Skip to main content

I prossimi dieci anni saranno decisivi per la competizione geostrategica tra superpotenze, una gara che si deciderà in particolare sul campo della tecnologia e della ricerca scientifica anche nel campo della Difesa. Mantenere il vantaggio competitivo in questi campi, infatti, sarà l’elemento-chiave alla base della deterrenza e, di conseguenza, della sicurezza globale. A dirlo è il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che ha rilasciato di recente la propria Strategia nazionale per la scienza e la tecnologia della Difesa. Un documento nel quale il Pentagono ha raccolto le sue priorità e obiettivi in vista delle crescenti instabilità a livello globale. Già nella National security strategy e nella National defense strategy, Washington aveva registrato che “l’accelerazione del progresso tecnologico e dell’innovazione sono elementi-chiave per garantire la sicurezza nazionale a lungo termine” e che gli Stati Uniti “devono prendere provvedimenti per preservare la leadership e contrastare i concorrenti che hanno preso di mira direttamente questo vantaggio”.

Investire per la nuova era

Del profondo legame che sempre di più lega Difesa e tecnologia ha infatti parlato anche la sottosegretario della Difesa per la Ricerca e l’ingegneria nell’amministrazione Usa, Heidi Shyu, in occasione della sua visita a Roma. “Ci stiamo affacciando in una nuova era strategica – ha detto Shyu – nel corso della quale dobbiamo assicurarci di investire i giusti fondi nello sviluppo tecnologico in una visione di lungo periodo”. Come sottolineato dal sottosegretario americano, dunque, l’obiettivo delle istituzioni, Pentagono in primis, “è quello di assicurare alle forze armate le tecnologie necessarie ad operare, è questo include l’allocazione di investimenti in diverse aree tecnologie essenziali”.

Fare leva sui privati

Biotecnologie, scienze quantistiche, materiali innovativi, network integrati, IA, spazio, interfaccia umano-macchina, energia diretta, ipersonica, sono solo alcune delle aree principali di indagine identificate dalla Strategia Usa. Nei prossimi anni, infatti, le sfide non solo aumenteranno, ma diventeranno più complesse, “i cambiamenti intervenuto nel mercato commerciale hanno alterato le dinamiche per chi crea conoscenza e strumenti all’avanguardia per le Forze armate e il modo con cui gli Stati hanno accesso a queste”. Per questo, recita la nuova strategia, il Pentagono dovrà essere più proattivo nella collaborazione con il settore privato, investendo sulle tecnologie emergenti prima che lo possano fare gli avversari. Per affrontare la sfida, allora, il Pentagono intende “fare leva sui vantaggi asimmetrici americani: lo spirito imprenditoriale, il sistema generativo di idee e di tecnologia diverso e plurale, capace di fornire creatività, innovazione e adattamento senza eguali”. Per questo il legame con le industrie private sarà essenziale, creando un vero e proprio binomio Difesa-industria capace di affrontare e superare le sfide del prossimo futuro.

Le collaborazioni tecnologiche Usa

Le imprese americane, del resto, non sono rimaste indietro, e si moltiplicano le iniziative congiunte con cui le grandi aziende della Difesa a stelle e strisce collaborano con realtà più piccole all’avanguardia dell’innovazione per sviluppare strumenti e soluzioni tecnologici avveniristici. Ne sono esempi la partnership tra L3Harris Technologies and BigBear.ai per integrare i sistemi predittivi sensoristici di quest’ultima con i sistemi di controllo autonomi per i vascelli unmanned (veri e propri droni navali); oppure la collaborazione tra Northrop Grumman e Shield AI per realizzare il nuovo drone per lo Us Army che dovrà rimpiazzare il RQ-7B Shadow. Sempre Shield AI collabora anche con Boeing per esplorare nuove capacità nel campo IA sui programmi di difesa. Lockheed Martin, invece, attraverso la sua campagna di investimento lanciata nel 2007, Lockheed Martin Ventures, ha messo a disposizione un fondo permanente di duecento milioni di dollari, investendo in oltre 35 aziende in tutto il mondo che stanno sviluppando tecnologie all’avanguardia che definiranno il futuro dell’industria della difesa.

Un modello per l’Italia?

