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“Stiamo vivendo un tempo preso in prestito”: fanno venire i brividi le parole del direttore generale della Agenzia per l’energia atomica delle Nazioni Unite, Rafael Grossi, che ha nuovamente lanciato l’allarme per la sicurezza dei sei reattori della centrale nucleare ucraina di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa. Il tempo dell’umanità sembra essersi invece già esaurito sui fronti di Bakmut, Avdiivka e Marinka le tre città assediate dall’armata russa, dove negli ultimi sette giorni si sono susseguiti gli assalti dei mezzi corazzati di Mosca e il martellamento delle artiglierie, che le hanno ridotte ad un cumulo di rovine.

Epicentro di un massacro paragonabile a quelli delle battaglie della seconda guerra mondiale a Bakhmut, secondo il ministero della Difesa britannico, le truppe ucraine sono state costrette a effettuare “ritiri ordinati” dalle posizioni che occupavano, ma continuano a resistere. Dalla strategia alla tecnologia, la guerra scatenata dalla Russia di Putin contro l’Ucraina si è trasformata in un invisibile ed indefinibile campo di battaglia dell’intelligence. Una nebulosa globale, all’interno della quale gli apparati spesso diventano strumenti dei loro stessi strumenti.

Secondo The Economist, dai Pentagon Papers sul Vietnam, pubblicati negli anni 70 sul New York Times e sul Washington Post, alle rivelazioni nel 2010 dei dispacci diplomatici da parte di WikiLeaks; dal caso di Edward Snowden nel 2013, alla divulgazione dei sistemi di hacking della Nsa e della Cia nel 2016 e 2017 ed, ora, la diffusione di rapporti di intelligence sulla piattaforma Usa per viodeogiochi Discord, le fughe di notizie che caratterizzano ciclicamente le democrazie occidentali determinano effetti non del tutto, o completamente, gravi e controproducenti.

Al netto dei dubbi che persistono sulla eventualità che possa trattarsi di una sofisticata operazione volta a cogliere reazioni, valutazioni, input e contesti a Mosca e Pechino, l’analisi del settimanale britannico prospetta l’eventualità che alla lunga quelle che vengono classificate come “fughe di notizie” migliorino, correggano e rafforzino il sistema di intelligence dei paesi democratici. Le agenzie di intelligence dei Five Eyes – America, Australia, Gran Bretagna, Canada e Nuova Zelanda – della Nato e dell’Europa, la Nsa degli Stati Uniti e il Gchq della Gran Bretagna, che operano nell’ambito di istituzioni democratiche e parlamentari e di società aperte, non chiuse o peggio totalitarie, adeguano infatti di volta in volta simultaneamente parametri e sistemi di verifica, imparando da errori, omissioni e dalla continua evoluzione tecnologica in atto.

Sull’impatto dell’intelligence in relazione alla guerra in Ucraina e alle tensioni per Taiwan si sono soffermati il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e il suo omologo cinese, Qin Gang, in un vertice svoltosi a Samarcanda, in Uzbekistan. Mentre oltre alla cyber security, il premier inglese, Rishi Sunak ed il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskiy, hanno fatto il punto della situazione in una conversazione telefonica e “discusso gli sforzi per accelerare il sostegno militare all’Ucraina”.

Da Washington, a Londra, all’Europa, la preannunciata visita della settimana entrante in Russia del ministro della Difesa cinese, Li Shangfu, fa temere che, nonostante le assicurazioni ufficiali, Pechino possa avviare la fornitura di armamenti a Mosca, sempre più in difficoltà anche per quanto riguarda numeri e qualità degli organici delle forze armate. L’arruolamento via mail sul popolare portale governativo Gosuslugi, in pratica una nuova mobilitazione decisa dal Cremlino, più ampia e capillare della precedente , starebbe provocando tensioni e proteste in molte città russe.

Secondo il Washington Post, la guerra in Ucraina ha letteralmente decimato le truppe di eccellenza degli Spetsnaz, i reparti speciali, e ci vorranno almeno tre quattro anni per ricostruirle. Gli analisti inglesi hanno calcolato che durante la recente battaglia per Vuhledar, nell’oblast di Donetsk, i russi abbiano subito la perdita di un notevole numero di carri armati, distrutti dalle mine TM-62 usate dalle forze ucraine. Le pesanti sconfitte e le gravi e progressive perdite militari basteranno per schiantare il colosso dai piedi d’argilla della Russia? Non del tutto: l’intelligence e la tecnologia possono ancora fare la differenza, rispondono gli esperti di strategie militari.

The Economist riporta che Microsoft Defender Threat Intelligence e gli altri apparati che monitorano la sicurezza di Internet e delle reti informatiche, hanno avvertito che il Gru, il Direttorato per le informazioni militari, onnipresente apparato dei servizi segreti delle Forze armate russe, si stava “preparando per una rinnovata campagna distruttiva”, inclusa la ricognizione contro obiettivi importanti con un massiccio dispiegamento di malware “wiper”, che distruggno i dati.

The Economist sottolinea inoltre come il think tank britannico International Institute for Strategic Studies prevedesse la programmazione da parte degli hacker russi di attacchi informatici intensificati contro obiettivi energetici, idrici e logistici in parallelo con attacchi di droni e missili sulle infrastrutture energetiche ucraine. Dal bene al male, la lotta fra democrazia e regimi dittatoriali si è spostata ora soprattutto sul piano dell’evoluzione tecnologica e dell’intelligence. Secondo l’ analisi ricorrentemente avveratasi, dello storico e scrittore inglese del ‘700 Edward Gibbon, “il progresso del dispotismo tende a deludere il suo stesso scopo”.

La guerra della cyber intelligence fra Kiev e Mosca

Dalla strategia alla tecnologia, la guerra scatenata dalla Russia di Putin contro l’Ucraina si è trasformata in un invisibile ed indefinibile campo di battaglia dell’intelligence. Una nebulosa globale, all’interno della quale gli apparati spesso diventano strumenti dei loro stessi strumenti. L’analisi di Gianfranco D’Anna

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