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Al di là del bilaterale in sé tra Al Sisi-Meloni, c’è un elemento politicamente rilevantissimo che spicca sull’asse Roma-Il Cairo: ovvero lo status geopolitico egiziano alla voce energia (con in parallelo il prezioso lavoro in loco di Eni) che è centrale per relazioni e futuri business. Interconnettori e nuovi giacimenti sono due snodi strategici oggettivi, su cui costruire un dialogo produttivo tra i due leader. L’Egitto è partner chiave per la sicurezza del Mediterraneo in asse con Israele, proprio mentre le mosse della Turchia (come l’accordo con la Libia sulla zee) possono determinare dei cambiamenti.

Il ruolo dell’Egitto

Secondo Alessia Melcangi, professoressa associata al DiSSE della Sapienza e ricercatrice per Atlantic Council e Ispi, è chiaro che l’Egitto rappresenta un partner fondamentale, anche perché Eni già da tempo lavora nel Paese: “È sufficiente pensare all’importanza dei giacimenti di Zohr di Nohr – dice a Formiche.net – che sono i due giacimenti principali dai quali appunto viene estratto gas e che hanno permesso, tra l’altro, all’Egitto stesso di dichiarare la sufficienza energetica, cosa che è molto importante per un Paese di più di 100 milioni di abitanti e che si è trovato più di una volta in passato a dover fare i conti con il taglio della cornice della fornitura energetica alla popolazione. Cosa che tra l’altro è presente ancora oggi, ma per tutto un altro motivo”.

Quindi la strategia di Roma deve essere ovviamente basata molto sul lavoro che fa Eni nel Paese, puntualizza, legato anche a una strategia generale perseguita dall’Unione Europea. Tra l’altro nel quadro degli incontri bilaterali a margine del Vertice di Sharm el Sheikh, il Presidente del Consiglio ha incontrato anche il Presidente della Repubblica Araba d’Egitto, con cui ha discusso di approvvigionamento energetico, fonti rinnovabili, crisi climatica e immigrazione. Ma l’incontro ha dato occasione al presidente Meloni di sollevare il tema del rispetto dei diritti umani e di sottolineare la forte attenzione dell’Italia sui casi di Giulio Regeni e Patrick Zaki.

Ue-Egitto-Israele

“Ricordiamoci che a luglio l’Unione europea ha stipulato un accordo con Egitto e Israele per la fornitura di gas attraverso gli impianti di LNG egiziani. Parlo in particolare di Edu e Damietta, che sono i due sistemi di liquefazione in passato chiusi, soprattutto in periodo pandemico, ma adesso di nuovo operativi: sembra che da questi possa essere lavorato il gas che arriva direttamente da Israele. Quindi diventare un’altra fonte fondamentale che può portare gas appunto in Europa”.

Inoltre l’Egitto è capofila del Forum sul gas e guida questo consesso di Paesi che si sono strutturati per la gestione delle riserve gas nel Mediterraneo orientale. “Uno degli spinoff principali di questo forum – osserva – è senza dubbio la nascita del gasdotto Eastmed, che per un po’ di tempo è sembrato possibile per poi fermarsi. Nei fatti ha una situazione di realizzabilità molto complicata e difficile: dovrebbe connettere i giacimenti di Israele e di Cipro attraverso la Grecia, direttamente poi all’Italia e passare quindi attraverso più zone economiche esclusive che poi sono sostanzialmente il contenzioso che va a impattare nei rapporti geopolitici anche fra questi Paesi costieri”.

Eastmed

La realizzabilità del gasdotto, secondo Melcangi, è appunto in dubbio: prima sostenuto dall’Europa e in parte anche dall’America, poi completamente abbandonato, sembra adesso ritornare in pista, ma con dei tempi di realizzazione molto complicati. “Quindi non è una cosa che risolverà la questione energetica domani. Di certo è che si tratta di un obiettivo che sembra riunire tutti i Paesi del Gas Forum, anche l’Egitto stesso, che potrebbe agganciarsi comunque con le strutture di liquefazione: per cui rafforzare maggiormente questa partnership significa per l’Italia diventare quell’hub energetico per la diffusione verso l’Europa. Senza dubbio l’Egitto può essere un partner affidabile per sostenere questo obiettivo che Roma si pone oggi davanti alla sfida energetica che viene lanciata appunto dalla crisi in Ucraina”.