Tutto questo potrebbe essere un elemento di riflessione importante anche per il nostro Paese, ovviamente al netto delle particolarità dei diversi ecosistemi industriali. Tuttavia, anche l’Italia è caratterizzata da alcune grandi imprese-campione nel settore della Difesa, alle quali si aggiungono però un elevatissimo numero di piccole e medie imprese e start up ad alto valore innovativo che, se inserite in una rete di collaborazioni, potrebbero fornire all’industria nazionale quel vantaggio competitivo descritto nelle strategie nazionali Usa. In particolare, il nostro Paese può vantare un protagonismo internazionale di rilievo (con Leonardo e Fincantieri al nono e tredicesimo posto a livello mondiale per ricavi nel 2022) e, soprattutto se si guarda allo spazio europeo, assicurarsi una posizione di leadership tecnologica in determinati settori potrebbe sicuramente avvantaggiare il comparto nazionale anche nei programmi congiunti a livello sia Ue, sia internazionale.

La ricetta Usa per innovare la Difesa. Un modello per l’Italia?

Per gli Usa, la competizione strategica globale si deciderà sulle nuove tecnologie. Per mantenere il vantaggio competitivo, essenziale sarà la collaborazione con l’industria. In particolare, le partnership tra grandi imprese e Pmi e start up innovative potrebbe rivelarsi decisivo per accelerare lo sviluppo di soluzioni all’avanguardia. Una lezione preziosa anche per l’Italia…

Perché Modi è il leader che le isole del Pacifico vogliono

Le isole del Pacifico vedono nel premier indiano un punto di riferimento terzo nel crescente confronto globale tra Cina e Stati Uniti che sta toccando anche quei piccoli Paesi e la loro porzione di mondo

Un ambientalismo sfidante e per questo pragmatico. Il commento di Medugno

L’Ambiente in Costituzione non può essere (solo) inteso come elemento da “bilanciare” con l’attività economica privata. L’ambientalismo deve diventare “ragione” per fare delle politiche “attive”. Meri timori potranno impedire l’ammodernamento tecnologico di impianti produttivi? Pensiamo all’enorme cantiere del Pnrr che ci apprestiamo a “non” far partire, dilaniati tra ragioni contingenti e filosofie diverse. L’intervento di Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta

Stiamo tornando al Pliocene? Perché l'Italia è più vulnerabile ai cambiamenti climatici

I livelli di CO2 sono ora paragonabili al Pliocene Climatic Optimum, tra 4,1 e 4,5 milioni di anni fa. Nel Pliocene la pianura padana era sott’acqua. Adesso siamo sulla Terra 8 miliardi di persone, abitiamo le pianure e le zone costiere. Forse non sarebbe male ridurre, o almeno rallentare, la crescita della CO2 in atmosfera. E adattare i nostri territori al clima che cambia. L’analisi di Corrado Clini, già ministro dell’Ambiente

Pechino sfila l'Asia centrale (e Vladivostok) a Putin. Ecco le conseguenze

Il vertice di Xi’an con le cinque repubbliche dell’Asia centrale in cui Xi Jinping ha promesso protezione contro le “interferenze esterne”, l’apertura del porto di Vladivostock alla Cina per contrastare l’isolamento dalla guerra. Due segnali che Mosca sta perdendo il controllo sia a Est che a Ovest. Ma ora si apre un bivio storico per Pechino. L’analisi di Francesco Sisci per SettimanaNews

Per Savona, la mente delle persone è il vero campo di battaglia

Geopolitica dell’ Infosfera è il tema della lezione che Paolo Savona ha tenuto al Master di Intelligence dell’Università della Calabria, diretto da Mario Caligiuri

Dal Giappone all'Emilia Romagna, la solidarietà di Meloni alle popolazioni alluvionate

Il premier dopo aver lasciato in anticipo il vertice di Hiroshima, atterra nelle zone colpite dalle inondazioni per fare il punto della situazione. E vede Bonaccini

Il clima, l'alluvione in Emilia-Romagna e noi. La riflessione di Becchetti

Il negazionismo è una forma di rimozione ma anche una forma di disperazione ed una resa. Noi non contiamo e comunque non è possibile far niente. Invece non è assolutamente così e la buona notizia è che il mercato, nonostante le sciocchezze che si sentono in giro, ha già deciso

Come voi, amici miei. La leadership secondo Gianluca Giansante

Di Gianluca Giansante

Pubblichiamo un estratto del libro Leadership. Teorie, tecniche, buone pratiche e falsi miti (Carocci editore), di Gianluca Giansante

Perché l'abuso d'ufficio andrebbe depenalizzato. La versione dell'avv. Landi

In maggioranza ci sono due sensibilità: chi vorrebbe abolire il reato di abuso d’ufficio e chi invece è per una revisione. Numericamente i procedimenti che arrivano a processo (e a sentenza) sono pochissimi, ma spesso creano un danno d’immagine agli amministratori. Forse, la via più efficace è quella della depenalizzazione. Lo sostiene l’avvocato Manfredi Landi di Chiavenna

×

Iscriviti alla newsletter