, l’inverno demografico italiano, persino più accentuato di quello europeo, ci condurrà inesorabilmente a perdere nell’anagrafe più di dieci milioni di persone nel prossimo ventennio. L’Africa, che è nostro vicino di casa, nello stesso periodo quasi raddoppierà i suoi abitanti giungendo a due miliardi di persone. Dobbiamo solo noi italiani (ed europei) che siamo uniti attraverso il corridoio che li collega al vecchio continente, darci una strategia. Il governo, e anche con i leader dell’opposizione e parti sociali, dovrebbe concordare con gli imprenditori italiani i fabbisogni professionali a loro necessari rendendo trasparenti numeri, quantità retributive, ed alloggiamenti, per aprire un confronto con i Paesi di provenienza degli immigrati e definire accordi tra gli Stati per allestire nei luoghi di provenienza formazione professionale per gli interessati ad lavorare nelle imprese italiane.

L’impegno da profonderci dovrà essere almeno come quello impiegato per l’emergenza dei nuovi contratti di fornitura di gas per dismettere quello russo. Sapranno e vorranno i “nostri” occuparsene? Lo dobbiamo chiedere con insistenza non solo perché ormai siamo stanchi di grottesche ed autolesioniste disfide nell’acqua dei catini della politica italiana, ma soprattutto perché pensiamo che bisognerà impaurirsi di quanti nodi stanno venendo al pettine, semplicemente perché non sciolti.

Come combattere l'inverno demografico. L'opinione di Bonanni

L’inverno demografico italiano, persino più accentuato di quello europeo, ci condurrà inesorabilmente a perdere nell’anagrafe più di dieci milioni di persone nel prossimo ventennio. Sapranno e vorranno i “nostri” occuparsene? Lo dobbiamo chiedere con insistenza

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