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Fonti italiane spiegano a Formiche.net che la richiesta di tenere a Roma il prossimo round di incontri tra Stati Uniti e Iran sul nucleare è arrivata da Teheran tramite canali diplomatici. I solidi rapporti tra Italia e Stati Uniti sono noti, cementati anche dall’intesa ideologica tra i due capi di governo attuali, Giorgia Meloni e Donald Trump. Teheran, invece, considera l’Italia un Paese che, seppur schierato, è amico, un partner privilegiato con cui si possono fare affari ove sanzioni e altri vincoli lo permettono. “Roma si conferma capitale di pace, di mediazione, non è prima volta che ci sono colloqui di questo tipo nel nostro Paese”, ha dichiarato Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri.

In questi casi, svolge un ruolo cruciale per i soggetti che intendono negoziare la fiducia nel Paese ospite. E soprattutto nei suoi servizi d’intelligence, che devono essere considerati degli onesti broker. Ma non basta.

SpyTalk ha raccontato come i negoziati tra Stati Uniti e Iran siano “una calamita per le spie”: “Cimici, microspie, spie d’albergo, decrittatori di codici, agenti segreti saranno inviati per scoprire ciò che i diplomatici dicono in privato”, ha scritto la testata specializzata. E quale canale migliore per acquisire informazioni ci sarebbe infatti se non quello dei “padroni di casa”? La scelta di Roma – la seconda occasione in pochi mesi per simili attività nella capitale dopo l’incontro di luglio tra Stati Uniti, Egitto, Israele e Qatar – testimonia efficacia, solidità e riservatezza dei canali costruiti dalla nostra intelligence. Con l’Iran, da ultimo sull’operazione che, mediata dal direttore dell’Aise, il prefetto Giovanni Caravelli, ha portato alla liberazione della giornalista Cecilia Sala e l’ingegnere Mohammad Abedini.

Di certo non mancano Paesi che potrebbero avere un interesse prioritario a scoprire cosa si stiano dicendo le parti. A partire da quelli dell’E3, ovvero il formato di dialogo europeo con l’Iran: Francia (che cerca di porsi come grande potenza in grado di influenzare processi globali), Germania e Regno Unito (che cerca di capire quanto sia davvero rimasto in piedi della special relationship con gli Stati Uniti).

Dunque, dopo il primo incontro tenutosi sabato a Mascate, in Oman, ritenuto soddisfacente da entrambe le parti, il secondo, come rivelato da Axios, si terrà nella capitale italiana. Le due delegazioni avevano già ipotizzato un round di colloqui in Europa. Nella capitale italiana ci dovrebbero essere anche gli omaniti chiamati a mediare, come accaduto sempre due giorni fa (l’incontro si potrebbe tenere nella loro ambasciata a Roma). Infatti, le due parti non dialogano direttamente per loro scelta (in particolare iraniana). A guidare le delegazioni a Mascate sono stati Seyyed Abbas Araghchi, ministro degli Esteri iraniano, e Steve Witkoff, inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente (il cui mandato sembra allargarsi oltre la regione, considerati i suoi tre recenti incontri con il leader russo Vladimir Putin per parlare della guerra in Ucraina). Il primo è atteso questa settimana a Mosca per consultazioni con l’omologo Sergey Lavrov, mentre il secondo ha già parlato con Ron Dermer, ministro degli Affari strategici di Israele e più stretto consigliere del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. In casi simili, il livello delle delegazioni raramente cambia. Anche se qualcuno ipotizza che possa essere in qualche modo coinvolto JD Vance, vicepresidente americano, in visita a Roma a cavallo tra il Venerdì Santo (quando incontrerà Meloni) e la Pasqua.

Secondo Axios, Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, dovrebbe essere in visita a Teheran questa settimana in vista del secondo round di colloqui. Sulla sua agenda ci sono le attività di monitoraggio e verifica dell’agenzia nelle strutture nucleari iraniane.

Gli Stati Uniti puntano a contenere il programma missilistico iraniani e avere rassicurazioni da Teheran circa il sostegno ai suoi proxy nella regione (gli Houthi nello Yemen, Hezbollah in Libano, Hamas e Jihad islamica nella Striscia di Gaza e le milizie sciite in Siria e Iran). Tuttavia, l’amministrazione Trump non sembra voler concedere molto a Teheran. Con i prezzi del petrolio in rialzo i colloqui tra Stati Uniti e Iran potrebbero ridurre il rischio geopolitico, attenuando potenzialmente le preoccupazioni sulle sanzioni.

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