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L’Ucraina merita l’adesione alla Nato e il rinnovo dell’accordo sul grano potrebbe essere facilitato dalla moral suasion personale verso il Cremlino anche alla voce scambio di prigionieri. Queste le due ciambelle di salvataggio che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, fresco di recente vittoria elettorale, ha lanciato in direzione di Kiev ricevendo ieri Volodymir Zelensky. Una mossa, quella dell’ampia disponibilità turca (a mediare per influenzare) che si inserisce all’interno del lungo gioco di specchi tra Ankara e Mosca, arricchito nel corso dell’ultimo decennio da vari dossier strategici, come gli S-400, le pretese sul gas nel Mediterraneo, le mire sulla Libia, le sanzioni occidentali alla Russia, i contratti con Gazprom e la centrale nucleare costruita da Rosatom.

Spine

Quando Erdogan dice a Zelensky che “una pace giusta non crea perdenti” se dimostra di voler stare sul terreno preferito dal presidente ucraino, al contempo trasuda una certa ingenuità, dal momento che da sempre Mosca ha inteso non aprire un dibattito sul merito territoriale. Per Putin, almeno ufficialmente, non c’è discussione su Crimea e repubbliche separatiste. Per cui se il presidente turco ha scelto quell’epiteto (pace giusta) significa che o è a conoscenza della disponibilità informale putiniana ad aprire un confronto, oppure punta a ritagliarsi un ruolo pro domo sua. Ruolo che comunque dovrà tenere conto di una serie di fattori oggettivi, come le interlocuzioni cinesi, la fase di impegno aperta dal Vaticano con monsignor Zuppi, i rilievi occidentali sul golpe e sulle mosse (manifeste e non) di Prigozhin, l’esigenza di fare davvero i conti su quanto costi la guerra e quanto Mosca incassi dal gas dopo le politiche europee di distacco dalle fonti energetiche russe.

Grano e prigionieri

Quando la Turchia annuncia di sostenere apertamente le aspirazioni di adesione dell’Ucraina alla Nato prova ad anticipare un tema che sarà al centro del prossimo vertice di Vilnius, su cui però in molti hanno espresso dubbi tecnici, dal momento che all’alleanza non può aderire un Paese in guerra, passaggio che ha provocato la reazione soddisfatta di Zelensky (“Sono grato per il sostegno all’integrità territoriale e alla sovranità dell’Ucraina. Formula di pace. Protezione dei nostri Paesi, della nostra gente e dei nostri interessi”).

Che l’Ucraina nei fatti sia diventata l’ultima linea di difesa dell’Europa contro l’aggressione della Russia è un punto su cui tutta l’alleanza atlantica concorda oggettivamente, altro è invece anticipare tempi e modi di un percorso di adesione che ha limiti e perimetri. Ma il cuore dell’interlocuzione tra i due leader si ritrova alla voce grano, non fosse altro perché è tema contingente e non lontano nel tempo, bensì urgente, considerate le ripercussioni su quei paesi già in crisi estrema, come Libano, Libia, Tunisia, che senza quelle derrate andrebbero incontro ad una crisi sociale dagli esiti imprevedibili.

Scenari

Dopo aver visitato in pochi giorni Repubblica Ceca, Slovacchia e Bulgaria in vista di una fase diplomatica da gestire a Vilnius, Zelensky ieri in Turchia ha allargato il discorso proprio al grano, consapevole che si tratta di materia centrale. Lo stesso consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha affermato che il vertice di Vilnius “sarà un momento importante in questo percorso verso l’adesione”, ma che l’Ucraina ha “ulteriori passi da compiere prima dell’adesione alla Nato”.

Per cui nel mezzo ecco ritornare il ruolo di Erdogan che, in sostanza, punta a presentarsi come un mediatore neutrale tra Kiev e Mosca, incrementando le sue relazioni commerciali con Putin, ma al contempo fornendo droni all’Ucraina e annunciando che l’impasse sul grano può essere sbloccata con il parallelo progetto sullo scambio di prigionieri. Ha inoltre assicurato che consiglierà Putin di estendere l’accordo del Mar Nero che scadrà il 17 luglio.

@FDepalo

Cosa significa il sì di Erdogan all'Ucraina nella Nato

Erdogan riceve Zelensky e si candida (ancora una volta) a mediatore, ma non mancano le spine: o è a conoscenza della disponibilità informale putiniana ad aprire un confronto, oppure punta a ritagliarsi un ruolo pro domo sua. Ruolo che comunque dovrà tenere conto di una serie di fattori

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