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Le scene strazianti di persone costrette a fabbricarsi rifugi di fortuna in cartone a Bruxelles; le città tedesche che aprono centri sportivi e auditorium ai migranti; la morte di una bambina di tre mesi che ha provocato la denuncia del governo olandese per le disumane condizioni nei centri di accoglienza. Questo scenario riaccende i riflettori sulla più grave crisi migratoria che l’Europa abbia visto dal secondo dopoguerra, peggio che nel 2015, quando un milione e mezzo di profughi siriani approdò nel continente.

I numeri attuali, riportati dal New York Times, sono impressionanti, più che triplicati rispetto al 2015. La guerra in Ucraina ha causato un flusso verso l’Ue di quasi quattro milioni e mezzo di persone in fuga, a cui si aggiungono i 365mila richiedenti asilo di quest’anno, la maggior parte proveniente dalla Siria e dall’Afghanistan. Una crisi che non farà che peggiorare, alimentata da una guerra che non accenna a diminuire e dall’inverno alle porte.

Mentre sempre più persone fuggono dalla guerra, lo spettro di una recessione alimentata dall’inflazione grava sull’eurozona, rendendo i costi politici dell’accoglienza sempre più alti, e i destini dei migranti sempre più incerti e diversi a seconda del Paese di arrivo, dato che gli oneri non sono equamente distribuiti, né tra i Paesi europei, né tra i rifugiati stessi. L’Unione Europea ha garantito agli Ucraini il visto automatico per rimanere dentro l’area Schengen fino a tre anni e questo fa sì che accedano per primi ai servizi di alloggio per i rifugiati.

Diversi attivisti hanno fatto notare l’ingiustizia di utilizzare due pesi e due misure, ma le autorità tedesche e degli altri Paesi Ue hanno fatto notare che la vastità del fenomeno dall’Ucraina non lasciava spazio ad alternative se non attuare l’accesso diretto a servizi per cui altri profughi attendono per mesi, se non anni.
In realtà diverse agenzie governative lanciavano allarmi sull’ondata che sarebbe arrivata già da diversi mesi.

La Germania è stata la Nazione che più di tutte ha accolto i profughi Siriani nel 2015, e ora diverse città tedesche hanno l’impressione di essere travolte. Le condizioni nei centri di accoglienza sono mostruose. In Olanda un tribunale ha ordinato al governo di migliorare la situazione delle strutture per i richiedenti asilo, dopo che centinaia di persone sono state costrette a dormire all’aperto per mesi, senza accesso ad acqua pulita e assistenza medica. A Bruxelles, il governo ha terminato gli alloggi a disposizione, lasciando per strada tremilacinquecento individui che si stanno arrangiando con coperte e cartone.

Il timore ora è che l’accoppiata crisi migratoria – crisi economica possa accendere l’odio verso i migranti, già alimentato dalle destre in varie parti d’Europa. In Germania si sono già verificati almeno tre episodi di incendio doloso ai danni di strutture ricettive che ospitavano richiedenti asilo, anche ucraini. In Austria, l’estrema destra ha impedito con una protesta che si allestissero tende presso la cittadina di St. Georgen. La Repubblica Ceca ha chiuso il proprio confine con la Slovacchia, punto di accesso di parecchi migranti irregolari.

La crisi ha nuovamente scatenato il dibattitto su chi debba farsi carico di queste persone, ma questa volta a parti inverse, ovvero con la Germania e i Paesi Nord Europei che si lamentano di dover accogliere troppi richiedenti. Stati come l’Italia e la Grecia hanno spesso richiesto l’applicazione di meccanismi più equi di redistribuzione dei migranti che arrivano sulle loro sponde, ma gli altri Paesi hanno sempre resistito sostenendo che sia compito della Nazione di primo arrivo provvedere all’accoglienza.

In Italia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si era espressa più volte sul tema prima delle elezioni, sostenendo la necessità di distinguere tra chi fugge dalla guerra e chi no. Vedremo se l’azione di governo porterà a misure concrete diverse dai precedenti. Durante gli incontri di questi giorni con i vertici delle istituzioni europee, la premier ha affrontato anche la questione dei flussi migratori sostenendo che la priorità per l’Italia rimane “quella già prevista dalle normative europee, quella della difesa dei confini esterni”. Certo l’Italia al momento ha poca voce in capitolo di fronte all’enorme carico che si sobbarcano Polonia e Germania, e probabilmente la questione non è in cima alle priorità di governo.

La crisi migratoria dall'Ucraina riaccende il dibattito in Europa

Più di quattro milioni di profughi ucraini, sommandosi ai trecentomila richiedenti asilo di quest’anno, riaccendono il dibattito intraeuropeo sulla redistribuzione dei migranti. L’inverno alle porte e i combattimenti che non accennano a fermarsi non fanno ben sperare. Il timore che la crisi economica Europea possa essere la scintilla per scatenare un’ondata di sentimenti xenofobi, e le scelte obbligate per decidere chi è più vulnerabile tra i vulnerabili

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