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La domanda è di quelle che tutti si sono fatti e alla quale qualcuno ha cercato di dare una risposta in occasione dei Venticinque anni di attività di Corepla, il consorzio che si occupa del recupero e del riciclo degli imballaggi in plastica. Quella che ha convinto i più, sembra essere stata quella data da Emilia Garito, ingegnere informatico, ceo di Quantum Leap, inserita tra le 150 imprenditrici e “donne dell’innovazione” in Italia.

“Guardare alla natura per la prossima rivoluzione industriale” : si chiama “Nature co-design”, “una nuova rivoluzione che si fonda sull’incontro tra la biologia, la chimica, la scienza dei materiali e la nanotecnologia per sfruttare la natura come piattaforma manifatturiera a livello atomico”. Inciderà sul modo di produrre in ogni settore industriale, un campo innovativo “appena agli inizi, ma che sarà fondamentale per lo sviluppo dell’umanità dei prossimi decenni”.

Che centrano i rifiuti e i rifiuti in plastica con tutto questo? Centrano e molto pure. Partiamo dai dati presentati. Secondo Versalis, del gruppo Eni, dei 250 milioni di tonnellate dei rifiuti di plastica prodotti nel mondo, solo il 20% viene riciclato e il 20% termovalorizzato. Il 29% finisce in discarica e il 31% disperso nell’ambiente, oltre 77 milioni di tonnellate. Sono numeri allarmanti che fanno riflettere. Ma, come dice qualcuno, le plastiche non hanno le gambe, c’è sempre qualcuno, l’uomo, che le abbandona, in mare e in terra, provocando inquinamento e danni alla biodiversità e all’ambiente. In Europa, tra il 2009 e il 2020, i rifiuti di imballaggio sono cresciuti di oltre il 26%; in Italia del 9%, poco più di 2 milioni 200 mila tonnellate.

E veniamo al punto. Nel riciclo degli imballaggi in plastica l’Italia è fra i leader europei, con oltre il 55% a fronte di una media europea che si attesta sotto il 40%. “Questo anniversario segna il passaggio alla piena maturità del Consorzio – ha sottolineato il presidente di Corepla Giorgio Quagliuolo – che può guardare al futuro e alle nuove sfide, scoprendo di non essere più semplicemente un attore dell’economia circolare ma anche un motivatore del cambiamento. Oggi Corepla gioca un ruolo decisivo nel percorso di transizione ecologica che il Paese sta perseguendo con obiettivi precisi e sfidanti per far fronte alle richieste dell’Europa”.

In questi 25 anni di attività del Consorzio, la raccolta della plastica è passata da 114 mila tonnellate a un milione e mezzo di tonnellate (+1.216%), ossia da circa 2 chili a 25 chili pro capite. Per quanto riguarda i rifiuti in plastica avviati a riciclo l’Italia è passata da 228 mila tonnellate a oltre un milione: frutto di una rete capillare sul territorio nazionale di 31 impianti di selezione e 92 impianti di riciclo. Questi risultati sono stati raggiunti grazie all’Accordo con l’Anci, che ha permesso la copertura della quasi totalità dei Comuni italiani, passando dal 77% del 2002 al 99% di oggi.

Non poteva mancare, nel corso dell’evento, il riferimento al nuovo Regolamento sugli imballaggi che la Commissione europea ha presentato alla fine dello corso anno e che tante polemiche e prese di posizioni sta sollevando nel nostro Paese, penalizzato dal metodo ( adozione di un regolamento anziché di una direttiva come in passato, con pochi spazi di manovra per gli Stati membri) e dal merito, che privilegia il riuso e il deposito cauzionale al riciclo. Un’inversione dettata più da posizioni ideologiche che da precisi indagini sul campo. E contro la quali tutti, dal Governo a Confindustria, si sono detti contrari e decisi a cambiarne i contenuti.

Un non senso la proposta di regolamento della Commissione che, come ha ben fatto notare Edo Ronchi, confligge con la gerarchia dei rifiuti così come prevista dalla direttiva 98 del 2008. L’articolo 4 della direttiva, infatti, dopo aver enunciato la gerarchia (prevenzione, preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero, smaltimento), precisa che “nell’applicare la gerarchia dei rifiuti, gli Stati membri adottano misure volte a incoraggiare le opzioni che danno il miglior risultato ambientale complessivo” E aggiunge:”A tal fine può essere necessario che flussi di rifiuti specifici si discostino dalla gerarchia, laddove ciò sia giustificato dall’impostazione in termini di ciclo di vita in relazioni agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti”. E, per quelli duri di comprendonio, aggiunge che i singoli Stati devono tener conto “della fattibilità tecnica e praticabilità economica, della protezione delle risorse nonché degli impatti complessivi sociali, economici, sanitari e ambientali”.

La stessa viceministro dell’Ambiente Vannia Gava, intervenendo al compleanno di Corepla con un videomessaggio, ha ribadito la posizione del Governo sulla proposta della Commissione che “rischia di non tenere conto delle specifiche realtà nazionali e soprattutto delle caratteristiche e delle esigenze di ogni Paese e delle esperienze che in questi anni sono maturate, come nel caso dell’Italia. Il nostro modello di gestione degli imballaggi rappresenta un’eccellenza a livello europeo con un tasso di riciclo di oltre il 70%. Non volgiamo essere penalizzati, visto che l’industria italiana del riciclo funziona sia in termini ambientali che economici”.

Anche Confindutria, nell’audizione in Commissione Ambiente della Camera sul Regolamento , aveva lanciato l’allarme su un provvedimento che presenta molti aspetti critici e che, se fosse approvato, rischia di compromettere un comparto di eccellenza, con gravi conseguenze su tutto il settore industriale nazionale. “Il modello italiano, ha detto Francesca Mariotti, direttore generale di Confindustria, è un’eccellenza a livello europeo e ha raggiunto gli obiettivi di riciclo previsti per il 2030 con ben nove anni di anticipo. La scelta del regolamento al posto della direttiva è un ingiustificato cambio di rotta che impone agli Stati un’unica soluzione per perseguire gli scopi fissati dal legislatore”.

La peculiarità del Sistema dei Consorzi adottato nel nostro Paese è testimoniata anche dall’indagine IPSOS sulla sensibilità e l’attenzione dei nostri connazionali alla raccolta differenziata e al riciclo. Il 66% ha ben presente il significato del concetto di economia circolare e l’88% ha chiaro che contribuisce a portare vantaggi all’ambiente, anche se solo il 38% è consapevole che può essere una leva di crescita economica. Per il 22% degli italiani, infine, fare correttamente la raccolta differenziata dei rifiuti è il comportamento più importante da mettere in pratica per rispettare l’ambiente.

E allora, per tornare alla domanda iniziale, per ridurre i rifiuti, quelli delle plastiche in particolare, tutti devono fare la loro parte. E per realizzare una vera economia circolare occorre partire dal basso, dal cittadino che fa la raccolta differenziata correttamente, dai Comuni che attuano raccolte sempre più qualitative finalizzate al riciclo, dai consorzi che avviano a riciclo quanto ricevono dalla raccolta. Solo così potranno essere evitate le dispersioni dei rifiuti che tanto affliggono i nostri territori e i nostri mari. Avendo sempre più a disposizione tecnologie in grado di realizzare prodotti sempre più riciclabili e riusabili. Solo così “la plastica salverà l’ambiente se l’essere umano salverà la natura”.

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