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Tre mesi fa Pechino aveva preso l’impegno a rinegoziare migliaia di prestiti concessi negli ultimi due decenni ai Paesi in via di sviluppo. I quali, in mancanza di finanze pubbliche adeguate e crescita degna di questo nome, non hanno mai avuto altra possibilità se non indebitarsi con le economie più avanzate per realizzare le infrastrutture più basilari. Per questo un intero continente, l’Africa, è finito nelle mani del Dragone, le cui banche hanno finanziato i Paesi ipotecando come più volte raccontato da questa testata il loro stesso futuro.

Una situazione diventata nel tempo insostenibile e che aveva spinto la stessa Cina a intavolare un confronto con gli altri due grandi creditori globali, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale. Il colpo di spugna sul debito dei Paesi poveri (di cui si parlerà peraltro al G7 giapponese di questi giorni), pareva questione di settimane. Invece, da tre mesi a questa parte, è calato un velo scuro. Pechino, in altre parole, non ha dato seguito alle sue intenzioni.

La verità sullo stato dell’arte è arrivata proprio da chi a quel tavolo, in seno al G20, si è seduto, seppur per poco tempo: la Banca mondiale. La quale, per bocca del presidente David Malpass (che tra qualche settimana lascerà il posto ad Ajay Banga, candidato degli Stati Uniti e presidente di Exor), ha chiaramente detto che in materia di debito la Repubblica popolare ha fatto poco o nulla. “Da parte della Cina, il governo afferma di lavorare per mitigare il debito dei Paesi poveri ma la verità è che tutto è ancora in fase di stallo per quanto riguarda i progressi”.

“Onestamente è tutto molto frustrante”, ha attaccato Malpass. Per il quale “il più grande creditore sovrano dei Paesi poveri, non ha ancora concretizzato l’intenzione di essere disposta a subire perdite sui prestiti concessi. Stiamo cercando e sperando nei progressi indebitati di Zambia ed Etiopia ma anche Ghana. La Banca mondiale ha fatto la sua parte, avviando le rinegoziazioni dei debiti. La Cina no”.

Sulla questione del debito dell’Africa maturato con la Cina è intervenuto, recentemente, anche l’Ispi, l’Istituto per gli studi politici internazionali. Chiarendo un punto: la Cina ha sì prestato fior di miliardi al Continente, ma solo o quasi per interesse personale e geopolitico. Per azzannare le economie emergenti e mettergli, se possibile, un cappio al collo. “Buona parte degli studi e delle analisi sulle modalità con cui la Cina contribuisce allo sviluppo concordano sul fatto che la mole di miliardi di dollari erogati dalla Cina in Africa abbia servito principalmente gli interessi geopolitici e geoeconomici della Cina stessa”.

​Così la Cina non mantiene la promessa sul debito dei Paesi poveri

Solo tre mesi fa il Dragone aveva fatto intendere di essere disposta a rinegoziare i prestiti concessi alle economie più fragili​, unitamente a Banca mondiale e Fmi. Ma mentre questi ultimi hanno fatto passi in avanti, Pechino è rimasta ferma

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