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L’Fbi ha “una serie di preoccupazioni” di sicurezza nazionale in merito a TikTok, ha dichiarato la scorsa settimana Christopher Wray, direttore dell’Fbi, in audizione al Congresso degli Stati Uniti. Tra queste, la possibilità che il governo cinese utilizzi l’app della società cinese ByteDance per la raccolta dei dati degli utenti o per “operazioni di influenza” tramite algoritmo.

Il Partito repubblicano, che ora controlla la Camera, è in pressing. Nelle ultime ore, Mike Pompeo, ex capo della Cia e segretario di Stato, possibile candidato alla Casa Bianca nel 2024, ha scritto su Twitter: “Allontanate i vostri figli e nipoti da TikTok. È un reale strumento di spionaggio per la raccolta dei dati del Partito comunista cinese”.

Ma anche l’amministrazione presieduta dal dem Joe Biden si sta muovendo. Kemba Walden, vicedirettrice della cybersicurezza nazionale, ha dichiarato a margine del Technology Executive Council Summit della Cnbc che la Casa Bianca non ha ancora preso alcuna decisione in merito a un bando di TikTok, recentemente entrata come nuovo membro nella galassia del Gsma, l’associazione mondiale degli operatori mobili di telecomunicazioni. Ma, ampliando lo sguardo alla sfida con la Cina, ha aggiunto: “Vogliamo concentrarci su come affrontare l’avversario. Non vogliamo assumere una posizione reazionaria nello sviluppo della politica. Non vogliamo che siano i trasgressori a stabilire la nostra agenda. Siamo molto più concentrati sulle prospettive strategiche”.

La Casa Bianca, ha continuato la funzionaria difendendo l’operato dell’Fbi, sta esaminando gli investimenti strategici per individuare come rendere i sistemi nazionali più resistenti e contrastare le operazioni informatiche. Ma ha anche detto che TikTok ha una responsabilità da difendere. “Tutte queste piattaforme, compresa TikTok, devono tenere conto della sicurezza”, ha dichiarato. “Ogni stakeholder ha un ruolo in questo spazio, compresi gli utenti di TikTok, gli sviluppatori… tutte le piattaforme hanno questa responsabilità per poter avere una rete che offra ciò che ci aspettiamo, e quindi sostengo qualsiasi misura che aumenti la sicurezza in modo che le nostre comunità possano prosperare in sicurezza”.

Walden ha dichiarato di essere preoccupata per l’influenza di TikTok sui bambini, ma ha anche inquadrato la questione nei termini del problema più ampio dell’adeguata educazione dei giovani al mondo dell’informazione online. “Anch’io ho dei figli e vorrei che, proprio come la patente di guida è richiesta prima di guidare un’auto, non sarebbe bello se anche loro fossero obbligati ad avere una patente?”.

A inizio mese, Brendan Carr, uno dei cinque membri della Commissione federale per le telecomunicazioni, aveva dichiarato che Comitato sugli investimenti esteri negli Stati Uniti (Cfius) dovrebbe intervenire per bandire TikTok. Come raccontato su Formiche.net, Carr non era mai stato così esplicito. Le sue posizioni contro TikTok sono note. Basti pensare che nei mesi scorsi aveva scritto a Apple e Google chiedendo di rimuovere l’app di proprietà della società cinese ByteDance dai loro store per ragioni di sicurezza nazionale. Come sottolinea Axios ed evidenzia TikTok tramite un portavoce, la Fcc non ha autorità di regolamentazione su TikTok e altre app. È il precedente che conta, però. In passato il Congresso aveva agito contro le società di telecomunicazioni cinesi, tra cui Huawei, proprio dopo le preoccupazioni espresse da Carr.

In fortissima ascesa in tutto il mondo come racconta il Digital News Report 2022 del Reuters Institute, TikTok rappresenta per i governi occidentali una sfida alla luce delle molte ricostruzioni della stampa internazionale sul rapporto tra la piattaforma e il Partito comunista cinese, con ripercussioni sia per gli aspetti dei dati sia per quelli legati alla sicurezza nazionale.

E mentre gli Stati Uniti dibattono, l’Unione europea che fa? I 27 considerano la Cina come “un partner per la cooperazione e la negoziazione, un competitor economico e un rivale sistemico”. Viene da chiedersi, alla luce di ciò, che cosa stia aspettando l’Unione europea ad agire. Forse l’entrata in vigore del Digital Services Act che “aprirà” gli algoritmi in nome della trasparenza? Di certo, non sarà una questione risolvibile in un reel.

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