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L’arrivo della Speaker della Camera statunitense, Nancy Pelosi, a Taiwan è stato confermato da Financial Times, Wall Street Journal e CNN: dovrebbe essere questa sera, quando in Italia saranno più o meno le 17. Ma ancora (al momento della stesura di questo articolo, la mattinata italiana di martedì 2 agosto), non c’è ufficialità da parte dello staff della leader congressista democratica, la quale ha evitato di menzionare Taiwan tra le tappe annunciate del suo tour asiatico tra Singapore, Malaysia, Corea del Sud e Japan – e forse è stata una cortesia diplomatica, per tenere la tappa taiwanese su un livello inferiore rispetto alle altre, segno che comunque Washington e Pechino cercano di ascoltare i reciproci interessi.

Per quanto riguarda l’agenda, Pelosi dovrebbe vedere la presidente taiwanese, Tsai Ing-wen, mercoledì mattina e forse pranzare più tardi con alcune persone della business community locale (tra cui le figure di spicco di TSMC, la fortissima azienda taiwanese dei semiconduttori). Forse avrà un incontro anche con dei parlamentari (o addirittura al parlamento, secondo quando scrive Lorenzo Lamperti, l’unico giornalista italiano basato a Taiwan).

L’aereo con cui si muove Pelosi viene tracciato da quando è decollato, tre giorni fa, dallo scalo tecnico alle Hawaii – lì Pelosi ha ricevuto un ultimo briefing prima di partire per l’Asia da parte della leadership dell’Indo Pacific Command, che secondo i media americani avrebbe di nuovo sconsigliato la visita taiwanese per ragioni di sicurezza.

Ma anche questo tracciamento ha i suoi limiti: l’US Air Force C-40C su cui viaggia Pelosi dovrebbe avere codice di volo “SPAR19”, ma qualche ora fa è atterrato a Kuala Lumpur un velivolo identico, con codice “SPAR20”. Non è chiaro con quale si muova/muoverà la congressista, sul cui spostamento c’è un livello di sicurezza molto elevato.

Il Pentagono teme che possa succedere un incidente: non dichiara pubblicamente niente a proposito del rischio di un abbattimento volontario da parte della Cina, ma fa sapere di temere che qualche manovra eccessivamente aggressiva possa portare collisioni accidentali, che sarebbero altrettanto problematiche. Su questo si basa parte dell’opposizione (almeno per quel che viene espresso pubblicamente) del presidente Joe Biden alla visita.

La Cina ha promesso una risposta militare “forte e risoluta” se Pelosi dovesse andare a Taipei. Il ministero degli Esteri cinese definisce l’arrivo di Pelosi una “interferenza negli affari interni della Cina”, che “porterà a eventi molto gravi e conseguenze disastrose”. “La parte cinese — dice una dichiarazione di Pechino — avverte ancora una volta la parte americana che la Cina è in allerta, l’esercito cinese non rimarrà in alcun modo un osservatore indifferente e prenderà sicuramente contromisure decisive ed efficaci per proteggere la sovranità e l’integrità territoriale”.

Il leader cinese Xi Jinping difficilmente potrà retrocedere da queste minacce (tra pochi mesi Xi affronterà un Congresso dal qualche deve uscire ulteriormente rafforzato, con un terzo mandato presidenziale, e dunque non può sembrare debole su una questione intimamente strategica come Taiwan). Dato che il viaggio è questo punto quasi scontato, ci si chiede quale potrebbe essere questa reazione.

Secondo il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale statunitense, Pechino potrebbe ordinare lanci di missili live-fire all’interno delle acque taiwanesi e potrebbe violare lo spazio aereo di Taipei (navi e aerei cinesi si trovano già a lambire i limiti territoriali nello stretto che divide l’isola taiwanese dal mainland cinese).

L’ipotesi più suggestiva l’ha scritta giorni fa il Global Times: l’aereo di Pelosi (che viaggerà con una delegazione di parlamentari) potrebbe essere scortato da caccia cinesi, e addirittura potrebbero farlo fino a dentro lo spazio aereo di Taiwan. Questo, secondo il media con cui il governo cinese diffonde la narrazione strategica in inglese, permetterebbe a Pechino di sfruttare il viaggio della statunitense per creare un precedente e sdoganare definitivamente certe attività.

