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Non solo infrastrutture, vax diplomacy e prestiti bancari. La strategia cinese di penetrazione nel costone balcanico ha assunto, nel tempo, anche sembianze di chiara matrice energetica, contribuendo a rendere il Dragone principale player esterno nell’area. Anche per questa ragione Italia e Croazia stanno valutando di realizzare un parco eolico offshore da 300 MW nel nord Adriatico. Di fatto, dietro questa mossa, si può leggere una risposta geopolitica alle mire cinesi, con la possibilità che aziende americane investano in quel fazzoletto di acque adriatiche diventate strategiche.

Qui Adratico

L’Unione europea, attraverso il fondo Connecting European Facility, sta cofinanziando gli studi preliminari (condotti dalla compagnia croata Ina) del progetto che sorgerebbe tra Pola e Ravenna: in caso di esito positivo, i lavori verrebbero avviati nel 2026 e la sua operatività nel 2029.

Le valutazioni consisteranno in un’analisi tecnica, finanziaria, commerciale: non solo l’impatto ambientale e sociale, ma l’interconnessione eolica tra Italia e Croazia porterebbe in grembo una serie di opportunità del potenziale progetto CB RES, (Cross-Border Renewable Energy), legate alle domande di mercato per l’energia elettrica e l’andamento dei prezzi dell’elettricità. La cooperazione tra i due paesi aggiungerebbe densità all’attenzione (anche geopolitica) che il governo Meloni sta dedicando costantemente ai Paesi dell’area balcanica.

Qui Ionio

Non c’è solo l’alto Adriatico ad accendere gli interessi industriali e politici, ma una delle aree maggiormente attenzionate è la Puglia. Una delle iniziative più rilevanti è quella che riguarda Plenitude (gruppo Eni) e Simply Blue Group che hanno progettato “Messapia”, parco eolico a 30 chilometri dalla costa di Otranto con una capacità complessiva di 1,3 Gw e potrà fornire annualmente una produzione di energia di circa 3,8 Terawattora. Inoltre è in pancia anche il progetto Krimisa, al largo della costa di Crotone, con una capacità complessiva di 1,1 GW.

Da segnalare anche “Lupiae Maris”, un altro parco offshore fra Brindisi e Lecce curato da una joint venture italo-svizzera che potrebbe costruire 35 turbine per una potenza complessiva di 525 megawatt. Dinanzi al porto di Taranto è operativo il parco eolico di “Renexia” che fa capo al gruppo Toto con dieci turbine da 3 megawatt che assicurato una produzione annua di energia elettrica di oltre 58 Gwh.

Oltre la Bri

Che l’interesse cinese per il costone balcanico e per l’intera area adriatica rappresenti un preciso obiettivo del governo Xi è cosa nota sin da prima della distensione muscolare della strategia legata alla Via della Seta. Le relazioni diplomatiche tra Pechino e Zagabria sono datate 1992, ma risale al 2017 il primo progetto significativo tra i due paesi. Si tratta del ponte Pelješac nel sud della Croazia, finanziato per l’85% dall’Ue e affidato alla China Road and Bridge Corporation (CRBC) di proprietà statale cinese per 340 milioni di dollari. Non è un mistero che l’infrastruttura fosse rilevante per gli interessi cinesi, dal momento che sarebbero state coinvolte altre società cinesi per ulteriori gare d’appalto future, con l’obiettivo conclamato di penetrare nel mercato europeo.

Alla voce costruzioni vanno citati il progetto affidato a China Energy Engineering Group Jiangsu Power Design Institute e Sumec Complete Equipment and Engineering per realizzare a Fiume un impianto di trattamento delle acque reflue: 7 milioni di dollari, cofinanziato al 71% dall’Ue; l’iniziativa della cinese Norinco che ha scalato la croata Energija Projekt per 35 milioni di dollari, consentendole di costruire e gestire il parco eolico di Senj; la partecipazione al 76% di una società di investitori cinesi nel porto di Zara.

Un parco eolico nell'Adriatico. La mossa Italia-Croazia anti Dragone

Dietro la decisione di Roma e Zagabria di realizzare un parco eolico si cela la risposta geopolitica alle mire cinesi nel settore energetico, che Pechino intende usare come clava di penetrazione nel costone balcanico (oltre alla Via della Seta). La cooperazione tra i due Paesi aggiungerebbe densità all’attenzione che il governo Meloni sta dedicando costantemente all’area balcanica

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