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Quale sorte per il Donbass? Questa sembra essere al momento la tematica centrale nelle discussioni tra Ucraina e Stati Uniti riguardo ad una possibile soluzione negoziale al conflitto ancora in corso. Da un lato ci sono i piani del presidente statunitense Donald Trump, che vorrebbe un ritiro delle forze ucraine dall’area, che diverrebbe una “zona cuscinetto neutrale e demilitarizzata” (ma riconosciuta ufficialmente a livello internazionale come parte della Federazione Russa) nella visione id Mosca, o una “Zona di libero scambio” in quella di Washington; dall’altro la volontà di Volodymyr Zelensky e della leadership ucraina in generale (a partire dal comandante in capo delle forze di Kyiv Oleg Syrsky) di non cedere facilmente questo lembo di terra, spingendo per fermare i combattimenti lungo l’attuale linea del fronte, o quantomeno cercando un compromesso accettabile per l’Ucraina.

Come, ad esempio, delle garanzie di sicurezza concrete da parte statunitense. “È probabilmente lecito chiedersi: se una parte si ritira da un luogo, come [gli Stati Uniti] vogliono dall’Ucraina, perché l’altra parte in guerra non si ritira della stessa distanza nella direzione opposta? Tutto questo lascia ancora molte domande senza risposta”, ha dichiarato Zelensky. “Non è scontato che noi, come Ucraina, accetteremo questo, ma quando ci si parla di compromesso, bisogna offrire un compromesso equo”. Trump si è dichiarato favorevole nel garantire la sicurezza dell’Ucraina, ma non ha fornito ulteriori dettagli al riguardo.

Inoltre, sebbene abbia preso in considerazione l’opzione di un ritiro delle truppe e di una rinuncia ai territori, Zelensky ha sottolineato che secondo la costituzione ucraina il presidente non ha la facoltà di decidere in merito alla cessione di territori, evocando la possibilità di un referendum per fare decidere alla popolazione ucraina sul destino degli oblasti interessati.

Tempistiche che sembrano sforare nettamente quelle in cui sembrano sperare i negoziatori americani, ed in primis l’inviato speciale del presidente Usa Steve Witkoff, il quale starebbe spingendo con la leadership ucraina per arrivare ad un accordo sulla proposta di pace entro le festività natalizie.

La “Fortezza Donbass” rallenta dunque anche le trattative, oltre che l’avanzata russa. Nonostante la continua pressione esercitata nell’area, le truppe del Cremlino sembrano avanzare molto lentamente nel settore costellato da “città fortificate” come Kostantinyvka, Kramatorsk, Slovyansk e Pokrovsk. Quest’ultima città è al momento il punto focale degli scontri, con l’esercito di Mosca che è entrato nella città e ne reclama il controllo, reclamo contestato però dagli ucraini, che affermano che ancora i combattimenti sono in corso.

Nel frattempo, Kyiv continua a coordinarsi con l’Europa. Durante una riunione online tenutasi nella giornata di ieri, Zelensky ha dialogato con il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente francese Emmanuel Macron e il primo ministro britannico Sir Keir Starmer sul tema delle sanzioni e sui progressi compiuti nella mobilitazione dei beni congelati della Russia, ottenendo rassicurazioni sul futuro sostegno finanziario allo sforzo bellico da parte dell’Europa.

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