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Sei mesi di acqua sotto i ponti e per il governo di Giorgia Meloni è tempo di un primo bilancio. L’occasione è il primo Documento di economia e finanza, l’impalcatura della prossima manovra di bilancio e primo vero check up delle finanze italiane. Ma ci sono anche l’agognata nuova sforbiciata al cuneo fiscale, passando per la riforma tributaria (ci vorranno due anni, sempre che il Parlamento produca un riassetto degno di questo nome), fino ad arrivare alla riduzione del debito, la cui traiettoria dovrebbe essere discendente già dai prossimi mesi.

Un pagella, però, già c’è: quella dei mercati. Da quando il primo premier donna della storia italiana ha preso le redini, lo spread tra Btp e Bund è sceso su per giù del 20% mentre la Borsa ha guadagnato un po’ meno del 30%, dopo aver perso circa 130 miliardi di capitalizzazione nel solo 2022. Una buona notizia se si calcola che, Def per un momento alla mano, nel 2023 gli interessi sul debito tricolore scenderanno sì a 74,67 miliardi di euro, ma poi nel 2024 si impenneranno a 86,21 miliardi, nel 2025 a 91,28 miliardi e infine nel 2026 sfonderanno la soglia dei 100 miliardi. I mercati sembrano aver alzato il pollice. Ma le cose stanno davvero così? Formiche.net ne ha parlato con Alberto Quadrio Curzio, economista e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei.

LA FIDUCIA DEI MERCATI

“Siamo in quella situazione in cui i mercati, che per l’Italia hanno un’importanza non certo banale, continuano ad osservare con una sospensione di giudizio, il comportamento del governo”, premette Quadrio Curzio. “Da una parte gli investitori hanno constatato il fatto che al momento non sono state commesse imprudenze da parte del governo: il Def lo dimostra, proseguendo sul tracciato di quelli precedenti. Oggi lo spread oscilla intorno ai 180 punti base, il che è accettabile. E non dimentichiamo che Standard&Poor’s ha appena confermato la tripla B per l’Italia. Però questi non sono giudizi conclusivi, bensì dei giudizi di attesa. Come a dire, se poi il governo non porta a casa gli investimenti del Pnrr, allora il vento cambia. Non dimentichiamoci che nei prossimi anni, come dice lo stesso Def, il costo del debito è destinato a salire. Ed è per questo che non si può sbagliare sul Pnrr”.

UN (BUON) DEF. MA…

Tornando al Documento di economia e finanza, l’economista entra nel merito. “Ci sono delle promesse che non condivido. Tra queste l’ipotesi del fondo sovrano nazionale (proposto dal premier Meloni in una recente intervista a MF-Milano Finanza, con l’obiettivo di finanziare le imprese, anche con soldi privati, ndr). Il risparmio degli italiani è nelle banche e lì deve rimanere, perché gli istituti comprano titoli di Stato con i soldi degli italiani e voler sovvertire questa circolazione un po’ mi preoccupa. Detto questo, il Def mi pare nel complesso prudente e in linea con i suoi predecessori. Tuttavia non dobbiamo impedire alle banche, come avviene oggi, di comprare titoli di Stato italiani, attraverso la costituzione del poc’anzi citato fondo”.

TRA PNRR E MES

E il Pnrr? Qui secondo Quadrio Curzio, c’è da fare un po’ di chirurgia, agendo sul timing. “A breve arriverà la terza rata, da 19 miliardi. Ma i progetti sospesi e non ancora attuati sono molti, lo ha sottolineato anche la Corte dei conti. L’esecutivo vuole negoziare una proroga delle scadenze, io personalmente sono d’accordo: non è una concessione all’Italia, bensì un prolungamento erga omnes, che farebbe bene a tutti. La scadenza al 2026 è troppo vicina, serve almeno un allungo fino al 2030. Ma c’è un problema politico, serve l’unanimità, e temo che non si riesca a trovare, sappiamo come vanno le cose in Europa quando c’è da mettersi tutti d’accordo”.

Di una cosa è certo Quadrio Curzio. Guai a rifare dichiarazioni del tipo che non useremo tutte le risorse, insomma parte di esse, è un messaggio sbagliato. “Vorrei concludere con questa considerazione: il continuare a opporsi alla firma per la ratifica del Trattato del Mes, piuttosto che dare all’Italia maggiore potere contrattuale, finirà per danneggiarla. Perché la priva di un fondo utile in caso di crisi bancarie, che è stato approvato da tutti. Firmare il Mes non vuol dire usare il Mes. E qualcuno dovrebbe rammentare che non si può chiedere qualcosa senza dare nulla in cambio”.

Mercati, Pnrr e Mes. I sei mesi di Giorgia Meloni visti da Quadrio Curzio

L’economista e presidente emerito dell’Accademia dei Lincei promuove la prudenza dell’esecutivo, che ha ottenuto un attestato di fiducia, non scontato, dai mercati. Adesso però occorre fare attenzione al Pnrr, negoziando con l’Europa un allungamento delle scadenze insieme a tutti i Paesi membri. E nel mentre, Palazzo Chigi dovrebbe ratificare il Mes

 

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