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A più voci e da più pulpiti in questi giorni abbiamo ascoltato un refrain, tra il profetico e l’ovvietà più scontata, di come questa sarà una campagna elettorale corta, per alcuni addirittura cortissima, praticamente già finita prima ancora di cominciare.

Una sensazione in parte comprensibile perché, nonostante le profonde trasformazioni con le quali anche le nostre più radicate abitudini hanno dovuto fare i conti, l’Italia rimane ancora quel Paese in cui ad agosto, come ricordava Sergio Marchionne, “la gente va in ferie e in ufficio non trovi nessuno, neanche una persona”.

In Italia, a differenza di altre nazioni, agosto è un mese sacro, che viene saltato a piè pari, tanto che siamo soliti dire per ogni piccola esigenza che ci tocca affrontare: “ne parliamo a settembre!”. È quel mese che ciascuno di noi, non solo mentalmente, riserva alle sacrosante, irrinunciabili e non procrastinabili vacanze, cascasse il mondo o semplicemente un governo.

Ecco che, in buona parte, la sensazione di vivere una campagna più breve del solito è solo un riflesso di questa diffusa percezione tutta italiana che l’anno sia composto sempre da dodici mesi, di cui undici normali dove è possibile fare tutto o quasi, e uno in cui anche l’ozio smette di essere creativo e nessuno vuol sentire ragioni perché è il momento di “staccare la spina”, con tutto il contatore e la centralina.

Eppure, a coloro che si sono preoccupati di lanciare l’allarme catastrofico sulla brevità della campagna, si può rammentare con qualche utilità quanto spiegava Luciano De Crescenzo: “Il tempo è una grandezza bidimensionale, nel senso che può essere vissuto in due direzioni diverse: in lunghezza e in larghezza”.
Se vivremo questo tempo in lunghezza -come faranno tutti i partiti, i candidati e molti dei leader in campo- avremo davanti a noi settimane di deprimente monotonia di temi elettorali, ai quali gli elettori presteranno ben poca attenzione.

Mentre, al contrario, se lo vivremo in larghezza, come solo i leader sanguigni riescono a fare, lasciando spazio alle emozioni autentiche e alle passioni che mobilitano i cittadini, allora dopo sessanta giorni, per continuare a parafrasare il professore Bellavista, ne avremo consumato soltanto trenta e la nostra campagna elettorale sarà più lunga di quella degli avversari.

Ecco, è questa la vera sfida che i leader hanno davanti nei giorni a venire, non impegnarsi ad allungare la campagna, bensì studiare come allargala.

Del resto, Silvio Berlusconi che evidentemente conosce bene le due dimensioni del tempo, con la proposta di 1.000.000 di alberi da piantare e quella delle pensioni minime a 1.000 euro, ha solo provato a modo suo ad allargare la campagna di Forza Italia. Dopo l’uscita del Cavaliere, il quale ha insolitamente anticipato i tempi delle sue proposte che nelle passate campagne aveva sempre condensato nelle ultime due settimane prima del voto, di certo ne ascolteremo delle altre; è opportuno sottolineare però, come per allargare effettivamente il tempo e la campagna, oltre alle proposte è necessaria una adeguata reputazione del proponente, altrimenti il tutto si trasformerà nella sagra della balla più grossa.

La campagna (elettorale) va allargata

Non impegnarsi ad allungare la campagna, bensì studiare come allargala. Ecco la vera sfida che i leader hanno davanti nei giorni a venire secondo Domenico Giordano

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