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Ho già avuto modo di spiegare su Formiche.net, il 22 agosto, perché considero il caso Vannacci un pericolosissimo precedente per la democrazia italiana.

Quello di dare licenza ai militari in servizio di entrare a gamba tesa nel dibattito politico, come avviene unicamente nelle repubbliche delle banane o in quelle islamiche.

Precedente che, se non stigmatizzato sia da destra che da sinistra, potrà giustificare un giorno, ad esempio, un generale musulmano che inneggi pubblicamente all’adozione della sharia in Italia.

Pericoloso precedente per la democrazia

Se non ci fossero i rischi derivanti dalla creazione di un pericoloso precedente per la nostra democrazia, e della inevitabile emulazione che alberga nel mondo militare, la migliore risposta al libro di Vannacci, sarebbe il silenzio.

Perché ogni critica ne aumenta giornalmente il consenso personale in larghe frange della popolazione. Non solo di destra. Che dimentica la scarsa originalità di un libro che non é altro che la strizzatina d’occhio al governo attuale, di un ex comandante dei reparti speciali che, per altre ragioni, dovendosi occupare di carte geografiche, aveva ben capito che la sua carriera militare era terminata.  E che, con la sua pubblicazione, si è assicurato un futuro politico a breve termine. Seguendo il cattivo esempio di alcuni magistrati che, dopo essere stati censurati dal loro mondo professionale per i propri eccessi, si sono costruiti una nuova vita come “Partigiani della Costituzione”.

Ritorno invece a scrivere del generale Vannacci, “Partigiano della normalità”, che ha dimostrato carente conoscenza e rispetto della Costituzione, come ben spiegato da Mario Rusciano sul Corriere del Mezzogiorno il 27 agosto, per fare una considerazione che non mi pare aver letto sinora nei numerosi commenti di questo agosto italiano.

Il dibattito sul “Vannacci traditore del suo giuramento”, o del “Vannacci Eroe che ha il coraggio di scrivere ciò che tanti pensano”, è sinora stato incentrato sul suo insindacabile diritto, per alcuni, e sull’inopportunità, per altri, di manifestare liberamente il proprio pensiero, ai sensi dell’art. 21 della Costituzione, anche su questioni così controverse, che fanno parte del dibattito politico nazionale ed europeo.

Nessuna censura esiste in Italia. Esiste lo stato di diritto.

Sia chi lo difende che chi lo accusa, non ha però osservato che Vannacci non ha subito alcuna censura, e che nessun limite è stato quindi posto alla sua libera e pubblica manifestazione del pensiero. Perché questa censura non esiste. In un Paese ed in un’Europa in cui esiste lo stato di diritto, e dove chiunque può pubblicare su Amazon un libro e comunicare liberamente sul web. A differenza di Paesi, come la Russia di Putin, dove i dissidenti fanno la fine del comandante di Wagner, alla quale Vannacci, dopo essere stato addetto militare presso l’Ambasciata d’Italia a Mosca, oltre che alla destra italiana, strizza l’occhio nel suo libro. Inquetando per tali strizzatine d’occhio, che non sono del libero pensatore Roberto Vannacci, ma dell’ex comandante dei reparti speciali italiani ancora in servizio, ben più che per i suoi riferimenti di genere, razziali e di “diritto all’odio”, il Governo, il Ministero degli Esteri, i nostri Stati maggiori e la Nato.

La prova del fatto che nessuna censura esiste in Italia, è data dalla semplice constatazione che Vannacci ha liberamente pubblicato il suo libro, ne sta vendendo decine di migliaia di copie, e continua a commentarlo liberamente, rivolgendosi, pubblicamente, persino al Ministro della Difesa ed al Capo supremo delle Forze Armate, il Presidente della Repubblica.

E vogliamo quindi parlare di limiti alla libertà di manifestazione del pensiero in Italia?

Manifestando liberamente e pubblicamente il suo pensiero, ha scelto di violare il suo giuramento

Vannacci ed i suoi sostenitori, compresi alcuni alti gradi delle Forze Armate in congedo (ed è questa la cosa che più mi lascia sconcertato) sembrano ignorare, dimenticare, o fare finta di dimenticare due cose.

Innanzitutto, che Vannacci, generale in servizio, ha giurato fedeltà alla Repubblica Italiana ed osservanza della Costituzione (che contiene molti altri articoli, oltre al 21, i quali sanciscono diritti altrui, che Vannacci deve rispettare e tutelare, e doveri, che Vannacci deve adempiere) e delle leggi (comprese quelle che non piacciono a Vannacci o ai suoi sostenitori). E che ha giurato anche  “di adempiere, con disciplina ed onore”, a tutti i doveri del suo stato di ufficiale generale, non solo “per la difesa della Patria”, ma anche “per la salvaguardia delle libere istituzioni”.

Poi, ed è cosa che nessuno mi sembra abbia sinora ricordato, che la libera manifestazione di pensiero non costituisce alcun tipo di salvacondotto o immunità per chi, compresi i giornalisti, attraverso la propria libera manifestazione del pensiero, commetta un reato (come ad esempio la diffamazione, la calunnia, la divulgazione di notizie riservate, ecc.), o un illecito disciplinare. In altri termini, libertà di parola non possono mai diventare parole in libertà delle quali non ci si assuma la responsabilità.

Non c’è dubbio quindi, a mio avviso, che Vannacci non sia stato privato da nessuno del suo diritto di libera manifestazione del pensiero. Se non dalla legge, che lui ha deliberatamente scelto di non rispettare. Perché, da quanto mi costa, non ha neppure chiesto l’autorizzazione alla propria gerarchia per la pubblicazione del libro, del quale continua a parlare liberamente in pubblico. Assumendosene coscentemente le conseguenze.

Come non c’è dubbio, sempre a mio avviso, che abbia palesemente violato, attraverso questa sua scelta, diverse norme, anche di carattere costituzionale. Ma, soprattutto, ha violato il proprio giuramento di “adempiere, con disciplina ed onore, tutti i doveri del suo stato” di generale di divisione in servizio nell’Esercito Italiano.  Paese membro dell’alleanza Atlantica e dell’Unione europea, al quale ha creato indubbi problemi, nel più difficile momento storico del Secondo Dopoguerra.

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