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La buona notizia è che il deficit, entro la fine del 2025, scenderà al 3%, aprendo di fatto la strada alla decadenza della procedura di infrazione contro l’Italia. Quella meno buona è che la crescita, almeno fino al 2028 si manterrà al di sotto dell’1%. In mezzo una manovra, la quarta scritta da Giancarlo Giorgetti e dalla sua squadra al Tesoro, che potrebbe arrivare a cubare fino a 36 miliardi, di cui 12 riservati alla Difesa. Si muoverà dentro questo perimetro, definito dal Documento programmatico di finanza pubblica, la prossima finanziaria, forte dei frutti raccolti in questi mesi sui mercati (11 miliardi, circa, i risparmi in termini di minore spesa per interessi sul debito) e presso le agenzie di rating.

E dunque, breve panoramica, deficit al 3% già quest’anno e Pil allo 0,5% nel 2025 e allo 0,7% nel 2026, con un potenziale effetto espansivo di un decimale derivante dalla manovra. Quanto ai pilastri, c’erano e ci sono pochi dubbi: fisco, famiglie e lavoro, con l’incognita però ancora tutta da verificare delle spese per la difesa. La certezza è che l’esecutivo punterà dritto a un taglio di due punti percentuali delle aliquote Irpef (dal 35 al 33%) per i redditi compresi tra i 28 mila e i 50 mila euro l’anno, con la possibilità di allargare lo spettro fino ai redditi di 60 mila euro, che oggi scontano un’aliquota al 43%. Una misura, calcoli dei commercialisti, che dovrebbe cubare fino a 5 miliardi in termini di costo.

Guardando alla gittata della legge di bilancio, come si legge nel testo trasmesso nella notte alle Camere (che hanno già calendarizzato l’esame in Aula per il 9 ottobre), dopo l’approvazione da parte del Consiglio dei ministri, “tenuto conto che la manovra dello scorso anno ha reso strutturali fondamentali misure quali quelle relative alla riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, le missioni internazionali, il rinnovo dei contratti pubblici e ha finanziato, in misura rilevante, il livello del finanziamento del fondo sanitario nazionale e ha previsto la costituzione di fondi per gli investimenti e per la ricostruzione, la manovra 2026-2028 finanzierà interventi per un ammontare medio annuo di circa 0,7 punti percentuali di Pil”, che equivale ad un livello appena superiore ai 16 miliardi di euro. “Concorrerà al finanziamento della manovra – spiega il documento – una combinazione di misure dal lato delle entrate e, per circa il 60 per cento, di interventi sulla spesa; questi ultimi tengono conto dell’andamento del monitoraggio e dei relativi cronoprogrammi di spesa”.

La filosofia della prossima manovra, comunque, è stata indicata dallo stesso Giorgetti nel commento a piè di pagina del Documento entrato ieri in Consiglio dei ministri. E, ovviamente, il filo rosso è sempre la prudenza, condita di sano realismo finanziario. “Confermiamo la linea di ferma e prudente responsabilità che tiene conto della necessità della tenuta della finanza pubblica nel rispetto delle nuove regole europee e delle imprescindibili tutele a favore della crescita economica e sociale dei lavoratori e delle famiglie. Attenzione poi al capitolo Difesa, particolarmente delicato nei mesi in cui l’Europa va verso un generale riarmo, ampliando i budget dei Paesi membri, a cominciare dalla Germania.

Il Documento, in questo senso, conteggia già anche un eventuale incremento del Pil da destinare alla difesa, nel caso in cui venga ufficializzata l’uscita dalla procedura per deficit eccessivo, poc’anzi citata: lo 0,15% del Pil nel 2026, che salirebbe allo 0,3% nel 2027 e allo 0,5 nel 2028, per un totale di circa 11-12 miliardi nel triennio 2026-28. Un crescendo di spesa che però “dovrà essere graduale, onde garantire una coerenza con lo sviluppo dell’offerta nazionale e non spiazzare altre componenti di spesa con un impatto significativo sulla crescita potenziale del Paese e sul benessere dei cittadini”, ha tenuto a precisare Giorgetti. D’altronde, “l’Italia, pur avendo già espresso l’interesse a ricorrere allo strumento finanziario europeo Safe, ritiene necessario effettuare ulteriori approfondimenti sul più ampio tema delle capacità di difesa e sulle compatibilità finanziarie prima di decidere se avvalersi della clausola di salvaguardia nazionale. Ciò anche per non compromettere il consolidamento fiscale”.

Fronte sanità, la prossima manovra dovrebbe portare in dote anche gli aumenti per i dipendenti pubblici. Particolarmente atteso quello per il comparto sanitario: 581.148 dipendenti della sanità potranno invece contare su un incremento medio mensile di 172 euro per 13 mensilità. I dipendenti delle funzioni centrali (6mila dipendenti) vedranno un incremento medio mensile di 558 euro al mese per 13 mensilità. I Per il comparto della presidenza del Consiglio dei ministri, riguardante quasi 1800 unità di personale, viene riconosciuto un incremento medio mensile di 168 euro per 13 mensilità.

Meno Pil ma conti in ordine. Verso la quarta manovra di Giorgetti e Meloni

Il Documento programmatico di finanza pubblica appena trasmesso al Parlamento porta in dote una cubatura di circa 36 miliardi, i cui baricentri saranno essenzialmente un aumento graduale della spesa militare, deficit permettendo, e il taglio dell’Irpef al ceto medio. Ma ci sarà anche spazio per la salute. Unico neo, un Pil sotto l’1% per i prossimi tre anni

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