Va anche aggiunto che il viaggio della americana arriva al culmine del ciclo annuale di esercitazioni militari e un giorno dopo una festività pubblica che celebra l’Esercito Popolare di Liberazione. Il grosso movimento di mezzi cinesi è legato anche a questo. Ma c’è da pensare che parte degli spostamenti rientri anche in show muscolari di Pechino. Le autorità della provincia di Fujian, che è direttamente affacciata su Taiwan, hanno sospeso la gran parte dei voli civili perché i cieli saranno occupati da esercitazioni militari. Ci sono immagini surreali dalle spiagge di città come Xiamen, dove mezzi anfibi stanno arrivando in mezzo ai bagnanti, puntando i cannoni verso Taiwan.

Il presidente Xi ha investito gli ultimi 10 anni nella costruzione di un marchio politico di forza, risolutezza e fermezza di fronte alle pressioni americane, e per questo ha tutto l’interesse nel mostrare fermezza, rispondendo muscolarmente a quella che viene considerata una violazione dei propri interessi sovrani da Pechino. Secondo la dottrina cinese, Taiwan infatti non esiste: è una provincia ribelle che va rieducata, a costo della forza. Intanto, la Cina ha bannato l’importazione di 100 prodotti alimentari taiwanesi (una rappresaglia commerciale che tocca anche prodotti piuttosto amati dai cinesi).

La Casa Bianca cerca di de-escalare, sostenendo di non poter bloccare le scelte della Speaker: è tecnicamente vero, ma nella pratica arrivate le cose a questo punto, anche potesse, una retrocessione dal viaggio sarebbe vista altrettanto come un segnale di debolezza a Washington, dove Biden e i Democratici devono affrontare le elezioni di metà mandato (quasi contemporaneamente al congresso del CCP).

Gli americani usano il precedente del viaggio di Newt Gingrich a Taipei, nel 1997, per sostenere che l’arrivo di Pelosi non è così eccezionale l’innesco di tensioni è colpa di una reazione eccessiva cinese. Ma ci sono delle differenze con quanto avvenuto venticinque anni fa: innanzitutto, Gingrich arrivava a Taiwan dopo tre giorni passati a Pechino; poi Gingrich era un Repubblicano, mentre il presidente ai tempi era il Democratico Bill Clinton, e questo permetteva ai cinesi di raccontare il viaggio come una crepa tra gli schieramenti politici interni a Washington, cosa più complessa nel caso di Pelosi, terza in successione dopo il presidente e del suo stesso partito; inoltre Pelosi è considerata molto ostile dalla Cina per le posizioni prese su Piazza Tiananmen, sul Tibet, su Hong Kong e in generale sui temi dei diritti; infine, e soprattutto, negli ultimi vent’anni la forza relativa della Cina è aumentata drasticamente, così come il grado di deferenza che richiede, in particolare su Taiwan, mentre attorno all’isola si muovono sempre di più gli interessi politici, geopolitici ed economici che riguardano il confronto Pechino-Washington.

Il segretario statunitense, Antony Blinken, ha detto che “se Pelosi decide di visitare Taiwan e la Cina crea tensione, la responsabilità ricadrà interamente su Pechino”, le cui azioni potrebbero avere “conseguenze indesiderate”, ma “non sarà possibile intimidire gli Stati Uniti”. Il gruppo da battaglia della “USS Ronald Reagan” è nelle acque orientali delle Filippine, mentre le piattaforme anfibie “USS America” e “USS Tripoli” sono tra il Giappone e Taiwan (mentre le due portaerei cinesi “Liaoning” e “Shandong” sembrano in rotta per lo stretto taiwanese. Alle Hawaii ci sono invece la “USS Lincoln” e la portaelicotteri “USS Essex“, insieme ad altre 36 unità navali statunitensi, parte dell’esercitazione RIMPAC22. Due HC-130J Combat King sono arrivati a Okinawa: sono versioni speciali usate per il recupero di personale in situazioni di combattimento.

Il ministero degli Esteri cinese ha fatto sapere di essere in comunicazione con Washington a proposito della visita. La ragione di mantenere questi contatti è nell’evitare escalation (che ogni nuova crisi diventa più possibile). Anche per questo di può supporre che la reazione cinese arriverà (includendo anche una componente militare, oltre che diplomatica e commerciale) nei prossimi giorni, settimane, e non mentre Pelosi è a Taipei.

Questa volontà/necessità di sottolineare la propria determinazione da parte di Pechino, pur collegata all’obiettivo di evitare escalation, potrebbe portarsi dietro errori di calcolo nell’uso della forza — anche perché l’area è piena di assetti militari statunitensi.

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