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Era il 1997. L’anno della Bicamerale sulle riforme istituzionali presieduta da Massimo D’Alema. Fu allora che Silvio Berlusconi “si rese conto che il suo partito aveva bisogno di politici di professione per dargli una struttura e un’articolazione più definita”. Fabrizio Cicchitto, ex parlamentare e già capogruppo del Pdl nella XVI legislatura, a poche ore dalla scomparsa del fondatore di Forza Italia, ha nitido questo ricordo che consegna a Formiche.net.

Erano gli anni immediatamente successivi alla sua discesa in campo nel ’94. Una sorta di epopea. Come arrivò a Berlusconi?

Berlusconi in quel periodo prese coscienza del fatto che il suo partito,Forza Italia, era molto forte sotto il profilo elettorale ma era sostanzialmente privo di una struttura che ne costituisse la dirigenza. Per cui, iniziò a guardarsi indietro: verso i dirigenti politici della prima Repubblica, attingendo fra gli ex democristiani, gli ex liberali e gli ex socialisti. Proprio nell’ambito della Bicamerale, quando si rese conto dell’accordo tra D’Alema e Fini che avrebbe finito per strozzarlo, mi chiese di impegnarmi per portargli in Forza Italia degli ex dirigenti del Psi. Alla fine arrivarono, tra gli altri, anche Renato Brunetta e Maurizio Sacconi.

Un uomo a cavallo tra a Prima e la Seconda Repubblica. 

Lui ebbe senz’altro il grande merito di riuscire a costruire una rete di televisioni private, durante la prima repubblica, creando un’alternativa al “Partito Rai”. E di questo glie ne va dato atto senz’altro. In questo fu senz’altro aiutato da Bettino Craxi, al quale lo accumunava l’essere un battitore libero in un certo senso. Poi scoppiò Mani Pulite. E, nello sconquasso che portò alla fine dei partito della Prima Repubblica, Berlusconi intravide uno spazio politico enorme. Che decise, poi, di occupare a partire dal 1994 anche a dispetto di coloro che gli sconsigliarono la discesa in politica.

Lei ha citato l’inchiesta milanese ma, a proposito della procura di Milano, Silvio Berlusconi è stato oggetto di diversi procedimenti giudiziari nel corso della sua trentennale carriera politica. 

Lui ha pagato in prima persona il suo impegno politico, declinato anche in chiave di argine contro certa magistratura. Solo una persona con il suo coraggio, il suo temperamento e le sue disponibilità finanziarie ha potuto reggere una tempesta giudiziaria di quella portata. Un vero e proprio bombardamento.

Probabilmente per tratteggiare l’eredità politica di Berlusconi serverebbe un trattato di politica. Ma, secondo lei, quale fu il vero merito del cavaliere?

Ciò per cui verrà ricordato è senz’altro l’aver aggregato, per la prima volta, il suo partito con la Lega e l’allora Alleanza Nazionale. Lui fu davvero il fautore del centrodestra e colui che inaugurò di fatto un’altra stagione politica all’insegna di un bipolarismo “atipico”.

Come vede, alla luce della scomparsa del grande leader, il futuro del partito?

Il futuro di Forza Italia è davvero difficile da prevedere in questa fase. Bisognerà vedere se prevarrà, anche in vista delle Europee del prossimo anno, la parte razionale o quella irrazionale. Mi immagino una guida del partito a metà tra la conduzione della famiglia e quella del vicepremier Antonio Tajani. Il punto è capire quanto elettorato il partito sarà in grado di catalizzare, al di là del leader.

Berlusconi e lo sguardo alla Prima Repubblica per costruire FI. Il racconto di Cicchitto

Dopo la discesa in campo, il partito del Cavaliere era alla ricerca di persone attraverso cui strutturarsi. E così il fondatore di Forza Italia “pescò” a piene mani tra gli esponenti del (fu) pentapartito, tra cui il Psi. Intervista a Fabrizio Cicchitto, ex parlamentare e già capogruppo del Pdl nella XVI legislatura

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