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La nuova frontiera di OpenAI si chiama ChatGPT (Generative Pretrained Transformer), ma non per tutti è una vera e propria evoluzione. La notorietà di questa chat è cresciuta a dismisura da quando la casa madre ha deciso di aprirla a tutti online, rendendola gratuita. Alla base di questo strumento c’è lo scambio diretto con l’essere umano, che riceve dalla macchina risposte ai propri dubbi o un aiuto concreto a svolgere il proprio lavoro. Funziona in base al più classico sistema di Natural Language, che lo accomuna ai vari Siri e Alexa, ma rispetto a loro dovrebbe compiere un passo in avanti. Tanto che, seppur sia ancora in fase demo, alcuni la considerano la tecnologia del decennio.

ChatGPT, infatti, è in grado di riconoscere un suo sbaglio e si permette di rispondere solo su argomenti su cui è stato addestrato e che, quindi, padroneggia. Se gli si chiedesse conferma che l’anno della Rivoluzione francese sia uno diverso dal 1789 o se quello della scoperta dell’America non sia avvenuto realmente nel 1492 come accaduto, ponendogli quindi la domanda a trabocchetto, ChatGPT risponderà che la data è sbagliata. Così come si rifiuterà di rispondere a richieste inappropriate.

Non solo, perché è anche un ottimo strumento per pianificare la propria dieta – senza che questo sostituisca i medici, gli unici veri esperti – chiedendo a ChatGPT di perfezionare un piano. Gli si può inoltre chiedere di effettuare un qualche reclamo, permettendo così di risparmiare denaro. Potrà inoltre raccontare una favola per addormentare i propri figli, così come preparare un candidato a un colloquio o scrivere una lettera di presentazione per un’offerta di lavoro.

I vantaggi sono quindi evidenti e partono da un miglioramento nella qualità del linguaggio, dalla possibilità di analizzare una grande mole di dati e rafforzare il processo decisionale. Tutto per una questione di input e output.

Un essere umano a tutti gli effetti, dunque, solo che stiamo parlando di una macchina. E, quindi, con molti più problemi. Delle volte, questo modello non risponde infatti alle nostre precise esigenze. Essendo stato indottrinato secondo uno schema da cui non può discostarsi, può succedere che le sue affermazioni siano sconclusionate o superficiali, magari anche ridicole e imbarazzanti. Come ammesso dalla stessa Cto di OpenAI, Mira Murati, “sappiamo che questi modelli hanno capacità reali, ma è difficile sapere cosa è utile e cosa no. È difficile fidarsi dei loro consigli”.

Uno dei punti nevralgici di questa tecnologia estremamente interessante risiede proprio nel modo in cui viene ideato. Se il suo grande valore aggiunto risiede nello svolgere tante azioni dell’uomo facendogli risparmiare tempo e fatica, il suo più grande limite sta nel poter fare solo ciò che gli è stato insegnato. Se una persona fosse curiosa di conoscere più approfonditamente un argomento senza prima averne parlato a ChatGPT, quest’ultimo non sarà in grado di rispondere e di soddisfare la sua sete di conoscenza. In sostanza, non apporta alcunché all’essere umano.

Così facendo, si potrebbe pensare a una versione aggiornata dei noti strumenti che utilizzano il Deep Learning e il Natural Language. Oppure, come spiegano da OpenAI, si sta già lavorando a uno step successivo, creando un nuovo modello di linguaggio chiamato WebGPT. Questo, come spiega la parola stessa, è in grado di andare su Internet e cercare le informazioni necessarie alla risposta, diventando quindi uno strumento di supporto molto più efficiente.

Ci sono poi rischi di sicurezza non di poco conto che possono nascere a causa di ChatGPT. Li hanno ben evidenziati a Check Point Research, la divisione Threat Intelligence di Chek Point Software, che spiegano come gli hacker potrebbero servirsi di questo strumento per eseguire attacchi informatici mirati. Trattasi di una comune operazione di pishing, con email al cui interno ci sono uno o più link per adescare l’utente. Una volta cliccato, gli hacker possono collegarsi al dispositivo ed entrare in possesso delle informazioni riservate.

Da ultimo, ogni volta che la tecnologia compie un balzo in avanti c’è sempre una questione morale da dover affrontare. O, perlomeno, da dover risolvere. Se lo è posto anche Ian Bogost, sul The Atlantic, domandandosi l’utilità di ChatGPT. Tra i punti che non lo convincevano c’è quello dell’interazione umana, la base delle relazioni sociali, messe in pericolo da uno scambio computerizzato tra uomo e macchina.

I vantaggi del nuovo servizio di OpenAI sono dunque molteplici, ma al momento sembrerebbero sopraffatti dalle riserve che si nutrono nei suoi confronti. Dubbi leciti e fattuali che, come spiegano anche dalla stessa azienda, servono per far progredire questo strumento. D’altronde si tratta di una demo e, quindi, bisogna migliorarla anche grazie al feedback di chi la utilizza. Per ora, utilizzando le parole di Bogost, “trattatelo come un giocattolo, non come uno strumento”.

Foto di DeepMind su Unsplash

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