Skip to main content

Le vicende belliche ucraine hanno reso celeberrimo in tutto il mondo il nome del gruppo Wagner, la più grande Private Military Company della federazione Russa, e quello del suo leader Yevgeny Prigozhin. Prima di arrivare in Ucraina e di guadagnarsi la luce della stragrande maggioranza dei riflettori mediatici la compagnia svolgeva la quasi totalità delle sue operazioni all’interno del continente africano, dal Sudan alla Libia, dal Mali alla Repubblica Centrafricana, arrivando fino al Madagascar. Ma la durezza degli scontri dell’Operazione Militare Speciale ha portato lo ‘Chef di Putin’ a rifocalizzare le sue attenzioni e le sue risorse sull’Europa, lasciando almeno temporaneamente in disparte l’ambizione di ulteriore espansione a sud del Mediterraneo. Tuttavia, le operazioni della Wagner rallentano, a proliferare in Africa sono le compagnie militari private di un altro paese molto attento agli sviluppi economico-politici del continente.

Sin dal suo lancio ufficiale nel Settembre del 2013, la Belt and Road Initiative di Pechino ha destinato moltissime delle sue risorse per finanziare investimenti e infrastrutture nell’area: in totale, circa un terzo degli stati coinvolti nella Nuova Via della Seta sono africani. Strade, ferrovie, sistemi di telecomunicazione e strutture sanitarie sono stati finanziati con le risorse economiche cinesi. Ma questi prestiti rischiano di far cadere il paese contraente dentro alla cosiddetta ‘trappola del debito’, che come risultato li forzerebbe a consegnare la proprietà delle infrastrutture stesse, o il controllo di porzioni di terreno o giacimenti minerari, al governo cinese per fronteggiare la sua insolvenza. E così, assieme ai capitali, Pechino esporta anche lavoratori da impiegare nelle sue nuove proprietà.

Queste dinamiche comportano però dei rischi operativi. Il risentimento verso gli immigrati che sottraggono preziosi posti di lavoro, così come la possibilità di ritorno economico offerte dal rapimento dei suddetti operai da rilasciare previo riscatto, o ancora l’opportunità di mettere le mani su preziose risorse di alto valore, hanno causato il verificarsi di numerosi episodi di violenza ai danni del personale e delle strutture cinesi. L’ultimo episodio di questo genere risale al marzo di quest’anno, quando nove operai cinesi impiegati presso una miniera d’oro nel territorio della Repubblica Centrafricana sono stati uccisi da assalitori sconosciuti in circostanze non ancora ben definite (tra gli accusati di questo atto rientrerebbero anche gli uomini della Wagner); pochi giorni prima, tre operai cinesi erano stati rapiti al confine tra la Repubblica Centrafricana e il Camerun.

Il manifestarsi di simili minacce ha portato alla proliferazione di compagnie di sicurezza private Made in China nel continente africano. Anche se la componente privata si ferma soltanto al nome.

Commentando la questione per VoANews, l’esperto di Cina Paul Nantulya sottolinea come l’apparato statale cinese, secondo quanto previsto dalla legge, debba esercitare un certo grado di controllo su queste compagnie. Non a caso, la quasi totalità dei contractor impiegati proviene dalla struttura militare della Repubblica Popolare. Secondo le stesse dinamiche seguite anche dal Gruppo Wagner nel periodo precedente al dispiegamento in Ucraina.

Ma al contrario della controparte russa, le cui attività si concentravano per la maggior parte nella conduzione di vere e proprie operazioni militari per conto del proprio mecenate, le compagnie di Pechino vengono utilizzate perlopiù per tutelare la sicurezza delle imprese e dei lavoratori cinesi. Anche appoggiandosi ad “attori locali”: non potendo utilizzare per legge qualsivoglia equipaggiamento letale (tranne che in casi specifici, come le missioni anti-pirateria in mare), le compagnie di sicurezza stabiliscono accordi con le milizie ed i gruppi paramilitari per garantirsi la forza deterrente delle armi. Stringendo nel frattempo preziosi legami che potranno risultare utili in futuro. O ancora, le Pmc di Pechino si prestano come “consiglieri militari” alle strutture militari statali, addestrando il personale e fornendo attrezzature, intelligence e servizi di sorveglianza.

