Aumenta la tensione in Iran per la tragica morte della giovane Mahsa Amini. Almeno quattro persone sono state uccise nella regione curda durante gli scontri tra le forze di sicurezza e le persone che protestavano per la morte della ventenne, deceduta dopo essere stata arrestata a Teheran con l’accusa di non avere indossato correttamente il velo, secondo agenti della “polizia morale” iraniana. Amini è morta dopo tre giorni in coma e molto probabilmente è stata vittima di torture.
L’ong curda Hengaw Organization for Human Rights sostiene che anche 75 persone sono rimaste ferite negli scontri in piazza con la polizia e altre 250 sono state arrestate.
A Teheran, le forze dell’ordine stanno facendo uso degli idranti per disperdere le manifestanti, ma anche lacrimogeni e pistole caricate con proiettili di gomma. Le donne scese in piazza cantano slogan contro la “polizia morale” e bruciano i propri veli. Nelle ultime ore le proteste sono aumentate anche nelle università del Paese.
Nella regione del Kurdistan e dell’Azerbaigian occidentali molti negozi e bazar sono rimasti chiusi in segno di protesta. Altre serrate si sono verificate a Sanandaj, Saqez, Baneh e Marivan nella provincia del Kurdistan, e nelle città settentrionali di Urmia, Bukan e Piranshahr nella provincia dell’Azerbaigian occidentale.
Le prime manifestazioni per condannare la morte di Amini sono iniziate venerdì sera, quando centinaia di persone si sono radunate fuori dall’ospedale di Kasra, dove è morta la ragazza. Sabato il corpo di Amini è stato portato al cimitero di Aichi nella città di Saqez, nella regione del Kurdistan iraniano. I funerali si sarebbero tenuti sabato mattina, ma le forze di sicurezza iraniane hanno costretto ad anticipare la cerimonia per evitare proteste, per cui non sono stati presenti amici e familiari della ragazza scomparsa.
Per Nada Al-Nashif, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, è molto preoccupante la risposta violenta delle forze di sicurezza contro le proteste per la morte di Amini. In un comunicato ufficiale, ha spiegato che “la tragica morte di Mahsa Amini e le accuse di tortura e maltrattamenti devono essere indagate in modo tempestivo, imparziale ed efficace da un’autorità competente indipendente, in modo da assicurare, in particolare alla sua famiglia, giustizia e verità”.
Al-Nashif ha condannato il ricorso non necessario o sproporzionato alla forza contro i manifestanti e ha invitato a “rispettare il diritto di esercitare pacificamente la libertà di espressione, riunione e associazione”. Ugualmente, ha chiesto alle autorità di “smettere di prendere di mira, maltrattare e detenere le donne che non rispettano le regole dell’hijab”, nonché “abrogare tutte le leggi e i regolamenti discriminatori che impongono l’hijab obbligatorio”.
Dagli Usa, invece, si è pronunciato il segretario di Stato americano, Antony Blinken, sostenendo che Amini “dovrebbe essere viva oggi. Invece, gli Stati Uniti e il popolo iraniano sono in lutto. Chiediamo al governo iraniano di mettere fine alla sistematica persecuzione delle donne e di consentire le manifestazioni pacifiche”.
Elon Musk, ceo di SpaceX, vuole anche dare un suo contributo e ha chiesto al governo americano un’esenzione dalle sanzioni contro l’Iran per offrire, tramite i suoi satelliti Starlink, i servizi di connessione internet al Paese.
Le proteste in Iran vengono lanciate con il tam-tam via social, per cui le autorità hanno cominciato a ostacolare l’accesso a Internet (il primo caso si è verificato nella città di Sanandaj). Musk aveva già fornito antenne e modem all’esercito ucraino per migliorare le capacità di comunicazione nella guerra contro la Russia.