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La Resistenza Islamica, ala combattente del gruppo militante libanese Hezbollah, s’è mostrata nei giorni scorsi in una rara esercitazione pubblica. L’obiettivo è dare una dimostrazione della sua potenza di combattimento, nel tentativo apparente di ricordare al popolo libanese, a Israele e all’Iran la sua capacità militare e il suo ruolo nella regione. Priorità per gli uomini di Hassan Nasrallah in questa fase di rimodellamento degli equilibri nell’area che va dal Levante mediterraneo al Golfo Persico.

La dimostrazione militare è stata insolita non solo perché è stata resa pubblica — con quasi 400 spettatori tra cui diversi giornalisti invitati a partecipare. Un’altra particolarità è la location: le manovre si sono svolte a sole 12 miglia a nord del confine israeliano, in un’area in cui le milizie non sono autorizzate a operare in base a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottata nel 2006.

Con Israele è ancora guerra aperta

Val la pena di ricordare che Hezbollah è tecnicamente in guerra con Israele dal 2006. Un conflitto congelato dall’intervento delle Nazioni Unite, che hanno piantato una forza di interposizione al confine per implementare un deconflicting che però si è sempre fermato al piano tecnico. Tanto che, meno di due mesi fa, il complesso religioso del Monte del Tempio è stato colpito da una salva di razzi partita dal Libano che ha creato la maggiore escalation degli ultimi tredici anni — anche se Hezbollah ha sempre negato coinvolgimenti, addossando la responsabilità sulla Jihad islamica palestinese.

Va inoltre considerato che Israele ha costantemente martellato, con centinaia di bombardamenti mirati, gli scambi di armi con cui il gruppo libanese è stato rafforzato nell’ultimo decennio. Ossia gli israeliani hanno continuamente cercato di limitare gli approvvigionamenti veicolati dai Pasdaran sfruttando l’area grigia concessa dalla guerra civile siriana, dove gli iraniani hanno avuto un ruolo fondamentale nel puntellare il regime assadista — insieme alla Russia. Gli effetti di questi scambi militari sono evidenti nella recente esercitazione.

Le armi fornite dal club dei cattivi

I paramilitari di Hezbollah hanno usato armamenti iraniani, nordcoreani, cinesi e perfino fucili di precisione Orsis – in dotazione ai reparti speciali russi. Questo presuppone che i fornitori militari dei paramilitari libanesi non siano soltanto i Pasdaran iraniani. Determinanti armamenti potrebbero essere stati forniti (venduti) ai fondamentalisti sciiti libanesi direttamente dai produttori.

Nel caso specifico dei fucili da cecchino russo, per esempio, l’Iran non risulta tra gli utilizzatori, ma tra essi c’è la Siria: Damasco potrebbe aver passato certe armi ai libanesi, che in questo ultimo decennio hanno fatto un sacrificio di sangue per difendere il regime di Bashar El Assad dai ribelli? Lo stesso vale per i Manpads nordcoreani come gli Ht-16 Pgj, già visti ad Aleppo sin dal 2013. Invece è noto che i cinesi abbiano venduto alcuni lanciamissili portabili della serie Qw in Libano.

Narrazioni e interessi

Il vice segretario generale di Hezbollah, lo sceicco Naim Qassem, ha dichiarato che l’esercitazione militare invia un “messaggio di deterrenza” e di “disponibilità ad affrontare qualsiasi aggressione sionista e a difendere il Libano”. Ha aggiunto che le armi presentate durante l’esercitazione rappresentano una frazione dell’arsenale di Hezbollah e ha sottolineato che non sono stati mostrati i missili di precisione che l’organizzazione avrebbe in dotazione (non è chiaro quanto sia propaganda, ma è altamente probabile sia vero).

L’esercitazione si è svolta domenica scorsa, anche se le notizie sono circolate qualche giorno dopo, probabilmente per ragioni di sicurezza (d’altronde, i miliziani riuniti in un punto, allo scoperto, sarebbero stati un’occasione per un attacco nemico). Le manovre sono servite anche per celebrare una ricorrenza, l’annuale “Giorno della Liberazione”, anniversario di quando l’esercito israeliano si ritirò dal Libano meridionale il 25 maggio 2000, dopo 15 anni di occupazione del territorio.

Durante le due ore di training, i combattenti hanno saltato attraverso cerchi infuocati, hanno dimostrato la loro abilità nel combattimento corpo a corpo con i coltelli e hanno sparato dal retro di motociclette contro obiettivi battenti bandiera israeliana. Alla fine, i combattenti di Hezbollah hanno strappato una bandiera israeliana e hanno piantato al suo posto la bandiera gialla e verde distintiva del gruppo libanese. Gli applausi e le acclamazioni del pubblico sono poi sfociati in canti e melodie religiose. Uno degli spettatori invitati ha dichiarato ad Axios che i palestinesi “nutrono grandi speranze che la Palestina sarà liberata molto, molto, molto presto e Israele sarà sconfitto e noi torneremo”.

Il primo ministro libanese ad interim Najib Mikati ha criticato la dimostrazione di forza pubblica di Hezbollah e questa settimana ha detto all’inviato speciale delle Nazioni Unite in Libano che “la questione” delle armi di Hezbollah “deve essere tra le priorità della prossima fase”. Ma lo show di forza militare di Hezbollah dimostra quanto lo Stato libanese sia diventato debole rispetto all’organizzazione – che ormai si muove come uno stato nello stato, secondo una strategia costruita dai Pasdaran iraniani, a cui è collegata a doppio filo, sebbene i libanesi conservino un’agenda propria di interessi. Mikati sa bene che certe posizioni sono necessarie, perché da tempo Israele ha fatto sapere che – vista la forza ormai ottenuta dal gruppo e gli scarsi tentativi interni per ostacolarlo – ogni genere di azione avversa di Hezbollah verrà considerata come un’azione del Libano, non solo dell’organizzazione.

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