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La possibile alleanza spaziale tra Airbus, Thales e Leonardo potrebbe essere vicina a diventare realtà. A confermarlo è Michael Schoellhorn, ceo di Airbus Defence and Space, in un’intervista al Corriere della Sera: “Queste operazioni richiedono sempre due momenti. Il primo è la firma (di un accordo, ndr.), l’impegno a unire le forze; poi vi è la fase che porta alla vera chiusura dell’accordo. In questo caso, penso che la firma potrebbe avere luogo nel 2025”.

Le trattative, avviate a metà 2024, potrebbero dunque giungere a conclusione entro la fine dell’anno. Secondo quanto riportato dai media francesi, i dirigenti delle tre aziende hanno pianificato incontri specifici per definire la valorizzazione delle rispettive attività, anche se, al momento, “nessun accordo è stato trovato a questo stadio. Continuiamo il nostro lavoro. Qualsiasi altro commento sarebbe prematuro”, ha precisato un portavoce di Thales. Leonardo, invece, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali.

L’obiettivo dell’alleanza sarebbe quello di consolidare il settore europeo dei satelliti, creando un attore unico, dal valore stimato in circa 10 miliardi di euro, in grado di competere con le grandi costellazioni di Starlink e degli altri operatori internazionali. Come spiegato anche da Guillaume Faury, presidente esecutivo di Airbus, l’alleanza dovrebbe permettere di “crescere in dimensioni e rapidità”, soprattutto per rispondere alle crescenti pressioni dei competitor americani.

Che modello per la nuova alleanza?

Si sa, quando l’obiettivo è la creazione di una nuova alleanza industriale, non sono pochi i possibili punti di inciampo. Uno su tutti, il capitolo delle ripartizioni. Dalle quote azionarie al workshare, dai ruoli esecutivi alle possibili linee guida per l’export, ogni attore cerca di portarsi a casa la fetta più grande e di imporsi come primus inter pares. 

In questo contesto, alcuni esempi recenti potrebbero offrire spunti per comprendere quale configurazione potrebbe assumere la nuova alleanza satellitare. Un precedente assai noto è quello di MBDA, il consorzio europeo nato all’inizio degli anni 2000 e considerato ancora oggi uno dei pochi esempi di vera integrazione industriale nel settore della difesa europea. La formula che lo regge è nota: 37,5% a testa per Airbus e BAE Systems, il restante 25% a Leonardo. In più di vent’anni, questa struttura ha permesso di mantenere in equilibrio interessi industriali e nazionali diversi, superando le inevitabili rivalità tra Paesi e consolidando un attore che oggi rappresenta uno standard europeo nel campo missilistico.

Esempio più recente, ma comunque degno di nota, è il modello Gcap. L’accordo che regge il programma congiunto per un caccia di sesta generazione tra Italia, Regno Unito e Giappone poggia infatti su un principio di equità totale (33% a testa) tra i tre partner che compongono il consorzio (uno dei quali è, per l’appunto, Leonardo),  indipendentemente dal diverso peso dei fatturati o delle singole dimensioni industriali. Da un lato il modello MBDA è già rodato e inserito in un contesto interno all’Unione europea, dall’altro il Gcap procede spedito come pochi altri programmi congiunti in virtù della sua configurazione paritaria. Che il gruppo guidato da Roberto Cingolani pensi di proporre un modello analogo anche ai partner francesi? E, se anche fosse, l’usuale protagonismo industriale francese sarebbe disposto ad accettare un passo indietro in nome di uno sforzo europeo? 

A che punto è l’alleanza Leonardo-Airbus-Thales sui satelliti? I dettagli

Le trattative tra Airbus, Thales e Leonardo potrebbero portare a una nuova alleanza per i satelliti già entro il 2025. Il risultato sarebbe un player europeo da oltre 10 miliardi con l’obiettivo di competere con gli altri colossi mondiali del settore. Le trattative procedono, ma ci si chiede che tipo di forma potrebbe assumere il nuovo soggetto industriale e, soprattutto, come verrà gestito il complesso capitolo delle ripartizioni. Dal consorzio Mbda al nuovo modello Gcap, gli esempi non mancano

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