L’Egitto inoltre ha un’economia abbastanza in difficoltà, ma gode di aiuti solidali come quelli del Fondo monetario internazionale e dei Paesi del Golfo. Come osservato da Alessia Melcangi in un paper dedicato, per quanto il Paese abbia un sistema economico traballante, soprattutto ora dopo la crisi pandemica, non è pensabile un crollo dell’Egitto, sia per la posizione strategica in cui si trova e sia a livello economico, per tutti i vari agganci che sono in essere, tant’è vero che la Cop27 si sta svolgendo proprio in questo Paese.

Ombre turche

Quali rischi ci sono rispetto al rapporto/interferenza con un altro player significativo come la Turchia? L’Italia come può avere un ruolo attivo nel Mediterraneo orientale? “La Turchia è il terzo incomodo – precisa – in questa relazione di amore che vi è fra tutti questi Paesi e l’Unione Europea. La Turchia in una fase è stata molto assertiva nei confronti dei vari Paesi. Parliamo più o meno del periodo 2018-2019, quando venne siglato quel famoso memorandum con la Libia che poi segnò l’intervento della Turchia in territorio libico e poi la fermata dell’avanzata di Haftar. E quindi questo è stato l’inizio dell’ostilità dichiarata della Turchia, non soltanto alla questione libica, che è una specificità nella quale si riversano poi tutti i vari conflitti, ma soprattutto anche al progetto dell’East Med Gas Forum e dell’East Med, proprio come pipelines”.

Ankara-Tripoli

La Turchia, creando questa zona economica esclusiva per la Libia, ha praticamente tagliato proprio il percorso verso cui doveva passare l’EastMed, imponendosi come soggetto che nei fatti non era stato considerato né nella creazione dell’insieme dei gas forum né in tutti quegli accordi che hanno seguito questo consesso di Paesi costieri. Il riferimento è agli accordi bilaterali tra Nicosia e Atene, fra Nicosia e Israele. Perché? “Perché vi è in generale una ostilità profonda fra l’Egitto e la Turchia e poi, per esempio, tra la Grecia e la Turchia per la questione irrisolta di Cipro, dove tutti devono andare a trivellare per prendere il gas. A chi appartiene quella zona economica esclusiva? Questo è il conflitto che poi si esplica nel Mediterraneo orientale. Detto ciò, la Turchia poi ha cambiato atteggiamento perché in una fase di normalizzazione generale avviata dalla crisi pandemica e dunque dal conflitto in Ucraina, ha cominciato a dialogare con tutti, con Emirati e Arabia Saudita”.

Il Cairo-Ankara

Vi è, aggiunge, una sostanziale incompatibilità fra l’Egitto e la Turchia, ma anche di incompatibilità fra le due figure principali Al Sisi e Erdogan: per cui l’Egitto non riesce a percepire una possibile ripresa dei rapporti con la Turchia, per quanto vi siano stati incontri e possibilità di dialogo. “Senza dubbio il rinnovo di questo accordo con la Libia è un durissimo colpo a questo percorso come lo fu nel 2019. Allo stesso tempo, adesso non si capisce perché si debba rinnovare questo accordo e perché la Turchia dica che in realtà non va a inficiare i rapporti con gli altri Paesi, visto che comunque la zona economica esclusiva assegnata in questo accordo va a tranciare direttamente parte di quella egiziana, soprattutto quella dove dovrebbero passare tutte le proiezioni energetiche”.

Questo terzo incontro cosa vuole fare adesso? “Intanto il conflitto con la Grecia non sembra assopirsi o attenuarsi e questa è una spina nel fianco della Nato e anche dell’Europa, chiamata in causa a dire qualcosa. La Turchia comunque è un partner importante perché svolge un ruolo per quanto vale il conflitto in Ucraina, come sul grano. È comunque un soggetto che non possiamo non considerare in sé: certo nel contesto del Mediterraneo orientale risulta complicato, ma non impossibile in previsione di una sistemazione degli assetti generali e in previsione appunto della fornitura di gas. Però, chiaramente quest’ultimo atto rende tutto molto più complicato. Un Egitto già poco disposto al dialogo con Ankara difficilmente riesce a leggere di buon occhio questo passaggio”, conclude Melcangi

@FDepalo

Roma e Il Cairo devono fare asse sull'energia. L'analisi di Melcangi

“Rafforzare maggiormente questa partnership significa per l’Italia diventare hub energetico per la diffusione verso l’Europa. Senza dubbio l’Egitto può essere un partner affidabile per sostenere questo obiettivo che Roma si pone oggi davanti alla sfida energetica che viene lanciata dalla crisi in Ucraina”. Conversazione con Alessia Melcangi, professoressa associata al Disse della Sapienza e ricercatrice per Atlantic Council e Ispi

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