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L’esigenza di rafforzare le strutture preposte alla sicurezza nazionale “c’è, ma bisogna essere prudenti nel cercare soluzioni imitando altri Paesi, che hanno ordinamenti giuridici e tradizioni amministrative completamente diverse”. Lo sostiene il prefetto Alessandro Pansa, dal 2013 al 2016 capo della Polizia e direttore generale della Pubblica sicurezza, dal 2016 al 2018 direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), dal 2019 presidente di Sparkle, operatore globale del gruppo Tim. Questa intervista si inserisce all’interno del dibattito avviato da Formiche.net.

L’Italia ha bisogno di nuovi strumenti per far fronte alle nuove necessità di sicurezza nazionale?

Tutti gli strumenti che servono a definire, da un punto di vista strategico e in parte tattico, i temi che attengono alla sicurezza nazionale sono già previsti nella riforma dell’intelligence di 16 anni fa, tramite la legge 124 del 2007. Infatti, con quella legge è stato istituto il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (Cisr), dove siedono, presieduti dal presidente del Consiglio, l’Autorità delegata per la sicurezza se istituita e i ministri degli Esteri, dell’Interno, della Difesa, della Giustizia, dell’Economia, dello Sviluppo economico e della Transizione ecologica. È su quel tavolo che vengono analizzate le problematiche e viene stabilita la strategia globale per la sicurezza nazionale che il nostro Paese deve seguire.

C’è anche il Cisr tecnico. Come funziona?

Il direttore generale del Dis presiede il Cisr tecnico, composta da tutti i capi gabinetto dei ministeri Cisr e possono essere convocati tutti coloro che, a seconda delle tematiche trattate, sono ritenuti utili per le loro competenze, come i capi di stato maggiore, i direttori dei dipartimenti ministeriali o il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, per fare qualche esempio. Su quel tavolo arrivano tutte le problematiche che riguardano la sicurezza nazionale e lì vengono prospettate le esigenze in tema di sicurezza da parte dei dei singoli ministeri, che il Dis analizza elaborando una strategia globale che viene poi portata al livello politico, cioè al Cisr. Da qui, il presidente del Consiglio indica alle Agenzie d’informazione temi e obiettivi da perseguire in un documento chiamato Piano della sicurezza nazionale, sottoposto anche al Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Se nel tempo emergono nuove problematiche, il Cisr le riesamina e delibera in merito.

Come mai il Cisr non viene consultato troppo spesso?

Non so se non venga consultato. Tutta questa è un’attività vincolata dal segreto e quindi non è dato sapere del numero e tantomeno dei contenuti delle sue sedute. Qualora l’ipotesi fosse vera, credo che le motivazioni possano essere due: o non si crede più in un organismo del genere perché non ha dato negli ultimi anni buona prova di sé, cosa di cui dubito, oppure è giudicato un istituto superato. Ma il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, previsto dal legislatore nel 2007 a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia ha funzionato molto bene. Basti pensare che, a parte le fantasie su presunti servizi deviati, non c’è mai stato nessuno scandalo in questo periodo. Inoltre, è stato sicuramente uno degli elementi fondamentali per affrontare la stagione dell’Isis e degli attentati, con l’esito positivo che tutti conoscono.

Che cosa cambierebbe con l’istituzione di un Consiglio per la sicurezza nazionale?

Credo innanzitutto che sia necessario considerare la tradizione e l’ordinamento giudico del nostro Paese. Per esempio, il sistema d’intelligence statunitense prevede un direttore a capo della comunità composta da 18 agenzie, ognuna delle quali gode di un diverso grado di autonomia. Ma questa figura, è priva di alcune leve fondamentali. A differenza sua, per esempio, il direttore generale del Dis dispone il budget e il coordinamento dunque è più semplice. Se nonostante ciò si dovesse procedere con l’istituzione di un Consiglio per la sicurezza nazionale, evidentemente andrebbe abolito il Cisr. Ma, ripeto, la legge del 2007 è una norma completa e benfatta, che pone in essere i pesi e i contrappesi necessari alle attività dei servizi prevedendo un controllo esecutivo, parlamentare e giudiziario. È un equilibrio molto valido ed efficiente e nel metterci le mani bisogna stare attenti a mantenere un equilibrio giusto tra potestà concesse e i sistemi autorizzatori e di controllo per non vanificarne l’efficienza e la correttezza operativa. Sicuramente il sistema è perfettibile per alcuni aspetti e forse anche riformabile per altri.

Parla dell’ipotesi di fare un servizio unico superando la divisione interni-esteri?

Sì. Personalmente vedo delle criticità nel farlo. Tuttavia, si tratta di un dibattito più tecnico che politico che va adeguatamente ponderato.

Quindi, come rafforzare gli strumenti deputati alla sicurezza nazionale?

Come detto, credo che l’apparato giusto esista e ha dato prova di efficienza e correttezza. Ma va potenziato e finanziato di più. Per esempio, una definizione delle procedure e della forma delle deliberazioni del Cisr potrebbe essere utile affinché il suo lavoro diventi più efficace non solo sul piano strategico ma anche su quello tattico. E per fare ciò è fondamentale che la politica creda maggiormente nel Cisr. Inoltre, la legge 124 del 2007 va potenziata e resa più effettiva e vincolante. Ma senza stravolgere il delicato equilibrio che regolamenta il Sistema d’informazione per la sicurezza della Repubblica. Poi, come tutte le cose, dipende molto dalle persone e oggi ai vertici dell’apparato ci sono professionisti di valore ed esperti e di sicura affidabilità istituzionale.

Riformare l’intelligence? Con prudenza. Parla il prefetto Pansa (ex capo degli 007)

Rafforzare le strutture per la sicurezza nazionale è necessario ma “bisogna essere prudenti nel cercare soluzioni imitando altri Paesi”, spiega l’ex direttore del Dis già capo della Polizia. “Il sistema previsto nel 2007 a protezione degli interessi politici, militari, economici, scientifici e industriali dell’Italia ha funzionato molto bene”

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