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Non solo assetti militari o addestramento, le missioni internazionali possono offrire un significativo aiuto per la stabilità e la sicurezza, irrinunciabili per lo sviluppo economico e sociale. A dirlo è stato il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, in audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato. “Le missioni possono essere il battistrada di un sistema-Paese capace di proporre anche modelli organizzativi moderni”, ha detto l’ammiraglio, aggiungendo come le operazioni italiane posso offrire la “ricostruzione delle istituzioni, moderni sistemi produttivi” dal momento che “la stabilità e sicurezza sono irrinunciabili per lo sviluppo economico e sociale”.

La Wagner nel Mare nostrum

Nel suo intervento, l’ammiraglio Cavo Dragone si è concentrato in particolare alle necessità del Mediterraneo allargato, la principale area di riferimento strategico per il nostro Paese. A destare preoccupazione è, in particolare, l’influenza che il gruppo mercenario russo Wagner sta esercitando nei Paesi della regione, dalla Libia, alla Repubblica centrafricana, al Burkina Faso “ovunque le nazioni occidentali se ne vanno, colmano un vuoto” ha lanciato l’allarme Cavo Dragone, aggiungendo come “probabilmente sono anche in Sudan”. Per l’ammiraglio, l’influenza del gruppo “è significativa un po’ ovunque” e il problema principale è che “più passano i giorni, più si pone come una forza politica, oltre che militare”. Si tratta di una compagine “ben armata, ben pagata, l’esercito convenzionale russo non regge il paragone”, ha segnalato l’ammiraglio, evidenziando che “sono mercenari fortemente connotati, sono quasi tutti russi, un mercenarismo anomalo”.

La situazione in Libia

Tra gli scenari che più impattano sul nostro Paese c’è sicuramente la Libia dove, secondo Cavo Dragone, premessa fondamentale per un miglioramento della situazione dei diritti umani è necessaria una pacificazione e la riunificazione istituzionale dello Stato libico. “In Libia dialoghiamo con entrambe le parti”, ha detto l’ammiraglio, aggiungendo come per la riunificazione serva “un maggior apporto della comunità internazionale”. Per il capo di Stato maggiore se la Libia venisse “pacificata e disarmata nelle sue milizie, gli elementi che hanno partecipato alla rivoluzione del 2011 e che hanno rimosso il regime di Gheddafi e sono rimaste connotate da capacità operative spinte, se disinneschiamo tutto questo, la situazione dei diritti umani non può che migliorare”.

Cooperazione e sviluppo

Intervenire nel Mediterraneo, tuttavia, significa andare oltre la semplice presenza militare: “Prima dell’assistenza militare, i vertici militari dei Paesi chiedono cooperazione e sviluppo” ha riferito Cavo Dragone, aggiungendo come negli incontri con i propri omologhi i concetti e le priorità emerse sono diverse dalla sola cooperazione di Difesa. I punti centrali sono invece la gestione di “fenomeni migratori quasi ingestibili” e la “grave crisi economica innescata dalla pandemia e aggravata dalla guerra in Ucraina”. Quello che chiedono, dunque, “non è assistenza, ma cooperazione e sviluppo”. “Ho colto un sentimento di frustrazione”, ha affermato l’ammiraglio, a cui gli omologhi hanno comunicato di non essere semplicemente “le frontiere meridionali dell’Europa”.

Italia, ponte mediterraneo

In questo, l’Italia può avere un ruolo prezioso, dal momento che la politica militare nazionale “on ha mai avuto l’ambizione di esportare modelli culturali o di giudicare l’universo in cui opera”. Secondo quanto riferito da Cavo Dragone, “c’è la percezione da parte dei Paesi del Mediterraneo allargato che i canali militari sono preziosi” e “il punto di partenza della nostra politica militare resta la comprensione”. Per l’ammiraglio, “l’Italia è percepita come un ponte di dialogo, una porta d’accesso per l’Europa. Questo approccio è la chiave di volta di una nostra stabile posizione strategica nel Mediterraneo. Seguiamo dovunque una strategia di dialogo a tutto campo”.

In Kosovo, siamo i maestri della negoziazione

Questo ruolo italiano si è visto di recente anche in Kosovo, dove la presenza delle nostre Forze armate “allontana lo spettro della guerra alle porte di casa nostra”. Come registrato dall’ammiraglio “Per tanto tempo ho sentito mettere in discussione il valore della nostra presenza in Kosovo. Abbiamo compreso nelle ultime settimane quanto fosse importante restare. La nostra presenza garantisce il costante riallineamento di equilibri fluidi e ha offerto a tante generazioni l’opportunità di vivere in pace e prosperare”, aggiungendo come “i nostri militari stanno facendo il loro mestiere come al solito, sono maestri nella negoziazione”. Nella regione del nord del Paese la situazione resta tesa, ma non più ai livelli di scontro della settimana scorsa, ha riportato Cavo Dragone, rassicurando anche sullo stato di salute dei militari italiani rimasti feriti: “I ragazzi stanno tutti bene, tre erano quelli che destavano maggiori preoccupazioni, sono stati ricoverati all’ospedale di Pristina con due fratture alla tibia e una al polso, che verranno curate in maniera opportuna dalla struttura sanitaria, che dà tutte le garanzie”.

L’Italia è un ponte mediterraneo. Cavo Dragone sulle missioni internazionali

Dalla presenza del gruppo Wagner, alle crisi economiche, pandemiche e umanitarie, il Mediterraneo allargato è un crocevia di fragilità e insicurezza. Per il capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, le missioni internazionali italiane possono offrire un aiuto per la stabilità e la sicurezza, prerequisiti allo sviluppo economico e sociale: “L’Italia è percepita come un ponte di dialogo, una porta d’accesso per l’Europa”

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