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La guerra in Ucraina ha portato, tra le numerose conseguenze nella vita culturale, economica e sociale in Russia, la compagnia di contractor Wagner (ufficialmente ChVK, compagnia privata militare) al centro delle attenzioni.

Fino alla primavera del 2022 l’esistenza dei vagnerovtsy, come sono chiamati in russo i mercenari della struttura, veniva sottaciuta o relegata a non meglio precisate “iniziative private”, mai però perseguite nonostante l’articolo 359 del Codice penale russo preveda sanzioni importanti in merito.

Yevgheny Prigozhin, imprenditore dal passato criminale ha più volte negato, prima dell’aggressione militare russa in Ucraina, ogni suo coinvolgimento nelle attività della Wagner, giungendo a querelare i giornalisti che avevano raccolto prove a sostegno di questa ipotesi, poi rivelatasi realtà.

In almeno un caso, nel 2018, le inchieste giornalistiche sono state stroncate con il ricorso all’omicidio: è quanto accaduto al gruppo diretto dal famoso corrispondente di guerra Orkhan Dzhemal il quale, assieme al regista Alexander Rastorguev e all’operatore Kirill Radchenko, è caduto vittima di un agguato dalle circostanze ancora oggi poco chiare nella Repubblica Centrafricana, dove i giornalisti si erano recati per girare un documentario sulle attività della Wagner.

Unità della compagnia di Prigozhin sono attive in vari stati africani, e nemmeno il coinvolgimento diretto e sempre più pressante nella guerra in Ucraina ne ha fermato le imprese: oltre alla Repubblica Centrafricana, vi sono vagnerovtsy in Mali, impegnati nel sostegno alle truppe governative contro l’insorgenza islamista, e vi sono notizie di una missione inviata nella Repubblica democratica del Congo, assieme a mercenari rumeni e bulgari.

All’estensione delle attività della Wagner si accompagna la sua crescita come fattore militare nel conflitto in Ucraina, e l’ascesa di Yevgheny Prigozhin.

L’imprenditore, ormai non più nascosto dietro le minacce di querele, è apparso in questi mesi più volte nei penitenziari e nelle colonie penali per reclutare personalmente i detenuti da inviare al fronte, spesso facendo riferimento al suo passato nelle galere sovietiche (era stato condannato per furto e rapina nel 1981) e usando i toni e il linguaggio del mondo criminale russo.

Ai detenuti venivano promesse condizioni di vita migliori di quelle in cella, la grazia e la riabilitazione completa, oltre a salari da 240mila rubli al mese, pagati rigorosamente in nero alle famiglie: in realtà, come è emerso poi da diverse inchieste giornalistiche, chi accetta la proposta dei reclutatori della Wagner viene ufficialmente liberato appena salito sul convoglio che lo porterà ai centri d’addestramento, perché la legge russa non consente la chiamata diretta alle armi dei detenuti.

Si tratta di una modalità resa possibile solo da ordini provenienti direttamente da Putin, circostanza confermata implicitamente dal portavoce Dmitry Peskov in una risposta alla stampa, dove si è fatto riferimento a decreti e circolari presidenziali secretate sul tema.

L’essere una figura al di fuori dell’establishment ha reso Prigozhin in un certo senso libero dagli equilibri e dagli obblighi previsti dal patto non scritto ai vertici della Russia.

Il patron della Wagner, negli ultimi mesi, ha così utilizzato la sua nuova posizione di condottiero di ventura, ritratto sempre in divisa e attorniato da uomini in mimetica, per attaccare il governatore di San Pietroburgo Alexander Beglov, accusandolo di corruzione e di alto tradimento per non aver rispettato accordi presi per la cessione di terreni e licenze edilizie alla holding Konkord controllata da Prigozhin; l’annoso conflitto con il ministero della Difesa, evolutosi in una profonda inimicizia con Sergei Shoigu, è diventato di dominio pubblico.

Proprio lo scontro frontale con le autorità militari nelle ultime settimane ha rappresentato un’ulteriore testimonianza di come la “verticale del potere”, ovvero il sistema ultra centralizzato e conforme alle volontà del presidente messo su nel corso dei decenni di permanenza di Putin al vertice, si trovi a subire forti pressioni, tali da far percepire un progressivo sgretolamento.

Un cittadino privato, perché tale formalmente è Prigozhin, va nei penitenziari, libera dei detenuti, li porta al fronte, attacca il ministro della Difesa e i governatori di importanti regioni senza subire conseguenze, in un certo senso mostrando di essere al di sopra della legge.

Uno status che gli consente anche di disporre a proprio piacimento della vita dei mercenari, con esecuzioni brutali a colpi di mazzola, come accaduto a un disertore caduto nuovamente in mano dei vagnerovtsy, e esibendo tale brutalità pubblicamente.

La repentina ascesa di Prigozhin ha alimentato anche speculazioni di ogni genere sul suo futuro, dalla possibilità di un suo ruolo politico (qualcuno si è spinto a preconizzare una sua, improbabile, successione a Putin) fino all’eliminazione fisica per i nemici all’interno degli apparati civili e militari.

La verità è che anche una, al momento fantasiosa, risoluzione del conflitto tramite l’assassinio del capo della Wagner non tiene conto della realtà di una formazione armata, motivata e fedele al proprio leader, a cui molti devono la libertà. Una situazione che rende simile il futuro della Wagner in prospettiva ai Freikorps della Germania uscita sconfitta dalla Prima guerra mondiale, e di cui si dovrà tener conto.

(Articolo pubblicato sul numero di marzo della rivista Formiche)

Tra galeotti e promesse, il metodo Prigozhin spiegato dal prof. Savino

Prigozhin in questi mesi è apparso più volte nei penitenziari e nelle colonie penali per reclutare personalmente i detenuti da inviare al fronte, spesso facendo riferimento al suo passato nelle galere sovietiche e usando toni e linguaggio del mondo criminale russo. L’analisi di Giovanni Savino, research fellow di Storia contemporanea presso l’Università degli studi di Napoli Federico II

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