Con il destino del gruppo Wagner attualmente sul filo del rasoio, non è da escludere che nel prossimo futuro in Africa si liberino “oceani blu” per le compagnie di contractor cinesi: una ritirata della Russia, mista a una certa incapacità di azione occidentale, rappresenterebbe il mix di propulsione perfetto per l’assalto al Continente. Con tutte le nefaste conseguenze del caso per gli avversari di Pechino.

Il modello Wagner si allarga. Ecco i contractor cinesi che imperversano in Africa

Oltre a Mosca, anche Pechino sfrutta le proprie Private Military Companies per estendere la sua influenza sul continente africano. Ma le metodologie cinesi differiscono da quelle della Wagner. E presto quest’ultima potrebbe essere soppiantata

La Cina ha il fiatone. Goldman Sachs spiega perché

Il mattone non sembra riprendersi dopo tre anni di buio pesto e anche il settore dei servizi non tira come dovrebbe. Per questo gli obiettivi di crescita del 2023 sono già falliti

Cosa cambia con la nuova legge anti spionaggio in Cina

“Finché si rispettano le leggi e i regolamenti, non c’è da preoccuparsi” ha detto la diplomazia di Pechino. Ma la stretta che entra in vigore oggi è un altro tassello nel progetto di Xi di rendere il Partito comunista l’unico narratore autorizzato del Paese. Timori per imprese, giornalisti e ricercatori

Ritorno al nucleare in Italia? Irrealistico e inutile. Bella risponde a Zollino

Di Marco Bella

Visto quello che è successo negli altri paesi europei, in Italia realisticamente prima di 20 anni non si accenderebbe nemmeno una lampadina da nucleare. Lasciamo stare quanto ci vorrebbe per una produzione significativa di energia. Inseguire il sogno nucleare in Italia significherebbe sottrarre fondi alle rinnovabili, che con dei limiti un contributo alla decarbonizzazione lo danno in tempi ragionevoli, e andare avanti nel frattempo con le fonti fossili. Marco Bella, docente alla Sapienza di Scienze biologiche, risponde a Zollino

Valori, tecnologia e sostenibilità. Il programma del Festival della Giustizia

Il programma completo della terza edizione del Festival della Giustizia, che si terrà venerdì 7 luglio nell’aula dei gruppi parlamentari a Montecitorio. Quattro tavole rotonde, in cui gli esperti si confronteranno sui temi più cogenti che riguardano il sistema giudiziario. I saluti istituzionali saranno tenuti dal ministro Nordio

L'IA Generativa sta rivoluzionando il web. E non è per forza una buona notizia

Spam, truffe online, siti poco sicuri, notizie non attendibili e sempre da controverificare. L’avvento delle numerose novità sta cambiando Internet, apportando dei cambiamenti radicali che si portano dietro benefici ma anche tanti rischi e pericoli. Ecco perché l’uomo rimane un punto centrale nella rivoluzione digitale in corso

A Kyiv Burns scopre il piano ucraino per vincere la guerra

Il direttore della Cia si sarebbe recato a Kyiv per sentire i dettagli della strategia ucraina che punta ad arrivare al negoziato. L’assedio della Crimea dopo la vittoria sulla terraferma per esercitare pressione su Mosca

Passa il modello Tunisia, il bilancio di Meloni al Consiglio europeo

Il piano per la Tunisia diventa modello per gli stati membri dell’Ue. Mentre il sito “Politico.eu” sottolinea lo spostamento a destra del baricentro europeo, dopo le elezioni in Italia, Finlandia e Grecia e in vista di quelle spagnole e polacche. Il tutto nella difficoltà evidente dei governi di Francia e Germania

Salario minimo? Uscire dalla cultura dell'anti-produttività. Scrive Bonanni

Volendo, soluzioni efficaci per gli svantaggiati salariali si possono attivare con i tantissimi strumenti con cui si potrebbe agire. E i partiti così tanto intenzionati a sostenere i lavoratori, si potrebbero dedicare ai penosi salari di tutti i lavoratori italiani. Si vuole fare qualcosa? Si riducano le tasse sulle buste paga e si premi fortemente la produttività

Londra vuole una riforma dell'Onu diversa dalla proposta italiana

Italia e Regno Unito lavorano per l’ammodernamento del Consiglio di sicurezza. Ma la prima auspica l’aumento dei membri da 15 a 26 senza nuovi seggi permanenti. Il secondo chiede che India, Giappone, Brasile e Germania si aggiungano i cinque che già hanno potere di veto

×

Iscriviti alla newsletter