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Il nuovo j’accuse dalla Francia sul tema migranti, la ministra spagnola Yolanda Diaz che “attacca” il decreto Lavoro. La linea del premier Giorgia Meloni è quella del low profile. “Hanno qualche problema interno di consenso e se la prendono con noi, ma non mi ci voglio infilare”, ha detto il primo ministro. L’impressione è che, comunque, il governo viva la sindrome dell’accerchiamento parecchio rischiosa in questa fase specie perché – anche con l’avvicinarsi della scadenza elettorale delle Europee – occorre trovare il giusto equilibrio tra la dialettica interna e la coesione europea. Specie per preservare il ruolo strategico dell’Ue. “Sui problemi interni in Francia Meloni ha ragione, ma occorre uscire dalla sindrome dell’accerchiamento”. La pensa così Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto affari internazionali.

È comprensibile che questo governo viva in qualche modo questa sindrome. Lei sostiene che però questa postura non porti a grossi risultati. Come uscirne?

Certamente questo governo è stato molto “attenzionato” in particolare all’indomani delle elezioni sia sul fronte interno che sul fronte internazionale. Un primo forte elemento di rassicurazione è stato il posizionamento convinto a sostegno dell’Ucraina. Ma, evidentemente, non è abbastanza. Il punto è che occorre chiedersi quali sono i benefici della sindrome da accerchiamento. A ben guardare, nessuno.

Se le esternazioni di Diaz sono state fortemente ridimensionate dal plauso – al governo – del ministro degli Esteri spagnolo a Washington, dalla Francia gli attacchi sono frequenti. 

Il dossier che riguarda i flussi migratori è sempre stato molto “caldo” e oggetto di attriti con la Francia. Ma questo già prima dell’affermazione dell’attuale governo. Tra l’altro, ribadisco, i problemi di consenso interno del governo francese sono evidenti. Su questo Meloni ha ragione. Il caso spagnolo è invece diverso, tanto più che Vox, il partito di destra, è in forte calo.

Come mantenere coesa l’Unione, anche in chiave strategica, in vista delle Europee, con questi presupposti?

Se Meloni riuscirà nell’impresa di creare l’asse tra Ppe ed Ecr la compagine dell’attuale governance europea subirà ragionevolmente diversi cambiamenti. Ma se non ci dovesse riuscire, l’Italia correrebbe il rischio di trovarsi in un gruppo minoritario e con un ruolo fortemente ridimensionato. In questo caso – tornando alla prima questione – la sindrome dell’accerchiamento rischierebbe di trasformarsi in un’eterogenesi dei fini. La coesione va mantenuta senz’altro, ma sui dossier principali – dalla decarbonizzazione all’industria – l’Italia deve essere più incisiva nei negozianti per tentare di preservare l’interesse nazionale, benché il Paese sconti una fragilità strutturale non indifferente.

Nell’ipotesi di un’affermazione dell’area conservatrice si profila, in Europa, un’alternanza dopo il lungo periodo di grandi coalizioni. Che effetti potrà avere sulle istituzioni europee?

È difficile prevedere quello che sarà, anche perché molto dipende dalle forze in campo. Resto abbastanza convinta che sia poco probabile avere una compagine di governo europeo marcatamente conservatrice e tanto meno marcatamente socialista. Tanto, per la parte conservatrice, dipenderà da cosa succederà in Polonia. Anche nell’ipotesi di un asse tra Ppe ed Ecr, si dovrà ragionare in maniera più ampia. Insomma sono portata a pensare che assisteremo a un’altra coalizione allargata, magari con proporzioni e soggetti diversi. Poi, se sarà consociativismo o bipolarismo lo valuteremo a seguito delle elezioni.

 

 

Giorgia Meloni, l’Europa e la sindrome dell’accerchiamento. Parla Nathalie Tocci

Con l’avvicinarsi della scadenza elettorale delle Europee, la sfida è cercare di mantenere – al di là della dialettica interna – un’Unione coesa anche in chiave strategica. Dopo le critiche di Francia e Spagna, il premier italiano sceglie la strada della non belligeranza. Nathalie Tocci, direttrice dell’Istituto Affari Internazionali, a Formiche.net: “La coesione va mantenuta, ma sui dossier principali l’Italia deve essere più incisiva per tentare di preservare l’interesse nazionale, benché il Paese sconti una fragilità strutturale non indifferente”

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