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Cosa è oggi Matteo Renzi se non un leader politico ibrido? Un simbolo in carne e ossa della società digitale che è tale proprio perché ha svuotato di senso e di efficacia quei compartimenti a stagno che fino all’altrieri funzionavano a meraviglia, mentre, al contrario, oggi uno dopo l’altro saltano come i tappi a Capodanno, quando pensiamo di traslocarli in una dimensione digitale. Sempre più pervasiva e dilagante.

In questa tumultuosa mutazione genetica degli ambienti sociali l’informazione e la politica avevano già subito una significativa evoluzione, o se preferiamo, una involuzione a seconda delle lenti di osservazione che scegliamo di inforcare, la prima verso l’infotainment, la seconda vestendo i panni del politainment.

In tutti i due casi, l’informazione e la politica non erano più solo e tanto cronaca o rappresentanza istituzionale, ma al tempo stesso, si aprivano a nuove forme di racconto e di espressione precedentemente tenute a debita distanza.

La scelta di Matteo Renzi di essere contemporaneamente non solo un leader politico di un partito, che ha fondato e che esiste fino a quando lui stesso lo guida, senatore della Repubblica e da qualche giorno anche direttore editoriale di un giornale, con una edizione cartacea e digitale, potrebbe essere quel naturale sviluppo di ciò che in un futuro prossimo considereremo una prassi assolutamente normale.

È maturo il tempo della “infopolitainment”, ovvero di una trasversalità che unisce e fonda in un unicum la funzione dell’informazione con la dimensione dell’intrattenimento e, a loro volta, queste due con quella politico-istituzionale. Ecco quindi che il leader politico che presidia l’età ibrida, una dimensione “dove il rapporto uomo-macchina non sarà più una semplice co-abitazione ma una vera e propria co-evoluzione”, per dirla con le parole di Ayesha Khanna e Parag Khanna, e che ha l’ambizione di governarne il dibattito pubblico per strappare agli avversari quote crescenti di attenzione digitale, non potrà che essere un leader ibrido, necessariamente coerente con la società in cui vive.

Così come lo è stato, al tempo dei media mainstreaming, Silvio Berlusconi, primo vero leader del politainment.

Il senatore Renzi che prende possesso della direzione de’ il Riformista e che conserva intatto il suo impegno politico, porta a compimento questo processo di fusione dei ruoli, anzi determina l’abbattimento di quelle sacre barriere, ci cui è piena la storia parlamentare italiana, monarchica e repubblicana, che imponevano ai giornalisti ai politici tutti gli sconfinamenti possibili nei rispettivi campi svestendo però la maglia di appartenenza prima di indossare quella della nuova militanza. Se nella società digitale, come ricorda Luciano Floridi, professore di Filosofia ed Etica dell’Informazione all’università di Oxford, ha più senso definire la nostra vita senza più confini tra online e offline, tra la sfera digitale e quella analogica, allora assume un portato diverso anche la scelta di Renzi di dilatare gli ambiti di esercizio della leadership.

Quanto durerà l’esperienza di un politico alla guida del quotidiano di Alfredo Romeo è difficile pronosticarlo, mentre non è complicato ipotizzare che la strada aperta da Renzi, quella di leader politico ibrido, presto o tardi sarà seguita da altri. Alla conduzione di un talk televisivo, del Festival di Sanremo o commentando la finale di Champions League.

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Quanto durerà l’esperienza di un politico alla guida del quotidiano di Alfredo Romeo è difficile pronosticarlo, mentre non è complicato ipotizzare che la strada aperta da Renzi, quella di leader politico ibrido, presto o tardi sarà seguita da altri. L’analisi di Domenico Giordano

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