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Le rivalità tra Stati a volte danneggia entrambi e avvantaggia terzi. Questa la spiegazione che il ministro degli esteri Antonio Tajani ha offerto in riferimento ad un quadrante assolutamente strategico, come l’Africa. Non solo perché oggi si è svolta la visita di Stato del Presidente angolano a Roma, ma anche per la concomitanza con la Conferenza delle Nazioni Unite sul Corno d’Africa e perché il governo di Giorgia Meloni sin dal suo insediamento, ha messo un forte accento sul continente nero per una serie di ragioni: l’intreccio con i flussi migratori, l’attenzione alla cooperazione, il fondamentalismo islamico, le pressioni di gruppi come Wagner (come dimostra la crisi in Sudan), la geopolitica energetica (Libia in primis, ma anche Algeria e Tunisia).

L’azione di Wagner

Il Consiglio di due giorni fa, dunque, ha raccolto le istanze di chi come l’Italia da tempo richiama Bruxelles ad una presa di coscienza maggiore a quelle latitudini e propone di stare al fianco dell’Africa con una serie di strumenti ad hoc, come il Piano Mattei. “C’è una presa di coscienza sul fatto che l’Europa non può lasciare l’Africa a interloquire solo con Russia e Cina – ha precisato il vicepremier – sta a noi assumere questo ruolo, capire che a volte le rivalità tra Stati danneggiano entrambi e avvantaggiano terzi”.

Quando dice che “al di là del Mediterraneo accadono molte cose, fra queste la presenza (del gruppo paramilitare russo) Wagner”, Tajani tocca un nervo scoperto che si traduce in una macro destabilizzazione, come accaduto in Sudan e in Centrafrica, considerata la pressione in loco esercitata dal gruppo guidato da Evgenij Prigozhin che ha costruito ramificazioni dirette gestendo vari golpe al fine di avere accesso alle risorse minerarie e strutturando, al contempo, la creazione di una vera e propria confederazione di Paesi a cui offrire servizi e protezioni.

Qui Ue

Di qui l’esigenza/urgenza del Consiglio Affari esteri di correggere l’approccio al Corno d’Africa, concentrandosi sulla preoccupante situazione in Sudan. Sul punto, la prospettiva del cessate il fuoco resta la priorità numero uno, ma occorrerà coagulare un ampio sostegno internazionale per porre fine al conflitto e arrivare ad un quadro guidato dall’Africa. Alla voce mediatori il Consiglio ha riconosciuto il ruolo fondamentale svolto da Gibuti durante l’evacuazione di cittadini dell’Ue dal Sudan e il ruolo del Kenya nella stabilizzazione dell’intera regione.

In Etiopia si registra la progressiva normalizzazione della situazione dopo un biennio di aspri conflitti, che si sono conclusi con l’Accordo sulla cessazione delle ostilità, verosimilmente anticamera alla riconciliazione nel Paese che l’Ue sosterrà. Come rimarcato dal capo dell’eurodiplomazia, Joseph Borrell, pur avendo sospeso il sostegno al bilancio del Governo etiope, la Commissione Ue non ha sospeso gli aiuti alla popolazione con il finanziamento di 180 milioni di euro per la salute e l’istruzione in particolare. Etiopia e Somalia sono due Paesi strategici per l’Italia, come dimostra l’attenzione costante del governo concretizzatasi in due incontri istituzionali “strutturati” proprio a questo fine.

Piano Mattei

Ma il passaggio più rilevante Tajani lo ha dedicato alla concorrenza sino-europea in Africa quando ha osservato che gli interessi cinesi in Africa sono molto forti “ed è chiaro che c’è una competizione con Pechino, ma noi europei siamo preferiti dagli africani, a patto che organizziamo la nostra presenza nel continente”. Per questa ragione ha indicato la strada da percorrere investendo sulla cooperazione allo sviluppo a cui va affiancata l’internazionalizzazione delle imprese tramite Sace e Simest, ovvero l’essenza stessa del Piano Mattei su cui il presidente del Consiglio Giorgia Meloni punta moltissimo lungo l’asse migranti, investimenti, energia.

Tajani ha ricordato che il Piano Mattei è stato concepito dalla consapevolezza di “creare le condizioni affinché il nostro Paese possa competere seriamente con queste due potenze”. L’Africa non è soltanto deserto e villaggi, ha aggiunto, ma anche innovazione e donne e uomini di alta qualità. “Occorre investire anche in joint venture, in attività estrattive e culturali. I dati dell’interscambio sono importanti ma devono spingerci a fare di più”. Di qui nasce il Piano Mattei per Tajani, ovvero al fine di “utilizzare tutto il nostro sistema imprenditoriale nei diversi settori ed andare ad investire nel continente”.

Non è mancato un riferimento alla minaccia terroristica, con l’Italia che punta a collaborare con i Paesi più stabili come la Mauritania, dove a breve verrà aperta la nuova ambasciata, e in Niger, dove sono presenti i militari italiani.

@FDepalo

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