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Il Trans-Himalaya Forum for International Cooperation, svoltosi nella città di Nyingchi e organizzato dal governo di Pechino, non è stata soltanto una kermesse atta a discutere di questioni economiche, securitarie e sociali della regione himalayana, ma bensì un’occasione per rafforzare i contatti della Repubblica Popolare Cinese con diversi attori dell’Asia Centrale. Nonostante la mancata partecipazione dell’India di Narendra Modi (assente per una querelle in corso con Pechino riguardo ad alcune dispute territoriali nel Tibet meridionale), a Nyinghci si sono presentate le delegazioni di paesi come Mongolia, Pakistan, Nepal, e anche Afghanistan.

Alla testa della delegazione del regime talebano c’era il plenipotenziario degli Esteri Amir Khan Muttaqi, che a latere dell’evento ha avuto un breve scambio bilaterale con il suo omologo cinese Wang Yi. Il terrorismo è stato il tema principe della conversazione tra i due esponenti politici, conversazione in cui, secondo un comunicato del ministero degli Esteri di Kabul, Muttaqi ha sottolineato come il suo governo “abbia profuso molti sforzi per combattere il terrorismo, e consideri le minacce alla sicurezza contro la Cina come una sfida alla sicurezza afghana. Non permetteremo che in Afghanistan si svolgano attività che possano danneggiare la sicurezza e la stabilità della Cina”, fornendo poi una “garanzia effettiva” sulla sicurezza dei cittadini cinesi in Afghanistan senza però approfondire sulla questione.

Non è la prima volta che Kabul si espone direttamente contro la minaccia terroristica, ancora presente nel Paese nonostante la presa del potere da parte dei taliban; organizzazioni come Isis-Khorasan (la succursale centroasiatica del gruppo Stato Islamico) o anche singoli gruppi di resistenza al regime talebano portano avanti campagne terroristiche contro obiettivi civili e militari in tutto l’Afghanistan. Tuttavia, non vi era mai stato un riferimento diretto alla minaccia terroristica durante un’interfaccia con la leadership cinese.

Un tema che però ha il suo peso. Dalla presa del potere dei taliban più di due anni fa si sono verificati diversi attacchi contro cittadini di Pechino in territorio afghano. Cinque cittadini cinesi sono rimasti feriti a dicembre quando un hotel di proprietà cinese a Kabul è stato bombardato da esponenti dello Stato Islamico. Un mese dopo, l’edificio del Ministero degli Esteri afghano è stato attaccato mentre una delegazione diplomatica cinese stava tenendo dei colloqui al suo interno. Rispondendo a Muttaqi, Wang ha espresso la speranza che l’Afghanistan continui a combattere il terrorismo e “elimini completamente le forze terroristiche del Movimento islamico del Turkestan orientale” con sede in Afghanistan. Il gruppo a cui si riferisce il diplomatico cinese è un’organizzazione separatista uigura proveniente dalla regione cinese dello Xinjiang che mira a creare uno Stato islamico indipendente nell’area dell’Asia centrale. È stato inserito dalle Nazioni Unite nell’elenco dei gruppi terroristici, e Pechino lo ha accusato di compiere attentati in Cina.

In un momento successivo, Wang ha affermato che la Cina spera di poter svolgere un ruolo più costruttivo negli affari internazionali e ha ribadito l’impegno a non interferire nelle questioni interne dell’Afghanistan, aggiungendo che in quanto vicini trans-himalayani, i due Paesi dovrebbero rafforzare ulteriormente la cooperazione, promuovere la protezione dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile e migliorare i mezzi di sussistenza della popolazione dell’area. “Vorremmo continuare ad aiutare l’Afghanistan a sviluppare le relazioni con i suoi vicini e a integrarsi meglio nella cooperazione economica regionale” prosegue il ministro cinese. Sebbene Pechino non abbia riconosciuto ufficialmente il governo talebano, la Cina è uno dei pochi Paesi (insieme a Pakistan e Russia) ad aver mantenuto una presenza diplomatica in Afghanistan dopo la presa del potere da parte dei Talebani nell’agosto 2021.

Cercando di mantenere così una situazione di vantaggio rispetto all’avversario statunitense, che ha stabilito un primo contatto diplomatico ufficiale con il regime talebano solo nel luglio di quest’anno. Le parole di Wang lasciano intuire che l’Afghanistan possa giocare un ruolo all’interno della grand strategy cinese, magari entrando a far parte della Nuova Via della Seta: strumento per eccellenza per sviluppare le forme di cooperazione auspicate durante l’incontro, ma anche per creare un legame tanto forte quanto non paritario tra il paese centro-asiatico e il Dragone.

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